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Capitolo 69

Lettera di D. Bosco a tutti i Salesiani: Il fine che devesi avere per entrare nella Pia Società - Parlate di D. Bosco ai giovani: Gli esami si avvicinano: scacciare il peccato: raccomandarsi a Savio Domenico: non studiare fuori di tempo: D. Bosco è andato a Moncalieri: non parlare male del prossimo: la novena della Consolata.: fanciullo etico guarito dalla Madonna: vanità delle cose del mondo - Mons. Galletti viene a celebrare la messa nell'Oratorio: sua predica: accademia in suo onore - Un regalo da farsi alla Madonna - Pensare alla propria vocazione - Il Vescovo di Mondovì a Roma lavora in favore di Don Bosco -Lettera di D. Bosco al Cavaliere - Lettera di D. Savio allo stesso: la statua della Madonna è già sulla cupola: i lavori della chiesa progrediscono: visite di personaggi illustri a Don Bosco che vien paragonato al Curato d'Ars - Il tappeto delle dame romane per la Chiesa - Effetti di una benedizione Mons. Ghilardi a D. Durando per la nota questione.


Capitolo 69

da Memorie Biografiche

del 04 dicembre 2006

Il giorno di Pentecoste Don Bosco indirizzava una lettera a tutti i Salesiani, trattando del fine col quale dovevasi entrare nella Pia Società di. S. Francesco di Sales, ed annunziava che forse fra non molto questa sarebbe definitivamente approvata. Fra i documenti che possediamo non havvi traccia di tale assicurazione. Avendo però il suo autografo la data 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice 1867, sembra che la festa del giorno gli avesse dato l'ispirazione di scrivere e gli abbia mostrato più viva la visione dell'avvenire. Comunque sia, egli ne fece trarre varie copie, mutando poi la data egli stesso, e scrivendovi di proprio pugno l'indirizzo a D. Bonetti ed ai miei figli di S. Francesco di Sales abitanti in Mirabello; - a D. Lemoyne ed ai miei figli di S. Francesco di Sales abitanti in Lanzo. Era pur sua la firma e il proscritto: Il Direttore legga e spieghi ove d'uopo.

Ecco la copia destinata per i Salesiani dell'Oratorio.

 

A D. Rua ed agli altri miei amati figli di S. Francesco

abitanti in Torino.

La nostra Società sarà forse tra non molto definitivamente approvata e perciò io avrei bisogno di parlare ai miei amati figli con frequenza. La qual cosa non potendo fare sempre di persona procurerò almeno di farlo per lettera.

Comincerò adunque dal dire qualche cosa intorno allo scopo generale della Società e poi passeremo a parlare altra volta delle osservanze particolari della medesima.

Primo oggetto della nostra Società è la santificazione dei suoi membri. Perciò ognuno nella sua entrata si spogli di ogni altro pensiero, di ogni altra sollecitudine. Chi ci entrasse per godere una vita tranquilla, aver comodità a proseguir gli studii, liberarsi dai comandi dei genitori, od esimersi dall'obbedienza di qualche Superiore, egli avrebbe un fine storto e non sarebbe più quel sequere me del Salvatore, giacchè seguirebbe la propria utilità temporale, non il bene dell'anima. Gli Apostoli furono lodati dal Salvatore e venne loro promesso un regno eterno, non perchè abbandonarono il mondo, ma perchè abbandonandolo si professavano pronti a seguirlo nelle tribolazioni; come avvenne di fatto, consumando la loro vita nelle fatiche, nella penitenza e nei patimenti, sostenendo in fine il martirio per la fede.

Nemmeno con buon fine entra o rimane nella Società chi è persuaso di essere necessario alla medesima. Ognuno se lo imprima bene in mente e nel cuore: cominciando dal Superiore Generale fino all'ultimo dei socii, niuno è necessario nella Società. Dio solo ne deve essere il capo, il padrone assolutamente necessario. Perciò i membri di essa devono rivolgersi al loro capo, al loro vero padrone, al rimuneratore, a Dio, e per amor di lui ognuno deve farsi inscrivere nella Società, per amor di Lui lavorare, ubbidire, abbandonare quanto si possedeva al mondo per poter dire in fine della vita al Salvatore, che abbiamo scelto per modello: Ecce nos reliquimus omnia et secuti sumus te; quid ergo erit nobis?

Mentre poi diciamo che ognuno deve entrare in Società guidato dal solo desiderio di servire a Dio con maggior perfezione e di fare del bene a se stesso, s'intende fare a se stesso il vero bene, bene spirituale ed eterno. Chi si cerca una vita comoda, una vita agiata, non entra con buon fine nella nostra Società. Noi mettiamo per base la parola del Salvatore che dice: “ Chi vuole essere mio discepolo, vada a vendere quanto possiede nel mondo, lo dia ai poveri e mi segua. ” Ma dove andare, dove seguirlo, se non aveva un palmo di terra ove riporre lo stanco suo capo? “ Chi vuol farsi mio discepolo, dice il Salvatore, mi segua colla preghiera, colla penitenza e specialmente rinneghi se stesso, tolga la croce delle quotidiane tribolazioni e mi segua. Abneget semetipsum tollat crucem suam quotidie, et sequatur me. ” Ma fino a quando seguirlo? Fino alla morte e, se fosse mestieri, anche ad una morte di croce.

Ciò è quanto nella nostra Società fa colui che logora le sue forze nel sacro ministero, nell'insegnamento od altro esercizio sacerdotale, fino ad una morte eziandio violenta di carcere, di esiglio, di ferro, di acqua, di fuoco, fino a tanto che dopo aver patito, ed esser morto con Gesù Cristo sopra la terra, possa andare a godere con Lui in Cielo.

Questo sembrami il senso di quelle parole di S. Paolo che dice a tutti i cristiani: Qui vult gaudere cum Christo, oportet pati cum Christo.

Entrato un socio con queste buone disposizioni deve mostrarsi senza pretese ed accogliere con piacere qualsiasi ufficio gli possa essere affidato. Insegnamento, studio, lavoro, predicazione, confessione in chiesa, fuori di chiesa, le più basse occupazioni devono assumersi con ilarità e prontezza d'animo, perchè Dio non guarda la qualità dell'impiego, ma guarda il fine di chi lo copre. Quindi tutti gli uffizii sono egualmente nobili, perchè egualmente meritorii agli occhi di Dio.

Miei cari figliuoli, abbiate fiducia nei vostri superiori: essi devono rendere stretto conto a Dio delle vostre opere; perciò essi studiano la vostra capacità, le vostre propensioni e ne dispongono in modo compatibile colle vostre forze, ma sempre come loro sembra tornare di maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime.

Oh! se i nostri fratelli entreranno in Società con queste disposizioni, le nostre Case diventeranno certamente un paradiso terrestre. Regnerà la pace e la concordia tra gli individui di ogni famiglia, e la carità sarà la veste quotidiana di chi comanda, l'ubbidienza ed il rispetto precederanno i passi, le opere e perfino i pensieri dei Superiori. Si avrà insomma una famiglia di fratelli intorno al loro padre, per promuovere la gloria di Dio sopra la terra, per andare poi un giorno ad amarlo e lodarlo nell'immensa gloria dei beati in Cielo.

Dio ricolmi voi e le vostre fatiche di benedizioni e la Grazia del Signore santifichi le vostre azioni e vi aiuti a perseverare nel bene.

Torino, 9 giugno 1867,

giorno di Pentecoste.

Aff.mo in G. C.

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Di quella medesima sera (9 giugno) il Venerabile così parlava ai giovani dell'Oratorio.

Vi è più poco tempo prima dell'esame, tanto pei chierici come pei giovani. Fatevi coraggio per fare quel che potete. Tenete sempre impresso bene nella mente, che il timor di Dio è principio di ogni sapienza: Initium sapientiae timor Domini. Volete possedere la vera sapienza? Scacciate via dal vostro cuore il peccato e le affezioni al peccato e allora possederete abbastanza di scienza per salvarvi l'anima.

In questo poco tempo che ci rimane ancora prima dell'esame, guardate di andar sovente a far visita a Gesù Sacramentato e a Maria SS. E poi volete passar bene l'esame? Raccomandatevi a Savio Domenico e state sicuri che vi aiuterà, quando facciate tutto quello che potete. Vi furono dei giovani di questa Casa i quali dicevano di non essere preparati; si raccomandarono a Savio Domenico ed ottennero un voto migliore della loro aspettazione. Insomma con questa protezione nell'esame non resterete imbrogliati. Imitate Savio nella virtù dell'obbedienza e della carità, e state tranquilli.

Vi raccomando di non studiare al mattino fuori di letto, prima della levata: per non disturbare studiate stando nel letto. Al giovedì dopo la ricreazione e così alla domenica studiate pure nel tempo libero; ma non voglio che vi occupiate sui libri in tempo di ricreazione. Dica questo perchè mi sta molto a cuore la vostra sanità, e prima del resto.

Le nostre Memorie ci dànno altre brevi parlate del Servo di Dio.

 

10 giugno.

Questa sera D. Bosco trasse argomento per parlare di un suo viaggio che fece da Moncalieri a Torino. Due uomini erano con lui nel carrozzone. Uno diceva essere stato allievo dell'Oratorio, ma da molto tempo. L'altro criticava ciò che faceva D. Bosco sostenendo essere cosa inutile spendere tanti denari nella costruzione della chiesa. D. Bosco che non era stato riconosciuto da quei due, entrò in discorso e solo in ultimo vennero a conoscere chi fosse il prete che li interrogava.

Da questo fatto D. Bosco trasse la massima di non parlar mai male del prossimo: di parlarne bene, o di non parlarne:

“ Imparate, concludeva, da Savio Domenico, da Magone, da Besucco, a fuggire le mormorazioni. Se il prossimo ha dei difetti, sappiate compatirlo. Sopportiamo a vicenda gli uni i difetti degli altri, poichè nessun di noi è perfetto

 

11 giugno.

Alla sera di questo giorno così parlava:

- Oggi incominciò la novena della Madonna della Consolata: mi rincresce di non essermene ricordato prima: fate però questo fioretto durante i nove giorni: - usar molta diligenza nell'adempimento del vostro dovere nella scuola e nello studio: e specialmente nei doveri di pietà. Insomma occupare bene il tempo. Ricordatevi che citius coelum et terra perierint, quam Maria aliquem se implorantem sua ope destituat.

Domani è digiuno per quelli che hanno l'età. Agli altri consiglio qualche mortificazione.

Dopo domani avremo Mons. Galletti a dirci la S. Messa: è una persona che nei nostri paesi è tenuta per santa. Guardiamoci che non debba prenderci in cattivo concetto. Dopo la Messa farà un po' di predica.

 

12 giugno.

D. Bosco in refettorio dopo pranzo così diceva, circondato dai, giovani:

- Ieri venne una madre di famiglia ad offrire cento franchi, promessi per la guarigione di suo figlio. Giorni sono si era presentata con questo suo figlio per farlo da me benedire. Gli diedi la benedizione, quindi gli dissi che facesse una novena a Maria Ausiliatrice. Appena ritornato a casa, così mi riferì la madre, il ragazzo chiese subito da mangiare. Era tisico da cinque o sei mesi, stava in questo stato colla tosse e non poteva neppur mangiare la minestra. Da quel giorno cominciò a mangiare con gusto, cessò la tosse ed ora si trova in perfetta salute.

Disse anche alla sera a tutta la comunità dopo le orazioni

- Vi lascierò un pensiero, una massima. Non guardate le cose del mondo con un canocchiale di grosse lenti, ma ad occhio nudo, perchè il canocchiale ingrandisce talmente le cose che un granello di polvere diventa una montagna. Tutte le cose del mondo insieme sono un niente. Così disse Salomone, dopo aver goduto tutti i piaceri possibili: Tutto è vanità ed afflizione di spirito. E poi guardate: queste cose del mondo dobbiamo lasciarle. Se le lasciamo adesso, il Signore ci ricompenserà; se non vogliamo lasciarle adesso, dovremo lasciarle egualmente alla morte, ma senza merito.

Domani verrà fra di noi Mons. Galletti nuovo Vescovo d'Alba. Guardate di regolarvi bene, perchè è una persona santa. Tenete bene a mente quel che vi dirà dall'altare.

Giovedì, 13 giugno, era adunque aspettato nell'Oratorio Mons. Eugenio Galletti Vescovo d'Alba. Erano venute per assistere alla sua messa, molte illustri persone, sue penitenti, che, accorate di doverlo presto perdere, cercavano ansiosamente di far tesoro delle sue ultime parole. Egli, fervido predicatore, versato in molta scienza sacra, dato ad ogni opera di umile carità fino a nascondersi nel meraviglioso Ospedale del Cottolengo, da più anni ignoto al mondo ma notus coram Domino, aveva consolate, istruite, e santamente guidate alla virtù le molte famiglie di quell'Istituto a lui commesse.

Ed ora, prima di muovere verso Roma, il nuovo Prelato degnavasi visitare l'Oratorio di S. Francesco di Sales e l'amico suo D. Bosco.

Venne ricevuto dal Clero alla porta della Chiesa. Aveva l'aspetto di un santo, tutto raccolto, colle mani giunte, il capo chino, gli occhi bassi, il passo modesto. Spirava un'aria di raccoglimento, di meditazione, di mitezza.

Al fine della messa, prima della benedizione, si volse ai giovani e fra le altre cose disse:

- Il trovarmi questa mattina io in mezzo a voi, il vedervi tutti raccolti accostarvi alla Santa Comunione, produsse in me, nel mio cuore, una sensazione che io non posso esprimere. Ringraziate Iddio, ringraziate lo Spirito Santo che vi ha tolti di mezzo al mondo e vi ha posti qui ove regna lo spirito di pietà, di religione, di carità, di dolcezza, di santità. È lo Spirito Santo che qui vi ha guidati: ringraziatelo questo Spirito, che è il bacio d'amore dell'Eterno Padre coll'Eterno Figliuolo. Voi sapete che al Padre si attribuisce la potenza, al Figliuolo la sapienza, allo Spirito Santo l'amore. Ditegli che venga nei vostri cuori! Voi amatelo di tutto cuore! Amate Iddio, come avete letto nel catechismo, sopra ogni cosa, pronti a morire prima di ancora offenderlo; e pronti a morire, non una volta, ma mille volte piuttostochè commettere ancora un solo peccato ad occhi aperti, sapendo di offendere questo buon Dio, questo Divino Spirito. Amatelo con tutto il cuore e fate che non si abbia a dire di voi, ciò che per umiltà diceva di sè S. Bonaventura: Son circondato dappertutto dall'amore dello Spirito Santo, ed io non lo conosco. Anche noi siamo dappertutto circondati dall'amore dello Spirito Santo che c'ispira per mezzo degli esempi dei buoni compagni, dei Sacerdoti, della Messa, delle prediche, della lettura spirituale. Guardate di corrispondere alle chiamate di questo buono Spirito, alle sue ispirazioni: allora pioveranno sopra di voi tutte le benedizioni, tutte le grazie. Ricordatevi ciò che promise al Signore quel giovanetto tenuto da voi e da me in concetto di santità, Savio Domenico, nella prima sua Comunione a sette anni: La morte ma non peccati! Se ancor noi così faremo aiutati da questo Spirito, potremo andare a ringraziarlo in cielo nella eterna beatitudine. Tenete bene impresse nel cuore queste mie parole, che son povere, è vero, ma che io a voi rivolgo con tutto l'affetto dell'anima mia.

Nel predicare teneva gli occhi chiusi o semichiusi, senza guardare qua e là, e, se talvolta li muoveva, guardava in alto. Il suo gestire era un allargare alquanto le braccia, per innalzarle or più or meno verso il cielo insieme col suo sguardo. E come terminava di esprimere un pensiero, colle mani giunte e gli occhi chiusi o semichiusi chinava il capo, quasi aspettando le ispirazioni dello Spirito Santo; quindi con fervore ricominciava.

Dopo che ebbe preso il caffè, i giovani sotto i portici gli fecero un po' di festa, e gli recitarono qualche poesia. Una di queste, letta da P. Francesia, diceva anche:

 

 

Andando al gran Pontefice,                                Dirai che mille giovani

Primo d'Europa onore.                                  Aman d'amor sincero

Parla di questi giovani,                                   Lui che di Pier sul soglio

Del loro immenso amore:                               Proclama al mondo il vero,

Nè d'uopo fia di volgere                                Che a lui fedeli vivere

L'arte dell'oratore,                                        Vogliamo a tutte l'ore,

Come a fanciullo ingenuo,                              E '1 resto, o sommo presule,

Tel dica il core!                                             Tel dica il core!

 

Or la tua man benefica

S'alzi per benedirci,

Tua man che di bell'opere

Ben usa è a ricoprirci;

E come sarem memori

Del caro tuo favore,

Nol dica il labbro debole,

Tel dica il core!

 

Monsignore ringraziò dicendo:

- Voi avete parlato, ed una parola la dirò anch'io. Per grazia del Signore conosco essere indegno degli onori che mi fate. Tuttavia per mostrarmi grato, io vi ringrazio di tutto cuore. Di tutte le vostre lodi io sono indegnissimo. Diamo invece gloria a Dio, a Lui che ci ha fatti tanti benefizii. I vostri cuori li ho già offerti tutti a Dio questa mattina nel calice, nella messa: ciò non ostante li offrirò di nuovo domani mattina. Pregherò il Signore che conservi a lunga vita questo vostro buon Don Giovanni, che è veramente ispirato dallo Spirito Santo, perchè possa continuare a farvi del bene.

Ciò dicendo diede la benedizione e se ne partì.

La bella giornata terminava colla parola di D. Bosco dopo le orazioni:

- Domani fate un bel regalo alla Madonna!.... Un bel regalo! Regalatele un'anima del purgatorio. Fate la Comunione coll'indulgenza plenaria, e dite alla Madonna, che liberi dal purgatorio quell'anima che pi√π le piace.

Annunziò ancora che domenica avrebbe raccontato un sogno.

La sera del 14 giugno così parlò:

Domani è l'ultimo giorno del tempo pasquale. Chi avesse ancora da far Pasqua, oppure l'avesse fatta ma non l'avesse fatta bene, pensi ad aggiustare le cose dell'anima sua. Raccomando poi in modo particolare a quelli che sono vicini a deliberare del loro stato, affinchè ci pensino, ne parlino al confessore e preghino: facciano delle buone opere. Satagite ut per bona opera certam vestram vocationem et electionem faciatis. Chi vuole essere certo di non sbagliar strada si scelga un confessore stabile, apra a lui tutto il suo cuore, frequenti la SS. Confessione e Comunione, sia modesto, obbediente, pensi che cosa avrebbe voluto aver fatto al punto della morte. Ciò dico tanto riguardo a colui che ora è già inoltrato nella sua carriera, quanto riguardo a colui che ancora ha da sceglierla. Se voi farete quanto vi dico, certamente il Signore vi inspirerà quello che vuole da voi.

 

In questi giorni il Venerabile doveva essere consolato per l'interesse che Mons. Ghilardi prendeva per le cose sue e ne ringraziava la Madonna, tanto pi√π che le critiche ad altri fascicoli delle Letture Cattoliche, visto che non approdavano all'intento, accennavano a finire.

 

Roma, 10 giugno 1867.

 

Rev. sig. Don Bosco,

 

Ho ricevuto la carissima sua dei 2 corrente, che mi preveniva dell'arrivo di Mons. Ghilardi e di parlare con lui del noto affare. Vi andai tosto; lo trovai e parlammo. Ora tutto è combinato. Egli fu contento di sapere ch'ella avea avuta già l'autorizzazione di non accennare nulla nella Prefazione della terza edizione, che le desse aspetto di cosa comandata, gli piacque anche assai che avesse avuta ufficiale nota di quel poco che è da sopprimere o modificare, di ciò nondimeno riparlerà col Rev. Mons. Modena per tenerglielo presente.

Quanto agli Schiarimenti egli pensò che si dovessero ricopiare con poche modificazioni: ciò è già fatto: e Monsignore ha ora in mano gli Schiarimenti tali quali li desiderava. Si presenteranno confidenzialmente prima al P. Modena; e poi vedrà se ad altri: e fra loro al Cardinale Prefetto.

Quanto a Torino, ella è in piena libertà di comunicare gli Schiarimenti anche come sono e senza niuna modificazione a quelli ch'ella crederà bene. In Torino si può andare con libertà. Ben inteso che non bisogna stamparli, sarebbe grave imprudenza. Qui si userà cautela. Dice Monsignore ch'ella dovrebbe mandar qui la sua Prefazione o in manoscritto o in prova di stampa. Monsignore la farebbe leggere al P. Modena perchè veda se va bene. Così tutto sarà certo e sicuro e si farà tutto con approvazione.

Ella vedrà se vorrà aggiungere una lettera al P. Modena con cui accompagnare la sua Prefazione: ma il plico dee essere diretto a Monsignore, o a Federico, o a me, come crede.

La prevengo che io ho ritenuta la sua lettera al P. Modena: la quale anche Monsignore crede ora inopportuna. Basterà scrivergli colla Prefazione.

La prevengo pure che negli Schiarimenti ho tolto tutto quello che accennava all'Indice, o voto, o Relatore non parlando che di osservazioni fatte (non dicendo da chi) e di schiarimenti che si dànno.

Le scriverò poi l'esito del discorso di Monsignore con Modena, se lo saprò: ma gliene scriverà anche Monsignore e Federico.

Preverrò anche Monsignore delle censure alla Vita di S. Giuseppe. Ma la cosa non avrà seguito a quel che credo.

Nella lettera al P. Modena ella si ricordi di accennare alla bontà con cui trattò la cosa e mandò quella nota che io le comunicai; e la facoltà avuta di non accennar nella Prefazione ad altro che al dettole.

Scusi tutti questi particolari e la lettera mal scritta e in fretta .....

Federico sta bene. La riverisco. M raccomandi al Signore e mi creda, come sono, in Domino

il suo aff.mo servo

G. OREGLIA, S. J.

 

Quasi contemporaneamente D. Bosco aveva mandato a mano una lettera al Cavaliere Oreglia.

 

Carissimo sig. Cavaliere,

 

Le scrivo poche parole per approfittare degli amici, Can. Oreglia, ecc. Ho ricevuta la sua ultima lettera. Stia certo che l'affare di San Pietro è trattato da suo fratello con maestria. Io seguo quanto mi dice e finora va bene. Intanto tutto è pronto per un'altra edizione.

La casa va bene, la Chiesa va a meraviglia e la B. Vergine ci favorisce. Continuiamo a pregare mattina e sera pel conte Vimercati, ma scriverò di questa settimana.

Vale in Domino. Ho ricevuto il disegno dell'altare e questo è necessario. Saluti i soliti amici e mi creda,

11 giugno 1867,

Aff.mo amico

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

P. S. - La lettera alla Principessa Altieri parla di lei. È persona benevola; veda di parlarle. Mi ha scritto e dimanda medaglie.

 

Altre notizie dava al Cavaliere l'Economo dell'Oratorio.

 

Torino, 14 giugno 1867.

 

Amatissimo sig. Cavaliere,

 

Quantunque io non avessi nemmeno la tentazione di domandare a D. Bosco di andare a Roma per le prossime feste, tuttavia D. Bosco fece scrivere a V. S. perchè trovasse un qualche bugigattolo ove riposare la notte... Nel dubbio che io possa avere la buona ventura di vederla presto, le do alcune notizie.

La statua è già collocata a suo posto sulla cupola. Boggio fece un ribasso di 1200 lire. D. Bosco cerca di farla indorare. Domandano per questo lire 2000 circa.

Il cornicione della chiesa è finito. Sono già a posto tre capitelli che fanno assai bella figura.

Tutti i giorni grande affluenza per vedere D. Bosco e la chiesa. Ieri una dama inglese aspettò molto tempo per avere un'udienza. Vi fu il barone Cavalchini, vide la chiesa e s'intrattenne molto con Don Bosco. Molti preti francesi in viaggio per Roma sono venuti a trovare D. Bosco. Io ne ho sentito uno a dire mentre usciva: -Abbiamo parlato con un altro Curato d'Ars.

Una Principessa Romana diretta per Londra, la giovane Principessa Doria, smontò a Genova e prolungò il suo viaggio di due giorni per poter venire a Torino e parlare con D. Bosco. Ha veduta la chiesa e ne fu contenta.

In pochi giorni abbiamo avuti nella casa dieci Vescovi a cui i nostri giovani fanno sempre cordiali dimostrazioni. Anche i Torinesi fanno buon viso a tanti Vescovi: pel popolo è questo un preludio di tempi migliori e credo che il popolo non s'inganni. Da Torino partì la scintilla che accese il fuoco rivoluzionario d'Italia; andrebbe bene che da Torino partisse altra scintilla che illuminasse i ciechi e li riducesse sulla buona strada.

Fra pochi giorni il Cav. Gussone mi darà il disegno del nuovo altare di fronte a quello che si eseguisce costì. Mi darà pure il disegno del tappeto che Lei da tanto tempo desidera; glielo porterò a Roma.

La Beata Vergine Ausiliatrice continua a benedirci con benedizioni speciali.

 

D. SAVIO ANGELO.

 

Il disegno, del quale scrive D. Savio, era per quel tappeto che una Società di Dame in Roma voleva, come abbiamo accennato, provvedere all'altar maggiore della Chiesa di Maria Ausiliatrice. Quante grazie esse avevano ricevuto da Maria Santissima! Una delle Dame, la Duchessa Isabella Caracciolo di Brianza, il 14 giugno scriveva da Roma a D. Bosco: “Quando

Ella fu qui, ebbi il piacere, al pari di mio marito, di baciarle la mano e di chiederle il favore di raccomandarmi al Signore ed alla Vergine SS. per ottenere la grazia di portare innanzi una buona gestazione con felice esito. Ella si compiacque accogliere la mia domanda e mi consigliò di recitare ogni giorno alcune preci a questo fine; ed io ho costantemente obbedito alla sua prescrizione. Per divina misericordia sono al nono mese e ho goduto sempre un'ottima sanità. E ora mi permetto di ricorrere di nuovo alla sua carità; perchè ogni cosa si compia, felicemente per me e per la prole.... Dacchè Ella venne qui, io pensai di fare un lavoro e di offrirlo alla sua chiesa e in tutto questo tempo, quotidianamente, mi sono occupata di un camice che manderò appena sarà finito... Ottenuta la grazia, le manderò, come Ella mi disse, una piccola offerta per la sua chiesa. Preghi per me, pel mio marito, per tutti i miei figli.... Ci benedica ”.

Una grazia per lui specialissima era la conferma delle buone notizie che gli giungevano dal Vescovo di Mondovì.

Mons. Ghilardi scriveva a D. Celestino Durando il 16 giugno: -Godo che il carissimo D. Bosco sia stato contento di quanto di qui gli si scrisse. Ieri sera venne da me il Padre Modena ed abbiamo fatto lunga conferenza a suo vantaggio. Ora leggerà gli Schiarimenti e poi ne faremo un'altra. Vorrei che la consaputa prefazione D. Bosco la mandasse a me mentre sono a Roma, ma scritta con miglior carattere. Con tante cose al medesimo, sono in Gesù, Maria e Giuseppe ecc. ”

Qualche giorno dopo, scrivendo allo stesso per affari di tipografia, soggiungeva: - “ Dite al carissimo D. Bosco che ho rimesso al Padre Modena la nota e che presto gli scriverò ecc. ”.

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