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Capitolo 5

Continua il medesimo argomento - D. Bosco nelle osterie, nelle locande, nei caffè, nelle botteghe dei barbieri.


Capitolo 5

da Memorie Biografiche

del 02 novembre 2006

 Chi imprendesse a descrivere tutte le industrie adoperate da D. Bosco per riuscire a salvare il maggior numero possibile di anime e specialmente per trarre sulla buona strada i fanciulli, giungerebbe a comporre un racconto fra i più commoventi e più ameni. Senza rispetto umano era pronto a far getto di ogni, cosa, eziandio, abbassandosi ed umiliandosi, senza neppure lasciarsi imporre dalle critiche dei poco oculati e talora maligni, purchè potesse promuovere la gloria di Dio.

 - Per far del bene, era solito a ripetere, bisogna avere un po' di coraggio, essere pronti a soffrire qualunque mortificazione, non mortificare mai nessuno, essere sempre amorevole. Con questo sistema gli effetti da me ottenuti furono veramente consolanti, anzi magnifici. Chiunque, anche oggi, giorno, potrebbe riuscire al pari di me, purchè abbia la disinvoltura e la dolcezza di S. Francesco di Sales. - E talora ricordando quegli anni antichi l'udimmo più volte esclamare commosso: - Ah che tempi, che bei tempi erano quelli!

Egli dunque percorrendo le vie, le piazze e i dintorni di Torino aveva avvertiti altri luoghi nei quali non era facile che un sacerdote comparisse. Fra questi si contavano locande, osterie, spacci di vino; ed egli vi entrava ora per accompagnarvi un viandante che gli aveva chiesto un indirizzo per potersi rifocillare, ora un forestiere suo amico che domandava un decoroso albergo, ora uno studente che aveva mestieri di stare a dozzina. Talora essendo esaurita la sua piccola provvista di vino, mandatagli dal fratello Giuseppe, vi si recava per comprarne un mezzo barile, già destinato per certi galantuomini dei quali meditava guadagnarsi l'amicizia ovvero per gli operai ai quali aveva commesso qualche lavoro in sua casa. Non esitava alcuna volta d'introdursi chiedendo una bibita calda o anche semplicemente un bicchiere di acqua. Erano tutti pretesti e nulla più. Infatti la comparsa di un prete in taluni di questi negozi era cagione di meraviglia. Il padrone gli si appressava per domandare i suoi ordini, e preso dalle sue maniere affabili, intavolava con lui conversazione. Gli avventori sparsi, qua e là lasciavano le loro tavole per venire a fargli corona. D. Bosco prima li allietava con discorsi faceti, lepidezze, arguzie, aneddoti, e poscia faceva capo alle cose riguardanti l'eterna salute. Entrava arditamente in argomento, ma con poche parole e manifestando l'interesse che nutriva per le loro anime. Li interrogava col suo sorriso composto: - È molto tempo che non vi siete più confessati? Avete fatto la Pasqua? - Le risposte degli astanti erano schiette, come amorevolmente franche erano le interrogazioni. Talvolta D. Bosco era obbligato a sostenere dispute, a sciogliere obbiezioni, a dissipare pregiudizi; e ciò faceva con tanto bel garbo, che nessuno offendevasi, e senza che acrimonia di sorta sorgesse a turbare la pacifica conversazione. Egli assicurava che in quei luoghi frequentati da ogni specie di persone, non si ebbe mai un insulto, nè un brutto scherzo. Quando partiva, erano tutti divenuti suoi amici, i quali gli facevano promettere che sarebbe ritornato; e molti, come avevano promesso, andavano, a visitarlo al confessionale. In mezzo a questi colloqui osservava se vi fossero fanciulli, interrogava il locandiere o l'oste se avesse figliuoli, chiedeva ad essi con premura notizie di questi e se fossero buoni, mostrava vivo desiderio che formassero la consolazione dei genitori, domandava per grazia di, poterli vedere, in ultimo instava per aver licenza che venissero nell'Oratorio a frequentare le sacre funzioni. Le madri saputa la novità che accadeva nella loro bottega, spinte dalla curiosità, scendevano dalle loro stanze nel crocchio e commosse insieme coi loro mariti, dagli elogi che il prete loro faceva, e dalla premura che dimostrava pel benessere anche temporale dei loro figliuoli, acconsentivano alle sue domande, specialmente a quella di mandarli a confessare. I figli poi, appena venivano a conoscerlo, non sapevano più distaccarsi da lui.

Fra i molti fatti ne citiamo uno. Per i suoi fini era andato più volte in un'osteria nelle parti di Valdocco, dove aveva stretta amicizia col figlio dell'oste. Questo giovane, benchè di buona volontà, aveva però poco tempo libero alla domenica per andare in chiesa, essendo continuo il concorso dei buontemponi pei quali era obbligato ad apprestar le mense. Mentre un giorno s'intratteneva con D. Bosco, l'oste venne a sedersi fra di loro, prendendo parte alla conversazione. D. Bosco, colto un momento opportuno, lo pregò a voler permettere che il figlio e la sua famiglia andasse a confessarsi all'Oratorio. Quell'uomo che da più anni non si era accostato ai Sacramenti, accondiscese volentieri. - Ma ciò non mi basta, esclamò D. Bosco; ho bisogno che venga anche il papà. - L'oste stette un istante pensoso e poi rispose: - Sì, verrò, ma ad un patto.

 - Sentiamo.

 - Che lei accetti un pranzo da me.

 - Accetto.

L'oste era fuori di sè per la gioia e nella propria abitazione allestì quanto potè e seppe di meglio. D. Bosco andò nel giorno stabilito ed il pranzo riuscì di una vera magnificenza, benchè vi si assidesse la sola famiglia. L'oste ad ogni istante andava ripetendo essere quello il giorno più bello della sua vita. In sul partirsi e ringraziando, D. Bosco concludeva

 - Mantenga la sua parola, sa?

 - Sarò fedele! - rispondeva l'oste.

Dopo pochi giorni mandava la sua famiglia a confessarsi, ma egli non comparve. Più volte D. Bosco lo incontrò:

  - Ebbene, quando?

 - L'oste accampava pretesti e scuse, ma infine dopo alcuni mesi manteneva la sua parola, confessandosi dallo stesso D. Bosco e mantenendosi con lui sempre in grande amicizia.

D. Bosco però sapeva ricompensare i locandieri e gli osti della loro arrendevolezza a' suoi salutari consigli e della loro buona condotta. Perciò, parlando o scrivendo ai parroci e alle persone più ragguardevoli dei paesi, rendeva loro noto, facendone fede, il trattamento onesto ed economico che avrebbero trovato negli alberghi che indicava; e numerosi vi affluirono i forestieri ed altresì non pochi i dozzinanti.

Eziandio nelle botteghe da caffè di Torino D. Bosco esercitava la sua salutare missione.

Egli comandava una tazza e l'oggetto delle sue sollecitudini era, ben s'intende, qualcuno di que' garzoncelli che recavano le bibite. Entrava sommessamente in conversazione con questo o quello, nell'atto che gli ponevano innanzi la guantiera, ed essi ben presto gli aprivano il loro cuore: mentre nessuno di coloro che sedevano ai tavolini circostanti avrebbe potuto immaginarsi qual fosse l'argomento dei loro discorsi. Erano poche parole per non destar ammirazione, ma efficaci. La domenica successiva quei giovanetti sul far dell'alba erano già all'Oratorio. Quando poi ebbe aperto l'Ospizio, lasciavano anche la bottega per seguirlo e fissar dimora presso di lui.

Talora D. Bosco chiamava il padrone e dicevagli: - Mi farebbe un piacere?

 - Domandi pure - troppo fortunato di servirla.

 - Permetterebbe che qualche volta questo giovanetto venisse a visitarmi?

 - E dove?

  - All'Oratorio in Valdocco. Là potrebbe imparare un po' di catechismo e farsi buono.

 - Ne ha bisogno di farsi buono! È un biricchino, è un insolente, è un poltrone. Ha tutti i difetti immaginabili.

 - Oh possibile! Mi sembra che non debba esser così. E volgendosi al giovanetto, che stringeva le labbra e volgeva gli occhi altrove, soggiungeva: - Non è vero? - Continuando quindi il discorso col padrone: - A tutti i modi, siamo intesi; Lei mi farà questo piacere ed io gliene sarò riconoscente.

 - Oh, quando non vuol altro; contento, contentissimo. E il giovanetto compariva all'Oratorio.

Talora D. Bosco cercava di invitare il padrone stesso ed i suoi figli a venirsi a confessare, specialmente in tempo di Pasqua. - Ebbene, signor padrone, quando facciamo Pasqua?

 - Siamo cristiani sa! Il nostro dovere lo sappiamo.... ma veda bene, i continui affari... non si ha mica il tempo a disposizione... Basta, vedremo.

 - E i suoi figli Pasqua l'hanno già fatta?

 - I miei figli voglio che si regolino bene: hanno da fare con me, se mancassero a questo dovere.

 - Dunque li manderà?

 - Certamente. E quando Lei sarà in comodo?

 - Tutte le mattine; ma per essere più sicuri di trovarmi, li mandi sabato a sera.

 - Sarà fatto.

Certe volte per i padroni replicava l'invito, ma in ultimo, acconsentivano ed andavano coi loro figliuoli a confessarsi.

Un'altra categoria di giovanetti ebbe le cure amorevoli, di D. Bosco: i garzoni del barbiere che imparavano l'arte. Avendo bisogno di farsi radere la barba entrava in una di - queste botteghe, scegliendo di preferenza quelle che in certe ore erano più frequentate. Il barbiere accoglieva il nuovo avventore con quella gentilezza che è proverbiale nei Torinesi, e portagli una sedia, lo pregava di voler attendere, finchè avesse finito di servire coloro che già aspettavano. D. Bosco volgendo lo sguardo e adocchiato il garzone che preparava i rasoi: - Ho premura, replicava, non posso attendere. Voi servite pure tranquillamente questi signori. Quel giovanetto, che vedo disoccupato, potrà farmi la barba a meraviglia.

 - Per carità, rispondeva il barbiere, non si faccia scarnificare da quel marmocchio là. Sono poche settimane che incomincia a maneggiare rasoi: Lei passerebbe un brutto quarto d'ora. E poi è così sbadato, ha così poca voglia di imparare!

 - Eppure, replicava D. Bosco, mi sembra un giovane intelligente. La mia barba non è troppo difficile. Se voi permetteste che incominciasse a far le sue prove sulla mia faccia, mi fareste un piacere. Vedrete che tutto andrà bene.

 - Sia come vuole, concludeva il barbiere, io l'ho avvisato, e uomo avvisato è mezzo salvato.

 - Grazie, rispondeva D. Bosco. E poi voltosi al giovinetto che era venuto rosso per la vergogna all'elogio fattogli dal suo principale - Vieni qua, gli diceva, su, fatti onore. Sono certo che il padrone si ricrederà dell'opinione che La formata di te. - E il giovane, rincuorato, prima esitava e poi francamente prendeva il rasoio e incominciava a sbarbare il povero prete. Non è a dire quanto quella mano inesperta facesse soffrire D. Bosco. Il rasoio non radeva, e tante volte strappava i peli. D. Bosco, che soffriva molto eziandio, quando il barbiere era molto abile nel suo mestiere, sopportava in quell'istante una vera tortura. Pure sempre tranquillo non dava segni di dolore; e il giovane si rasserenava sempre più, credendo di riuscir bene, e prendeva simpatia per chi gli aveva dato quel segno di stima. Non mancavano i frizzi del padrone a burlare il novizio ed a compatire il prete, ma D. Bosco protestava che il giovane faceva benissimo la propria parte. Finita la dolorosa operazione, non sempre senza che le guance di D. Bosco riportassero qualche taglio, gli elogi, che il giovane riceveva dal buon servo di Dio, erano come tanti vincoli che allacciavano il cuore di chi era solito a sentir rimproveri. D. Bosco usciva dalla bottega promettendo che sarebbe ritornato, ma a patto che quel giovanetto e non altri gli facesse la barba.

Di quando in quando cambiava barbiere e si diportava sempre nello stesso modo. La seconda volta che rientrava nella medesima bottega, incominciava a dire qualche parola di, vita eterna al giovanetto garzone, e finalmente concludeva: - Quanto tempo è che ti sei confessato? - E il giovane rispondeva secondo verità a chi egli già considerava come amico suo, e non mancava tante volte di manifestargli interamente l'anima. Poche parole bastavano perchè D. Bosco intendesse come stessero le cose e quindi lo invitava ad andare all'Oratorio la domenica seguente per ivi imparare il catechismo e confessarsi. Talvolta il giovanetto rispondeva che sarebbe andato volentieri, ma che il padrone non avrebbe permesso; e allora D. Bosco intendevasi col padrone, il quale, per non perdere l'avventore, concedeva volentieri licenza. Tal altra fiata quando non vi era in bottega alcun testimonio, D. Bosco interrogava il garzone in presenza del padrone stesso, col disegno di chiamare a Dio il padrone ed il giovane. Domandava quindi al giovane se avesse fatta Pasqua, se ascoltasse la Messa alla domenica e particolarità consimili. Il padrone non tralasciava di entrare in conversazione, e facendo pompa di virtù, protestava, desiderare esso che il giovane fosse un buon cristiano, che tali erano i suoi consigli, ecc., ecc. D. Bosco colle sue maniere così insinuanti, mentre commoveva il giovane ed otteneva da lui promessa di venire all'Oratorio, in sul partire con una paroletta ed un'occhiata al padrone, talvolta riusciva a vederlo poi nell'Oratorio genuflesso ai suoi piedi.

In simil guisa adoperavasi D. Bosco in ogni altra bottega o casa dove incontrasse fanciulli, e così aveva tutti i giorni il merito di qualche nuova anima ridonata a Dio.

 

 

 

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