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Capitolo 54

La festa di S. Luigi - Morte di Maria Occhiena - Il Cardinal Gaude nell'Oralorio - Conversione di un giovane apostata in punto di morte - Letture Cattoliche - VITA DEI SOMMI PONTEFICI S. LINO, S. CLETO, S. CLEMENTE - Giudizio dell'ARMONIA intorno a questo fascicolo - Vita dei sommi Pontefici S. ANACLETO, S. EVARISTO, S. ALESSANDRO I - Estrazione della Lotteria.


Capitolo 54

da Memorie Biografiche

del 29 novembre 2006

 Dalla piccola cronaca di un nostro confratello togliamo alcune note del mese di giugno.

“ Il 21 gli alunni delle scuole private dei professori D. Picco e Bonzanino celebravano la festa annuale di S. Luigi Gonzaga, nella chiesa della Regia Basilica Magistrale. Vi prendevano parte gli studenti di Umanità e dì Rettorica dell'Oratorio e D. Bosco conservava i versi scritti in quell'occasione. I giovani di Valdocco si preparavano a festeggiare S. Luigi il 29.

   ” Il 22 giugno, dopo essere stata lungamente inferma, alle 11 di sera faceva una morte invidiabile nell'Oratorio Maria Anna Occhiena, zia di D. Bosco e sorella di sua madre. Ad essa era stata affidata la biancheria della casa e aveva prestati caritatevolmente i più utili servigi. Per questa morte la festa dell'onomastico di D. Bosco fu trasportata verso il fine dell'anno scolastico. La sera poi del 26 l'Em.mo Cardinale Francesco Gaude, illustre figlio di S. Domenico e gloria del Piemonte, nativo di Cambiano, veniva a far visita a D. Bosco, dopo aver assistito agli ultimi istanti del suo ottimo padre, che eragli morto tra le braccia. Fu accolto con gran festa in Valdocco, s'improvvisò un trono sotto il porticato, sul quale salito l'Eminentissimo Principe disse cose grandi in lode di D. Bosco, dell'Oratorio e dei suoi giovani ”.

   Aggiungeremo come D. Bosco in questi giorni strappasse una povera anima dal baratro dell'apostasia e della perdizione eterna. È un fatto che abbiamo appreso dallo stesso D. Bosco e dal Teol. Leonardo Murialdo.

   Un giovane, che aveva frequentato l'Oratorio di Valdocco, caduto nelle reti dei protestanti, era stato mandato agli studi in Ginevra, perchè fosse insignito del grado di ministro. Siccome però lasciava talvolta intravedere di mantenersi cattolico nel fondo del cuore, colle solite arti infernali, i suoi seduttori lo spinsero a deplorevoli disordini per strappargli del tutto la fede. In conseguenza, affetto da malattia incurabile, fu ridotto al punto che i medici, cercando per lui un sollievo, ordinarono che fosse mandato a Torino, ove abitava sua madre. Essendo questa povera, i Valdesi largheggiarono subito con lei in soccorsi, che furono incautamente accettati; e si offersero eziandio di assistere l'infermo e vegliarlo, ma coll'intenzione d'impedire che alcun prete potesse venirgli vicino.

   La stessa sera del suo arrivo quell'infelice, agitato da fieri rimorsi, diceva a sua madre: - Vorrei parlare col nostro curato, perchè mi sento molto male. - La madre, perchè si tranquillasse, gli promise che sarebbe andata a chiamarlo. L'indomani infatti si presentò in parrocchia. Ma i Valdesi aveanla prevenuta. Da quel punto l'infermiere della loro setta, o l'evangelista, o il pastore, o il ministro, di giorno e di notte, erano sempre accanto al letto della loro vittima o nella camera vicina. Il curato venne, vennero anche altri sacerdoti, ma non fu mai loro concesso di entrare. Si dava loro per risposta, ora che il giovane non voleva veder preti, ora che il suo male non era grave, ovvero che il medico gli aveva proibito di ricevere visite.

  L'infermo, che si accorgeva non essere più padrone di se stesso, angosciato per non vedere alcun sacerdote che lo preparasse a ben morire, ormai all'estremo de' suoi giorni, nauseato dalle parole vuote di consolazione colle quali si pretendeva di infondergli sicurezza e pace, si rivolse al Signore. E il Signore non lo abbandonò.

  Un, sacerdote d'accordo col curato andò da D. Bosco e gli raccontò ogni cosa. D. Bosco risolse di fare a qualunque costo una visita a quel poveretto; e un giorno alle due dopo il mezzodì, accompagnato da due robusti giovanotti, si porta all'abitazione dell'infermo che era attigua alla chiesa di S. Agostino. Suona il campanello e viene ad aprire la porta lo stesso Ministro Valdese Amedeo Bert.

     - Chi cerca, signor abate?

     - Cerco di parlare all'infermo.

     - Non si può; non può ricevere; ne è rigorosamente proibito dal medico.

     - Mi lasci passare che io ho fretta; non ho tempo da star qui in chiacchiere. Farò una semplice commissione alla madre, Oh madre, buon giorno! continuò D. Bosco avvicinandosi alla donna che entrava nella sala; sono venuto a prendere notizie del vostro Pietro. - E ciò dicendo apre l'uscio della camera dell'ammalato; e mentre il ministro gridava forte: - Non si può, non si può, - egli era già accanto al letto  - Caro Pietro!… gli disse Don Bosco.

     - Oh chi vedo mai!….. esclamò il giovane colle la­grime agli occhi.

      - Pietro, come stai? Ti ricordi ancora di me? Mi conosci ancora?

      - Sì, che la conosco.... D. Bosco!.... l'antico amico dell'anima mia!…..che mi ha dato tanti consigli…..ma che purtruppo ho dimenticati!.... Ho vergogna di guardarla­ in volto.

     - Se mi conosci, se io sono il tuo amico, perchè temi?

     - Temo non lei, che è tanto buono; ma ho vergogna perchè fui ingrato, perchè ho commesse molte nefandità.

  Il Ministro, che dava vivi segni d'impazienza, interrompeva il dialogo: - Signor abate, la prego di ritirarsi perchè la commozione cagionata all'infermo può tornargli fatale. Questa sua visita è una sorpresa: Pietro non voleva ricevere nessuno, ed ora non ha bisogno di niente da lei.

     - Pietro, continuò D. Bosco senza badare al Ministro, riposati alquanto e non istancarti a parlare; mi fermerà ancora un po' di tempo a tenerti compagnia. - E preso uno sgabello, si assise presso il letto.

     - Le dico di ritirarsi, replicò il Ministro con accento risentito. Lei non ha niente nè da fare nè da dire con questo giovane.

- Ho molto da fare, ho molto da dire con questo mio figlio. Debbo partecipargli un importantissimo affare.

      E chi è lei che si mostra cotanto ardito? disse il Ministro.

     - E chi è lei che comanda con tanta pretesa? rispose D. Bosco.

     - Io sono il Ministro Valdese, Amedeo Bert; e ci siamo già incontrati altre volte.

     - E io sono il Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco.

     - Insomma che cosa lei vuole da questo infermo?

     - Voglio aiutarlo a salvarsi l'anima.

     - Egli non ha più nulla da fare con lei.

     - Perchè mai?

     - Perchè egli si è ascritto alla Chiesa Valdese, e non ha più relazioni religiose coi cattolici.

     - Io l'ho iscritto prima di lei nel catalogo de' miei figliuoli, ne sono stato e voglio esserne il vero padrone, e per questo motivo egli non ha più niente da fare, nè da dire coi Valdesi.

     - Ma lei, signor abate, parlando così turba la coscienza dell'infermo e si espone a certe conseguenze, di cui avrà forse a pentirsene.

     - Quando si tratta di salvare un'anima non temo alcuna conseguenza.

     - Alto là, lei deve allontanarsi di qui.

     - E lei deve allontanarsene prima di me .....

     - Ma lei non sa con chi parla!

     - So benissimo con chi parlo, e credo che anche lei sappia con chi parla.

     - Sappia che io ho l'autorità....

     - Rispetto tutti, ma non temo nessuno. E tanto meno io temo lei in questo momento, perchè so che l'infermo è pentito d'aver dato il nome alla vostra credenza e vuole morire cattolico.

     - È  questa una seduzione, una menzogna. Non è vero, Pietro, che voi volete essere perseverante nella nostra Chiesa Evangelica?

   Il giovane sollevandosi alquanto sul letto e guardando D. Bosco in atto di chiedere aiuto, rispose: - Io voglio essere perseverante nella mia religione....

     - Adagio, Pietro, lo interruppe il Ministro, badate a quello che dite.

     - Signor Ministro, osservò D. Bosco, parli con più calma. Mi permetta soltanto che io faccia una interrogazione all'infermo. La risposta che darà, servirà di regola ad ambidue.

   Tacque allora il Ministro e, tenendo gli occhi spalancati sopra D. Bosco, si pose a sedere. Il buon prete si volse al giovane con amorevolezza e parlò così: - Ascolta, o Pietro, questo signore ha scritto un libro in cui dice ripetutamente che un buon Cattolico si può salvare nella sua religione; dunque niun Cattolico deve abbracciare altra credenza per salvarsi. Tutti i Cattolici dicono parimenti che osservando la propria religione certamente si salvano. Ma soggiungono che colui il quale si ostina a stare nel protestantesimo, certamente si danna... Ora dimmi tu se vuoi lasciare la certezza di salvarti ed esporti al dubbio, anzi, secondo i cattolici, alla certezza di andare eternamente perduto!

     - No e poi no, rispose il giovane, e sempre no. Io son nato cattolico, e voglio vivere e morire cattolico... Mi pento di quanto ho fatto.

   Il Ministro, udita così franca risposta, si alzò, prese il cappello e voltosi a D. Bosco disse: - In questo momento non si può più ragionare: verrò a tempo migliore. Ma voi, Pietro, vi gettate in un abisso.... Ricordatevi che vi vogliono far confessare e che la confessione, invece di darvi la vita, vi accelera la morte. - Ciò detto, pieno di sdegno partì.

   Allora Pietro, che sentivasi tanto spossato da temere di soccombere in quella notte medesima, domandò subito di potersi confessare. D. Bosco lo ascoltò. Siccome non aveva mai nè predicato nè scritto contro la religione cattolica, non occorreva che facesse una pubblica ritrattazione. Coll'assoluzione sacramentale parve a Pietro che D. Bosco gli avesse tolto di dosso un enorme macigno. L'animo suo tornò a godere la calma che da vari anni aveva perduto. Stringeva, baciava e ribaciava la mano a D. Bosco, e si sentiva felice nonostante i suoi dolori.

   D. Bosco intanto, preveduto il pericolo nel quale si trovava il giovane per le visite che immancabilmente gli avrebbero fatte i Valdesi, ottenne che fosse subito trasportato all'Ospedale dei cavalieri. Quivi gli venne amministrato il SS. Viatico e l'Estrema Unzione; e dopo circa ventiquattro ore spirò in pace l'anima sua andando, come speriamo, a godere l'eterna felicità del cielo.

   Questa conversione fu di grande conforto a D. Bosco che era tutto occupato nella sua Lotteria e nelle Letture Cattoliche. Pel mese di giugno era uscito dai torchi di Paravia il seguente fascicolo: Vita dei Sommi Pontefici S. Lino, S. Cleto, S. Clemente per cura del Sac. Bosco Giovanni (C). Sono aggiunti alcuni capitoli sulla vita e sulla morte di vari apostoli.

   Dava giudizio di questo fascicolo l'Armonia del 24 luglio 1857.

E’ questo il terzo fascicolo nella serie delle vite dei Papi, che il Sacerdote Bosco ha intrapreso a raccontare al popolo cristiano. L'autore fa precedere una breve spiegazione di parecchie parole che soglionsi usare nelle vite dei Papi ed in generale nella Storia Ecclesiastica. Le quali nozioni se in genere sono utili a tutti, sono poi assolutamente necessarie pel popolo a cui sono in modo speciale dirette queste letture.

    Racconta quindi le gesta di S. Lino, di S. Cleto e di S. Clemente. Ivi, lasciando a parte le complicate questioni che non fanno pel suo scopo, sulle tracce dei più accreditati scrittori delle antichità cristiane, tesse una storia ecclesiastica di circa trent'anni, cioè dall'anno 70 di Gesú Cristo al 103 che corrisponde al regno di questi tre primi successori di S. Pietro. Ivi non solamente sono esposte le loro azioni, ma viene popolarmente spiegato lo spirito della Chiesa primitiva, dal che viene a rendersi manifesto come il governo, la disciplina, i dommi, la morale della chiesa antica sono quegli stessi d'oggidì; che perciò sono rei di calunnia quegli eretici che tacciano di novità la Chiesa cattolica nel suo insegnamento e nelle sue istituzioni.

    L'autore espone p. e. come S. Lino comandò alle donne di andare in chiesa col capo coperto, ma si nota subito che tal cosa fu ordinata per comando di S. Paolo. Il quale precetto fu rinnovato e si osserva tuttodì presso i cattolici (Pag. 36, 37).

    Riferisce come S. Cleto stabili in Roma 25 presbiteri perchè avessero cura d'anime, come hanno attualmente i nostri parrochi, che i presbiteri furono più tardi detti sacerdoti; quindi apparisce essersi introdotta niuna variazione nella Chiesa, nè quanto ai parrochi, nè quanto ai sacerdoti: la variazione essere tutta da parte dei protestanti, i quali, non ammettendo il Sacramento dell'Ordine, sono eziandio privi di sacerdozio, perciò senza parrochi e senza sacerdoti.

    Noi pertanto raccomandiamo caldamente queste letture a qualsiasi condizione di persone, ma le raccomandiamo specialmente a quelli che per mancanza di tempo o di studio non possono percorrere i grossi volumi in cui tali materie sono discusse; e le giudichiamo viepiù necessarie in questi tempi che i nemici della fede usano tutte le armi del dispregio e della menzogna per travisare i dommi e le istituzioni della Chiesa Cattolica e denigrare la fama dei Vicari di Gesù Cristo che Dei vari tempi la governarono.

Chi poi desiderasse istruirsi sopra le materie ivi brevemente trattate, può ricorrere agli autori che spesso in questo fascicolo sono citati.

Intanto Paravia aveva consegnato a D. Bosco per la spedizione il fascicolo di luglio: La Vergine delle Campagne, ossia vita della B. Oringa Toscana della Cristiana di S. Croce (morta nel 1310). Pastorella, fantesca, fondatrice di un monastero, e mirabile per virtù eroiche, per avvenimenti miracolosi, per le apparizioni dell'Arcangelo S. Michele, per la protezione di Maria SS. che le insegnò a leggere.

   Lo stesso Paravia stava stampando il fascicolo di agosto: Vita dei Sommi Pontefici S. Anacleto, S. Evaristo, S. Alessandro I per cura del Sac. Bosco Giovanni (D).

   Col lavoro delle Letture Cattoliche era andato di pari passo quello della Lotteria. D. Bosco aveva continuato a mandare lettere circolari.

 

Ill.mo Signore,

 

Pieno di fiducia nella insigne e ben conosciuta bontà di V. S. R. raccomando allo zelo di Lei e de' suoi amici n. 5 decine di biglietti di cui Le unisco il programma e La prego caldamente di volersi interessare pel sicuro ricapito degli uniti indirizzi non solo, ma anche di tener conto sì del denaro che Le venisse consegnato come dei biglietti che potrebbero essere restituiti, per quindi il tutto trasmettere a me.

  L'assicuro in ricambio di tutta la riconoscenza di cui sono capace e che prendendo Ella si gran parte in quest'opera di beneficenza, oltre il merito elle si procaccia innanzi a Dio, ha la consolazione di giovare a parecchi giovani o suoi parrocchiani o vicini, i quali concorrendo a questa capitale, prendono parte alle funzioni religiose ed alle scuole che hanno luogo in questi Oratorii.

Godo intanto di professarmi con sincera devozione e massimo rispetto

Di V. S. Ill.ma

Torino, 6 maggio 1857.

 

Obbl.mo Servo

Sac. Giovanni Bosco.

 

P. S. Fra non molto si darà l'annunzio del giorno d'estrazione o per circolare o per giornali.

 

 

Infatti il 12 maggio annunziava sull'Armonia l'estrazione dei numeri vincitori essere fissata pel 15 di giugno, ricordando che, coll'offerta di un dono o coll'acquisto di un biglietto, si cooperava a togliere dal pericolo un ragazzo che forse andrebbe a finir male. Il 18 giugno sullo stesso giornale avvertiva i lettori che la suddetta estrazione era trasportata, e invariabilmente fissata, pel 6 di luglio; raccomandando la compra dei biglietti il cui numero da smerciare era ancora considerevole. “Ognuno si ricordi, ei scriveva, che assumendosi anche un sol biglietto coopera a vestire gli ignudi, istruire gli ignoranti, albergare i pellegrini e dar del pane ai poveri affamati, chè tale è appunto lo scopo dell'opera, degli Oratorii maschili ”.

   Nello stesso tempo distribuiva più migliaia di copie di un volumetto il quale conteneva il programma della Lotteria e le descrizioni dei premi. Sul frontispizio portava il motto: Elemosyna est quae purgat peccata et facit invenire misericordiam (Tob. 12, 9). Al volumetto era unita una lettera.

 

Ill.mo Signore,

 

Mi fo dovere di spedire alla S. V. Ill.ma copia del catalogo degli oggetti offerti per la lotteria iniziata a favore dei giovani che frequentano gli oratorii maschili di questa città. Come Ella in esso scorgerà, il numero dei doni fu copioso assai, ed ho i più grandi motivi di ringraziare la divina provvidenza che abbia inspirato così generosi sentimenti in tante caritatevoli persone. Nel medesimo tempo Le partecipo che la pubblica estrazione è invariabilmente fissata dall'Intendenza Generale pel 6 del prossimo luglio, dopo cui mi darò premura di mandarle lo stampino dei numeri vincitori.

  Siccome però ci troviamo sul finire della lotteria con una ragguardevole quantità di biglietti da smerciare, così ho pensato di inviarne ancora n... decine, raccomandandoli all'ingegnosa carità di Lei, che in tante maniere ho esperimentata propensa a soccorrere queste opere di pubblica beneficenza. Qualora però non potesse smerciare tali biglietti e non istimasse ritenerli per sè, La pregherei di voler aggiungere altra opera di carità, dandosi l'incomodo di rimandarli prima della pubblica estrazione.

Del resto io La ringrazio di tutto cuore di quanto ha fatto e che spero vorrà continuare a fare per questi poveri giovani, e mentre dal canto mio Le professo la più sentita gratitudine, non mancherò di raccomandare ai giovani beneficati che invochino le benedizioni del cielo sopra di chi coopera così efficacemente per farli onesti cittadini e buoni cristiani.

  Dio La conservi e mi creda con pienezza di stima e riconoscenza

Di V. S. Ill.ma

Torino, 17 giugno 1857

 

Obbl.mo Servo

Sac. Giovanni  Bosco.

 

 

E il 6 luglio con tutte le formalità legali ebbe luogo a mezzogiorno, in Torino, in una sala del Palazzo di città, alla presenza del Sindaco, la pubblica estrazione dei numeri vincitori degli oggetti posti in Lotteria. Il prodotto della Lotteria fu tale da togliere D. Bosco da moltissimi imbarazzi, onde n'ebbe motivo di ringraziare di cuore il Signore. Non ci volevano meno di 60.000 lire.

Colla seguente lettera D. Bosco terminava le operazioni della Lotteria:

La limosina libera dalla morte,

cancella i peccati fa trovare misericordia

e conduce all'eterna vita.     Tob. 12, 9.

 

Ill.mo Signore,

 

La lotteria tante volte raccomandata alla carità di V. S. Ill.ma è stata condotta ad un felicissimo termine; e a comune consolazione posso parteciparle che i biglietti della medesima vennero quasi interamente smerciati. Cosi noi abbiamo potuto pagare i fitti degli Oratorii, e le spese occorse nella ultimazione della casa, e sistemare anche alcune cose di speciale urgenza. Ora le mando copia dei numeri vincitori, affinchè Ella e le persone di sua conoscenza possano verificare se siano stati favoriti dalla sorte nella estrazione.

  Approfitto di questa medesima occasione per ringraziare V. S. delle sollecitudini datesi per quest'opera di carità, che non potrà a meno di essere largamente ricompensata dalla munificenza di quel Dio, che reputa fatto a sè medesimo quanto si fa ai suoi poverelli.

  Prima però di terminare le relazioni della Lotteria due cose ancor mi rimangono a raccomandarle caldamente: che si degni continuare il suo favore a questi Oratorii e comprenderli nelle sue caritatevoli largizioni. In secondo luogo che voglia aggiungere un altro favore spirituale pregando il Signore Iddio per me, pei miei coadiutori e per questi giovanetti, affinchè possiamo loro procacciare la più grande di tutte le ricchezze, il timor di Dio.

  Dal canto nostro non mancheremo di pregare e far eziandio pregare i giovani beneficati, affinchè Iddio doni sanità e grazia ai nostri benefattori, e tutti ci aiuti, finchè venga il giorno in cui beneficati e benefattori possano trovarsi tutti insieme nella patria dei beati.

  Con sentimenti della più sentita gratitudine e colla massima venerazione reputo a dovere il professarmi ora e sempre

Di V. S. Ill.ma

Torino, 20 luglio 1857.

                                                                                                Obb.mo Servo

                                                                                  Sac. Giovanni  Bosco.

 

 

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