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Capitolo 6

Risposta di Pio IX ad una lettera di D. Bosco - Rescritto pontificio per indulgenze - Capitolo aggiunto alle regole dell'Oratorio festivo - Accettazione di socii nella Pia Società: conferenza sull'obbedienza - D. Bosco commenta ai Chierici un versicolo di S. Giovanni: dolcezza che prova chi lavora per le anime - Dissuade D. Allievi dall'istituire una Congregazione religiosa - Sue parole agli alunni: modo di passar bene il carnevale: mezzi per farsi santi: avviso per imminenti battaglie spirituali - D. Bosco non vuol vedere giovani appartati o seduti in tempo di ricreazione - Scopre da lontano i nascosti giuocatori di soldi Una battaglia a palle di neve e il perdono di D. Bosco.


Capitolo 6

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Il cuore di D. Bosco era con insistenza rivolto a Roma e sul finir dell'anno 1861 aveva scritta una lettera a Pio IX, della quale, come di altre confidenziali, non tenne copia. I suoi scritti erano sempre gratissimi per varii motivi al Sommo Pontefice. In questo foglio D. Bosco gli chiedeva alcuni favori che gli vennero subito concessi, con un rescritto incluso nella seguente lettera, la quale, come il rescritto, porta la firma autografa del Santo Padre.

 

PIO PP. IX.

 

DILETTO FIGLIO, SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE.

 

Con vera gioia abbiamo ricevuto la tua lettera dei 25 scorso dicembre, scritta pure a nome di molti sacerdoti, chierici e pii secolari, e ripiena dell'ossequio e dell'amore che tu e i detti ecclesiastici e laici professate verso di Noi e verso questa Cattedra di Pietro. Senza dubbio tu stesso potrai facilmente immaginare con quanto dolore e tristezza dell'animo Nostro abbiamo appreso quale micidiale guerra ora siasi dichiarata alla santissima nostra religione, specialmente nella infelice Italia, dai figli delle tenebre, che per mezzo di libri pestilenziali, coi giornali, colle scuole e col danaro ed altre funeste insidie ed astuzie d'ogni genere, si sforzano di allontanare i popoli di Italia dal culto cattolico, farli cadere in perniciosissimi errori d'ogni sorta, corromperli in modo miserando e con malizia veramente infernale mettere a pericolo la loro eterna salute. Tuttavia in tanta afflizione e in questa terribile congiura degli empii contro la Chiesa Cattolica, ci torna di non piccola consolazione certamente il vedere con quanta fortezza e costanza i nostri Venerabili Fratelli i Vescovi, come esige la loro Episcopale dignità, valorosamente difendono la causa, i diritti e la dottrina di Dio e della santa sua Chiesa, e con quale alacrità tanti fedelissimi sacerdoti, strettamente uniti a Noi ed ai loro Vescovi, coraggiosamente combattono le battaglie del Signore, e finalmente qual figliale amore tanti popoli fedeli si glorino di portate a questa Sede Apostolica e si oppongano agli sforzi degli empii. Quindi fra le gravissime pene che ci opprimono, con vero conforto dell'animo Nostro veniamo a conoscere dalla tua lettera con quanto zelo tu, o diletto Figliuolo, ed i sullodati sacerdoti e laici vi adopriate a procurare la salute dei fedeli, ed a scoprire e mandare a vuoto le insidie e gli errori dei nemici. Perciò, mentre di gran cuore ce ne congratuliamo con Te e con cotesti Ecclesiastici e secolari, esortiamole ed essi tutti a continuare con zelo sempre più ardente nel propugnare la causa della divina nostra religione. Facciamo poi ardenti voti perchè tu ed i tuoi innalziate continue e ferventissime preghiere a Dio ricco in misericordia, affinchè sorga, prenda a difendere la sua causa e col suo potentissimo aiuto assista Noi e soccorra la sua Chiesa. Dal rescritto poi che qui è annesso, apprenderai con quanto piacere Noi accondiscendiamo a tutti i tuoi desiderii. Finalmente a Te ed a tutti gli Ecclesiastici e secolari suddetti con tutta effusione di cuore, impartiamo l'Apostolica Benedizione auspice di tutte le grazie celesti e qual pegno della nostra singolare benevolenza verso di voi.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 13 di Gennaio 1862. Anno Decimosesto del Nostro Pontificato.

 

Il rescritto incluso colla domanda fatta da D. Bosco era il seguente:

 

Beatissimo Padre,

 

Il sacerdote Bosco Giovanni Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino (Piemonte) si prostra ai piedi di V. B. supplicandola di accordare i seguenti spirituali favori:

    I° Celebrare le tre Messe nella mezzanotte del Santo Natale e distribuire la Santa Comunione a quelli, che prendono parte a questa sacra funzione, AD SEPTENNIUM

2° Indulgenza Plenaria a chi in quella occasione si accosta ai Santi Sacramenti della Confessione e Comunione;

3 ° La medesima Indulgenza una volta al mese, quando i giovani si accostano ai Santi Sacramenti, facendo l'esercizio della buona Morte;

4° Indulgenza Plenaria in articulo mortis ai giovani ORA ESISTENTI di questa Casa ed alli Benefattori ATTUALI della medesima.

Che della grazia ecc.

A Sua Santità PIO PP. IX.

 

Pro gratia serv. servandis.

 

PIUS PP. IX.

 

NB. Le parole in maiuscoletto furono aggiunte dallo stesso Pio IX nella supplica soprascritta.

 

D. Bosco annunziava a' suoi giovani anche esterni le benigne concessioni della S. Sede, e queste gli porgevano occasione di aggiungere alla Parte seconda del Regolamento dell'Oratorio festivo un Capitolo, nel quale conferma le pratiche divote già in uso per la settimana santa e pel mese di maggio.

La lettera del Pontefice fu letta a tutti i membri della Pia Società, i quali nel gennaio del 1862, compreso D. Bosco, erano trentotto, uniti in Domino: cioè 5 preti, 28 chierici, e 5 laici.

Vennero proposti quindi due ottimi postulanti per la loro accettazione all'anno di prova e dei quali si legge nei verbali del Capitolo:

Li 20 gennaio 1862 il Capitolo della Società di S. Francesco di Sales radunato dal Signor Rettore D. Bosco, fece colle solite formalità l'accettazione del suddiacono Fusero Bartolomeo da Caramagna, figlio di Clemente e del Chierico Racca Pietro di Volvera, figlio di Giacomo. Avendo tutti e due ottenuti i voti favorevoli furono ammessi nella società.

Dopo la votazione così narra la cronaca di Bonetti:

“ D. Bosco parlò dei voti. Lasciando da parte la povertà e la castità, fece qualche riflessione sull'obbedienza. - Essa è Voluntas prompta se tradendi ad ea quae pertinent ad Dei famulatum. Questa definizione coincide con quella della divozione. Noi abbiamo bisogno che ciascheduno sia disposto a fare grandi sacrifizii di volontà: non di sanità, non di danaro non di macerazioni e penitenza, non di astinenze straordinarie nel cibo, ma di volontà. Perciò uno adesso deve essere pronto ora a salire in pulpito ed ora ad andar in cucina: ora a fare scuola ed ora a scopare; ora a fare il catechismo, o pregare in chiesa ed ora assistere nelle ricreazioni; ora a studiare tranquillo nella sua cella ed ora accompagnare i giovani alle passeggiate; ora a comandare ed ora ad obbedire.

Con tale disposizione di animo operando avremo la benedizione di Dio, perchè saremo veri e fedeli suoi discepoli e servi. Domanda forse il Signore, diceva Samuele a Saulle, degli olocausti o delle vittime e non piuttosto che si obbedisca alla sua voce? Melior est enim obedientia quam victimae; et auscultare magis quam offere adipem arietum. Dobbiamo perciò ascoltare e seguire con generosità la voce del Superiore, che rappresenta Dio e la voce del dovere. Seguendo questa raggiungeremo il fine della nostra vocazione, ci faremo de' gran meriti e salveremo le anime nostre e quelle degli altri - ”.

Sovente egli tornava a parlare sull'argomento dell'obbedienza, facendo osservare il gran premio che attende i religiosi obbedienti, anche su questa terra, cioè la fortuna di poter salvare delle anime. Continua la Cronaca di Bonetti. “ Il 23 gennaio trovandosi D. Bosco al mattino in mezzo ai suoi chierici alla recita del Testamentino, scuola che ha luogo ogni giovedì, pregato di ricavare dal sacro testo qualche moralità, si fermò su quelle parole di S. Giovanni qui facit veritatem venit ad lucem e, fra le altre cose che disse, svolse questo pensiero. - Ah fortunato quel chierico, il quale abbia gustato quanto sia dolce il lavorare per la salute delle anime! Egli allora più non teme nè freddo, nè caldo, nè fame, nè sete, nè dispiaceri, nè affronti e nè anco la morte. Ogni cosa egli sacrifica, purchè possa guadagnare anime al Signore! Qui facil veritatem venit ad lucem. Colui che fa il bene viene ben tosto ad ammirarne lo splendore. Provate e vedrete - ”.

Mentre D. Bosco cercava d'istillare il suo spirito nell'anima de' suoi chierici, un certo numero dei quali non apparteneva alla Pia Società, venne all'Oratorio e vi si trattenne qualche giorno D. Serafino Allievi, uomo dotto, e pieno di zelo sacerdotale, vero apostolo della gioventù, che in Milano operava un gran bene, dirigendo quell'Oratorio di S. Luigi. D. Bosco, che era stato suo ospite nel 1850, lo accolse con molte feste e una sera lo fece parlare a tutti i giovani dopo le orazioni. D. Allievi aveva il progetto di fondare una casa per i fanciulli bisognosi di ricovero; e per custodirli ed educarli dare principio ad una Congregazione Religiosa. Perciò chiese il consiglio di D. Bosco, il quale, conoscendo le gravi difficoltà di simili imprese, gli domandò se in qualche modo avesse per sè, per sua sicurezza, qualche fatto o qualche invito soprannaturale, che lo accertasse del volere, di Dio. D. Allievi gli rispose che no; e allora D. Bosco lo dissuase da simile tentativo, e lo incoraggiò a continuare indefessamente l'opera sua primitiva. D. Allievi gli fu grato dell'avviso; fece però qualche prova per tradurre le sue idee in atto, ma non approdò a gran cosa. Egli aveva confidate le parole di D. Bosco al Sac. Francesco Rainoni, ora (1908) assistente al Santuario della B. V. in Treviglio, il quale le palesava poi a Don Giovanni Garino.

Ma D. Bosco, che aveva per sè le promesse divine, non trascurava un istante perchè i suoi alunni eli queste si rendessero degni. “ Il 22 gennaio salito sulla cattedra dopo le orazioni della sera, interrogato da un chierico intorno al modo di passar bene il carnevale, rispose: - I° Tutto quello che farete durante questo tempo indirizzatelo tutto a onore e gloria di Maria. - 2° Tutto quello che farete a gloria di Maria fatelo anche per suffragare le anime del purgatorio. - Disse poi, notò D. Bonetti, molte altre cose che non ho tempo a scrivere: e annunziò la morte di Bianciotti Luigi da Cantalupo che era nei 17 anni, avvenuta il 21 gennaio nell'Ospedale di S. Giovanni ”.

“ Nei giorni seguenti trovandosi in un crocchio di giovanetti, disse loro:

” - Volete farvi santi? Ecco! La confessione è la serratura; la chiave è la confidenza nel confessore. Questo è il mezzo per entrare per le porte del paradiso.

” Altra volta disse pure: - Due sono le ali per volare a cielo, la confessione e la comunione.

” Tal'altra sussurava all'occhio di uno: - Coraggio, mio caro; il tempo della prova è vicino. - Ciò bastava chè i giovani stessi, premuniti, si accorgessero dei lacci preparati dall'uomo nemico ”.

In ricreazione non soffriva che alcuni stessero appartati da tutti gli altri compagni; nè permetteva che vi fossero panche per sedersi. Un giorno, ci narrò nel 1905 D. Anglois allora studente nell'Oratorio e poi sacerdote e cappellano nelle carceri delle donne in Torino, tre alunni si erano seduti in tempo di ricreazione sopra un grosso trave, che doveva servire per una costruzione. D. Bosco si avvicinò e disse loro con molta amorevolezza: - Separati siete tre ottimi giovani, uniti siete tre biricchini. - E quei giovani corsero a fare ricreazione.

Egli aveva eziandio per la sorveglianza un udito speciale. Era prescritto che il danaro personale mandato dai parenti fosse consegnato al Prefetto, che l'avrebbe somministrato con prudenza secondo la domanda di chi ne era padrone. Misura ragionevole per ovviare molti disordini. Ora “ D. Bosco il 31 gennaio, - è la Cronaca di D. Bonetti che parla, dopo pranzo passeggiava sotto i portici con alcuni giovani, quando tutto ad un tratto si fermò e chiamato a sè il Diacono Cagliero Giovanni, gli disse sottovoce: - Sento suonare i danari e non so in qual parte si giuochi. Va, cerca questi tre giovani (e gliene disse i nomi) e li troverai giuocando.

” - Io tosto mi posi a cercare, così narrava lo stesso Cagliero, da una parte e dall'altra e non riusciva a poterli trovare; quando ecco vedo comparire uno dei tre. Tosto gli domandai: - Donde vieni, e dove ti eri ficcato, mentre è tanto, tempo che ti cerco e non ti trovo?

       ” - Era in quel luogo così e così. Che cosa facevi colà?

    ” - Giuocavo ai birilli.

    ” - Con chi?

    ” - Coi tali N. e R.

” - Giuocavate per danaro eh?

” Il giovane ingarbugliò qualche parola, ma non negò che giocava di danari.

” - Allora andai in quel posto indicatomi che era molto nascosto, ma non trovai più gli altri. Continuai ad indagare e venni a sapere di certo, che quei tali un 10 minuti prima erano molto scaldati in un giuoco d'interesse. Allora portai la risposta a D. Bosco. - D. Bosco raccontò all'indomani che nella notte precedente aveva veduti quei tre nel sogno a giocare da disperati ”.

Cosi finiva il mese di gennaio ricco di fatti sorprendenti, i quali però noti avevano impedito - qualche piccolo inconveniente come narra fra gli altri il suddetto D. Anglois. Essendo caduta molta neve gli studenti e gli artigiani costrussero con questa due torri, che rappresentavano due campi, l'un contro l'altro armato; e gli uni assalivano le fortificazioni degli altri. In principio fu un divertimento innocuo che occupava con intenso piacere gli alunni; e si tollerò. Ma la notte seguente dagli studenti fu eguagliata al suolo la torre degli artigiani, i quali al mattino, gridando al tradimento, la ricostrussero e vi stabilirono le sentinelle. Gli animi si erano accesi di spirito bellicoso, tanto più che tra due classi, diverse di alunni accade talvolta che vi sia qualche ragione o pretesto di animosità! Ed ecco al mattino del terzo giorno gli artigiani, armati di bastoni, corsero all'assalto della torre degli studenti ben guernita di difensori, mentre le trombe suonavano il passo di carica. L'assalto e la difesa erano accanite. Le palle di neve volavano da tutte le parti. Accorsero D. Alasonatti, D. Anfossi, Buzzetti e Rossi: si gettarono in mezzo a quel tumulto ordinando che si deponessero le armi. Ci fu alquanta riluttanza nell'obbedire, ma suonata la campana gli uni andarono nelle scuole e gli altri nei laboratorii. Buzzetti con varii famigli s'affrettò a distruggere ledue trincee.

I giovani intanto, riflettendo, avevano riconosciuto il loro torto. Venne mezzogiorno; e unitisi gli studenti cogli artigiani, si presentarono a D. Bosco mentre discendeva pel pranzo. Chiedendogli perdono, promettevano di andare silenziosamente in refettorio, e che non avrebbero più fatto chiassi simili a quelli del mattino. D. Bosco si fermò a guardarli. - Un superiore, che gli stava a fianco, insisteva perchè desse qualche esempio; D. Bosco gli rispose:

- Ma non vedi che domandano perdono? - E dopo qualche istante di riflessione continuò: - Dal momento che han chiesto perdono, basta. Sì, perdono; vadano e stiano in silenzio nel refettorio.

- E così venne fatto. Alla sera D. Bosco proibì quelle battagliucce ed esortò tutti a recitare con maggior fervore nelle orazioni comuni l'Ave Maria per la pace della casa.

 

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