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Capitolo 70

Don Bosco si offre di ricoverare due fanciulli rimasti orfani a Costantinopoli per uno spaventoso incendio di varii quartieri - Il Missionario D. Daniele Comboni domanda a Don Bosco alcuni sacerdoti Salesiani per i suoi Istituti in Egitto e per le Missioni della Nigrizia - Il Concilio Ecumenico proclama e il Papa definisce dogma di fede l'Infallibilità Pontificia - Rabbia de' governi settarii - Napoleone dichiara la guerra al Re di Prussia - Vescovi della Cina nell'Oratorio - Una lettera di Don Bosco a Don Pestarino - Don Bosco a S. Ignazio - Il Convitto Ecclesiastico è traslocato da S. Francesco d'Assisi alla Consolata - La contessa Callori manifesta, a Don Bosco i suoi dubbi sul trasloco del Collegio di Mirabello - Don Bosco le risponde: si farà la novena chiesta per la guarigione di un infermo: confidenza in Dio: si terrà conto de' suoi riflessi nel trasloco di Mirabello, ma è un affare che merita considerazione pei vantaggi che apporterebbe: si preghi: si lavori per la Chiesa di S. Giovanni - Don Bosco annunzia al Direttore di Mirabello il giorno nel quale si farà l'istrumento di Borgo S. Martino - Don Bosco risponde alla Contessa Callori: la ringrazia delle sue preghiere fatte per lui nel Santuario d'Oropa, le augura sanità e vita pel gran bene che ancor deve fare: le annunzia che fra pochi giorni si deciderà il contratto di Borgo S. Martino - Altra sua alla Callori: le fa animo a vivere allegramente: le predice lunga vita: le annunzia che venne firmato il contratto di Borgo S. Martino - Predizione avverata - Don Bosco scrive al Provveditore agli studi chiedendo licenza di aprire il Collegio di Alassio e presentando il nome dei maestri destinati all'insegnamento - Manda al Segretario della Congregazione dei Vescovi e Regolari la supplica al Santo Padre per essere autorizzato ad aprire la casa di Alassio - Risposta favorevole - Supplica al Ministro delle Finanze per la riduzione della tassa sul macinato, che non è esaudita.


Capitolo 70

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 La Divina Provvidenza, a quando a quando, con nuovi bagliori rischiarava sempre più lontani i confini del campo immenso da Lei destinato alla missione di Don Bosco. Abbiamo già notato come nel 1858 il suo nome fosse conosciuto e stimato a Costantinopoli. E il suo sguardo si volgeva ai lontani suoi figli futuri nell'impero dei Turchi. Un spaventoso incendio aveva distrutto a Costantinopoli varii quartieri e l'Unità Cattolica aveva aperta una sottoscrizione col titolo: I Torinesi e gli incendiati di Costantinopoli, e nel primo elenco (domenica 24 luglio) si leggeva: “ Il benemerito D. Giovanni Bosco offerse due posti gratuiti a vita per due giovani Costantinopolitani presso il suo istituto, senza distinzione di religione ”.

Era una nova fiammata di carità ben accetta a Dio. Passarono anni e i Salesiani ebbero ospizii, scuole, oratorii a Costantinopoli, a Smirne, a Nazareth, a Beithgemal, a Betlemme, e Cremisan, a Giaffa e a Gerusalemme.

La voce di un apostolo lo invitava in Africa per la seconda volta.

 

 

Mio carissimo e vener.mo Don Giovanni,

 

Comprendendo a fondo il suo cuore e le sue sante intenzioni, senza altro preambolo, vengo a farle una domanda che richiede una risposta il più presto che si può.

Sarebbe ella disposta a mettere insieme due o tre giovani sacerdoti de' suoi, con quattro o cinque de' suoi probatissimi artigiani e catechisti da mettere a mia disposizione, perchè io li possa condurre in Cairo d'Egitto nel mio istituto maschile, ove c'è casa e chiesa comodissima, preparata? Questi farebbero parte del mio istituto, sotto la mia giurisdizione, a cui penserei tutto io per viaggio, vitto, vestito, istruzione di lingua e tutto: ma al tempo stesso darei loro una conveniente autonomia, in modo che col tempo, aiutati ed accresciuti da altri di Cairo, li condurrebbe al punto di potere a suo tempo dirigere una missione speciale nella Nigrizia Centrale, da affidarsi esclusivamente all'Istituto Bosco di Torino. Capisce? Vorrei che il suo santo Istituto, con una parte dei mezzi che Dio mi ha dato, si innestasse a poco a poco nell'Africa Centrale. Ma siccome, da solo, subito troverebbe ostacoli da parte del vasto Ordine che ha la giurisdizione dell'Egitto, è necessario che subito comparisca come facente parte del mio, che è già innestato nell'Egitto, ed al quale sarà fra poco affidata una grande missione nell'Africa Centrale.

Se ella pel settembre prossimo potesse mettere a mia disposizione questi due o tre preti, e meglio anche più, coi rispettivi laici, mi scriva subito, che io col Vescovo di Verona (che è un vero angelo per l'Africa) tratteremo ed ultimeremo le trattative necessarie qui a Roma. A tutto pensiamo noi: ella pensi a preparare i soggetti indicati che io verrò a levarli da Torino e condurli in Egitto a pochi passi, ove la Sacra Famiglia dimorò esule per sette anni nella terra dei Faraoni.

Aspetto una risposta la quale se è, come spero, affermativa, coll'autorizzazione del Vescovo di Verona faremo le scritture necessarie, e nel nome di Dio daremo principio all'opera concepita.

I miei tre istituti d'Egitto vanno benissimo: sono 55 i membri; moltissime le anime cavate dal Paganesimo e ridotte all'ovile di Cristo.

Nei SS. Cuori di Ges√π e di Maria, passo a rassegnarmi con tutto l'affetto,

 

Roma, 3 luglio 1870.

Sito Um.mo ed aff.mo amico

D. DANIELE COMBONI.

 

S. P. - Spero avrà ricevuto il mio Postulatum al Concilio pro. Nigris Africae Centralis.

 

Don Comboni era già stato all'Oratorio entusiasmando i giovani colle sue descrizioni. Don Bosco gli fece rispondere che per ora non poteva mandare dei suoi preti, ma che si accetterebbero colle più favorevoli condizioni quei giovani Africani che ci fossero da lui raccomandati.

Così aveva fatto con Mons. Lavigerie. Poi, a poco a poco, si videro avverarsi le promesse della Madonna, e i Salesiani incominciarono ad avere Ospizi, Collegi, Scuole in Alessandria d'Egitto, a Tunisi, al Capo di Buona Speranza, al Congo e a Monzambico. Ma queste nel luglio del 1870 non erano che speranze.

Don Bosco intanto vedeva compiuto un suo voto.

Il 18 luglio aveva luogo la IVª Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano. Il Papa presiedeva l'augusta assemblea. I Vescovi presenti erano 535, e 533 diedero il suffragio alla definizione dommatica dell'infallibilità; due soli, un americano ed un italiano, votarono contro di essa. Quindi Pio IX confermò e sottoscrisse il canone conciliare. Un'acclamazione vivissima dei Padri del Concilio scoppiò immantinente per la grande aula e si fece generale nella folla che accalcavasi entro la Basilica. Dai Padri e da un popolo incalcolabile fu cantato il Te Deum.

Così l'augusta Assemblea, dopo aver tenuto circa 100 Congregazioni generali, aveva potuto lavorare indisturbata e condurre a termine mirabili cose, quali la Costituzione dottrinale De ride e l'altra De Ecclesia Christi, col capitolo tanto contrastato dell'infallibilità del Papa. Il Concilio non era stato radunato invano. Ormai, con sicura tranquillità, poteva prorogarsi in attesa di tempi migliori.

E si avveravano - a noi sembra - anche altre parole della visione di Don Bosco: “ Le Potenze del secolo vomiteranno fuoco e vorrebbero che le Parole fossero soffocate nella gola ai custodi della mia legge, ciò non sarà. Faranno male, male a se stessi ”. Infatti, proclamato il dogma, l'Austria ben presto dichiarava l'abolizione del Concordato con la Santa Sede; la Baviera confortava il Dollinger nel bandire lo scisma de' Vecchi Cattolici; l'Italia ordinava ai magistrati di esercitare vigilanza sui Vescovi e i parroci e d'infliggere carcere e multe a chi, pubblicando la costituzione dommatica sull'infallibilità pontificia, venisse ad offendere le istituzioni nazionali; la Francia ritirava il suo presidio da Civitavecchia, la Prussia autorizzava Vittorio Emanuele ad entrare in Roma.

Questi avvenimenti parvero dar ragione a quelli che avversavano l'opportunità della definizione, perchè fra gli argomenti loro eravi il timore che le potenze europee se ne sarebbero adombrate. Ma questa non era una ragione sufficiente per tacere la verità. Iddio, al sorgere di tempi nuovi, ove la libertà del pensiero avrebbe teso insidie anche nelle menti dei sacerdoti, aveva voluto siffatta definizione; d'altra parte i fatti che succedettero mostrarono che in qualunque caso la guerra accanita contro la divina istituzione della Chiesa non avrebbe cessato d'imperversare.

Ed è a notarsi un fatto provvidenziale. Il 18 luglio 1870 era avvenuta la solenne definizione, e il giorno dopo, 19 luglio, Napoleone III indiceva la guerra al Re di Prussia. Fino a quel punto la mano di Dio aveva tenuta indietro la spaventosa procella, e, compiuto il suo decreto, permetteva che si scatenasse.

Tutti i Vescovi, anche quelli dell'opposizione, e quelli che non erano pi√π in Roma, avevano riposto Credo! alla voce del Papa e ritornavano alle loro sedi. Alcuni passarono all'Oratorio.

Testificò il nostro D. Francesco Dalmazzo: “ Fra gli altri vidi due Vescovi Cinesi venuti al Concilio Vaticano, che si partirono appositamente da Roma per vedere Don Bosco, mossi dalla fama della sua santità, e per esporgli il grande bisogno che avevano di Missionarii in que' paesi ”.

Uno era Mons. Luigi Moccagatta di Castellazzo d'Alessandria, francescano, Vescovo titolare e Vicario Ap. in China. Da trent'anni missionario in quelle regioni, con eroico coraggio aveva sopportato povertà, umiliazioni, disprezzi, delusioni, incessanti minacce, persecuzioni furiose, fino a credersi fortunato di poter conseguire la palma del martirio, e gli altri ostacoli che sempre suscita il demonio contro i predicatori della fede cattolica. Con lui era Mons. Eligio Cosi, suo coadiutore e poi vescovo e Vicario Apostolico, egli pure francescano, minore osservante.

Era cosa già abituale il vedere venerandi Vescovi ed Arcivescovi, non solo del Piemonte ma di lontane regioni, che, recatisi ad limina a visitare il Papa, venivano a Torino pel solo fine di parlare con Don Bosco, e trattare del miglior modo di riparare ai mali dei tempi. E molti eran visti anche inginocchiarsi innanzi a Don Bosco e domandargli la benedizione.

Egli nello stesso mese di luglio scriveva a Don Pestarino.

 

 

Torino, 10 - 7 - 70.

 

Carissimo Sig. D. Pestarino,

 

Al giorno 20, 21, 22 di questo mese vi sono le quarant'ore nella chiesa di Maria Ausiliatrice e se Ella può venire in questa occasione mi farà assai piacere ed avremo tempo di poterci parlare dei nostri affari.

Anzi, se può, la prego di fare un passo dal sig. Rettore di Casalegio ed invitarlo a tenerle compagnia. Egli farà nella chiesa quelle funzioni che sono compatibili colla sua età, e, se non fosse altro, direbbe la santa messa all'altare di Maria Ausiliatrice. I nostri giovani farebbero la loro comunione secondo la pia di lui intenzione. Potrebbe venire al 18 e passare con noi la settimana e trovarsi sabato in parrocchia se lo desidera. Così avrei un po' di tempo a comunicargli alcune cose che non conviene affidare alla carta.

Dunque li attendo ambidue. Buon viaggio e Dio ci benedica

aff mo

Sac. Giovanni Bosco.

 

In que' giorni, dopo tante emozioni provate quest'anno, e quelle, da lui prevedute, che gli riserbavano i mesi seguenti, Don Bosco saliva al Santuario di S. Ignazio per gli esercizii spirituali. Li presiedè il Teol. Felice Golzio, suo confessore, che essendo rettore del Convitto Ecclesiastico a S. Francesco d'Assisi, doveva traslocarsi presso il Santuario della Consolata insieme col Convitto stesso, nel convento dal quale si erano ritirati i Francescani. Restava a provvedere stabilmente all'ufficiatura della Chiesa di S. Francesco d'Assisi e nel 1871 da Mons. Gastaldi fu alloggiato in una parte dell'antico chiostro, ove era stato il Convitto, un piccolo numero di Oblati di Maria, che dopo la soppressione s'erano raccolti a vita privata.

Tornato da S. Ignazio, il Venerabile continuava nel mese di luglio ad occuparsi de' suoi Collegi. La Contessa Callori, che aveva donate molte migliaia di lire per la costruzione del piccolo Seminario di Mirabello, manifestava a Don Bosco i suoi dubbi sul vantaggio del trasloco di quel Collegio a Borgo S. Martino.

Don Bosco le rispondeva:

 

 

Torino, 13 luglio 1870.

 

Benemerita Signora Contessa,

 

Risponderò una cosa per volta per non fare confusione.

1° Mi rincresce molto che sia cotanto cagionevole la sanità del sig. D. Carlo Salerio, di cui Ella mi parlò tante volte lodevolmente. Intanto, pieni di fede, mettiamoci sotto alla protezione di Maria Ausiliatrice. Cominciando dal prossimo venerdì faremo la novena con apposite preghiere; ogni mattino Messa, Rosario, Comunioni, e preghiere. Di costà dicano tre Pater Ave e Gloria con tre Salve Regina e poi fede, ma quella fede che porta li monti nelle pianure e le pianure sopra le montagne. Se Dio nella sua infinita misericordia concede la grazia, si farà fare una canna del nuovo organo a sue spese.

2° Godo che la buona damigella Vittoria sia meglio nella sua sanità. Io fo ogni giorno un memento per Lei nella Santa Messa e spero che Dio non vorrà chiuderci le orecchie questa volta. Sono tante le voci che per Lei e per la signora Vittoria clamano a Dio:

 

Deh! dal cielo i tuoi figli rimira,

Col prezioso tuo sangue redenti!

Il sospiro dei figli gementi

Quando mai a te invano salì?

 

3° Ho mandata la memoria a Mirabello pel giovanetto Franchi. Vedremo le intelligenze prese; ma credo siano queste: A Mirabello si aggiusti, quando venga a Torino pagherà fr. 200 per una sola volta. Le farò altra volta parola.

4° A proposito di Mirabello, tenendo conto dei suoi riflessi, non fu ancora fatto il contratto di Borgo S. Martino. Tuttavia merita considerazione. Siamo nelle angustie di locale. Se intraprendiamo la seconda parte, passiamo di molto i centomila franchi, e poi lontani dalla ferrovia, senza un palmo di terreno pei professi.

Il locale in questione basterebbe senz'altra costruzione. Fr. 114 mila è la spesa, ma vi è un valore di fr. 25 mila tra piante e bosco ceduo; si può vendere un terreno del valore di diecimila franchi e rimane ancora uno spazio di otto giornate di terreno.

Ad ogni modo, ora facciamo una novena a Maria Ausiliatrice, di poi D. Bonetti verrà a Torino e vedremo ciò che sia da risolversi per la maggior gloria di Dio. Dica un' “ Ave Maria ” ad hoc.

5° Qui le ripeto che non intendo di invitarla a concorrere. Qui studieremo di fare da noi mercè alcuna vendita. Il suo potente aiuto è riserbato per la Chiesa presso il tempio dei Protestanti. I lavori sono già cominciati. Di questo anno si farà poco. Pel 71, 72, Ella mi aiuterà in quella misura che potrà e come Dio la inspirerà.

6° La Storia Ecclesiastica è a Roma nelle mani di Mons. Gastaldi, che aggiusta quanto riguarda l'infallibilità del Romano Pontefice, ma non vuole mandarmela, se non fatta la prossima futura sessione conciliare.

Abbiamo avuto un gran caldo; ma grazie a Dio niun ammalato. Ora ha piovuto abbondantemente e mi fu assicurato lo stesso a Vignale e a Montemagno.

Per ora basti. Verbalmente poi molte cose. Dio benedica Lei, ma con una benedizione che le dia sanità stabile, con lunghi anni di vita felice e il paradiso in fine. Lo stesso alla Signora Vittoria, a tutta la famiglia, al sig. D. Salerio. Amen.

Preghi per me che sono in G. C.

Obbl.mo servitore

figlio poco obbediente

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

Sempre caro, sempre delicato, e insieme sempre attento e previdente il nostro amatissimo Padre!

Dopo qualche giorno scriveva a Don Bonetti:

 

 

Torino, 24 - 7 - 70.

 

Carissimo Don Bonetti,

 

La giornata per l'istrumento della casa di Borgo S. Martino sarebbe sabato 30 corrente.

Tu adunque preparami un diecimila franchi, ed anche di più se puoi, e portàmeli su giovedì o venerdì. Se puoi, ti fermerai fino dopo l'atto notarile: se poi, essendo sabato, non puoi fermarti, ti lascierò partire. È però bene non dare pubblicità, finchè l'atto non sia compiuto.

Coraggio, allegro, saluta Don Cerruti cogli altri nostri figli, sopra cui piovano copiose le celesti benedizioni. Amen.

Aff.mo

Sac. Giovanni Bosco.

 

 

 

La Contessa Callori gli rispondeva dopo una visita al Santuario di Oropa, e Don Bosco cercava con altra lettera delicatissima di sollevare il suo spirito abbatutto.

 

 

Benemerita Sig. Contessa,

 

Grazie, signora Contessa, che si ricordò di me e delle nostre cose ai piè di Maria SS. d'Oropa. Spero che le sue preghiere saranno state accolte dalla grande Regina del cielo. Fiat.

Per riguardo all'affare di cui accenna, io camminerò adagio e colla dovuta prudenza, anzi se scorgerò la convenienza, non ne farò parola nemmeno colla persona interessata.

Signora Contessa, nella sua breve dimora in Torino ho osservato in Lei un misto di rassegnazione, di sanità cagionevole, di pensieri e desideri del paradiso. Io desidero che Ella abbia sanità, e che rimanga nel mondo pel bene della sua famiglia e, veda l'egoismo, mi aiuti a compiere una serie di opere che serviranno a guadagnare molte anime al Signore. Fra le molte dimande di aprire case altrove àvvene una per l'Algeria, l'altra pel Gran Cairo, la terza per la California. L'ultima sarà forse preferita a tutte le altre.

Intanto Ella si unisca con noi con un Pater Ave, Gloria al SS. Sacramento, e con una Salve Regina fino alla Natività di Maria.

Io farò in modo che ogni giorno si facciano sei comunioni e si celebri la santa Messa fino a quell'epoca, collo scopo di ottenere dal Signore la perfetta di Lei sanità.

Sabato si deciderà del contratto di Borgo S. Martino. In casa si prega; disponga Dio che si conchiuda ciò che egli vede meglio per la sua gloria.

La prego di fare i miei umili ossequi al sig. Conte di Lei marito e a tutta la sua famiglia. Dio li benedica tutti, e preghino per la povera anima mia, mentre sono con vera gratitudine di V. S. B.

 

Torino, 27 luglio 1870,

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

La contessa tornò a scrivere dicendo che in que' giorni si trovava depressa di forze, infermiccia e in preda a idee melanconiche e tristi. E Don Bosco si affrettava a consolarla, sgombrando con una promessa perentoria il suo animo da ogni disturbo.

 

 

Benemerita Sig. Contessa,

 

Stia tranquilla. Don Cagliero non ha alcun lavoro funebre per lo scopo indicato da Lei.

Tanti anni addietro Ella mi scriveva, di poi mi diceva quasi le stesse cose: e io a rispondere che la Madonna voleva essere aiutata da Lei per condurre a termine una chiesa in onore di Maria Ausiliatrice. La chiesa c'è, Ella prese parte alle funzioni fatte in essa. Ora le dico: Dio vuole che Ella aiuti a fare la Chiesa, le scuole e l'ospizio di Porta Nuova o meglio del viale del Re. La chiesa si farà, Ella vedrà edificarla, consacrarla e vi passeggerà attorno quando sia finita. Capisce?

Dunque non pensi ad altro che a vivere allegramente nel Signore.

Avrei ancora molte cose da discorrere; le tratteremo a Vignale.

Sabato fu conchiuso il contratto di Borgo S. Martino dopo molte modificazioni in nostro favore. Ciò che prevalse ad ogni riflesso contrario fu la venuta e la presenza di D. Bonetti che diceva i suoi allievi da 180 ridotti a 115 per malattia; e questi spaventati per timore di cader malati; si è fatto tutto per promuovere la maggior gloria di Dio. Nel prossimo ottobre vi andremo dentro, si Dominus dederit.

Il Signore Iddio, ricchissimo in bontà e misericordia, conceda a Lei, alla sua famiglia tutta sanità stabile e il dono della perseveranza nel bene. Amen,

Preghi per la povera anima mia e mi creda nel Signore,

 

Torino, 3 agosto 1870,

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

La buona Contessa fu assai consolata da questa lettera e dalla predizione, nella quale riposò con piena fiducia. Ella infatti moriva in età di 85 anni, quarantun anno dopo la promessa di Don Bosco e ventinove dopo la consacrazione della Chiesa di San Giovanni Evangelista, cioè nel 1911.

Don Bosco intanto, conchiuso l'affare di Borgo S. Martino, aveva stabiliti anche i primi insegnanti pel Collegio di Alassio. Così scriveva al Regio Provveditore agli studi in Genova.

 

 

Ill.mo Sig. Provveditore,

 

Nel desiderio di promuovere la scienza dei corsi elementari e ginnasiali a favore della studiosa gioventù, il sottoscritto conveniva col Municipio di Alassio di aprire un collegio convitto in quella medesima città.

La Deputazione Provinciale ed il Consiglio Scolastico davano la loro approvazione al progetto, ed ora si fa ricorso a V. S. Ill.ma per ottenere il permesso di effettuare l'apertura del convitto e dare l'approvazione al personale insegnante.

L'insegnamento e la disciplina sono in conformità di quanto è prescritto dai programmi e dalle leggi governative con quelle modificazioni che l'autorità scolastica fosse per comunicare. Il convitto sarà governato sulle norme stabilite nel programma, di cui si unisce copia.

Per quest'anno vi sarà soltanto la 1ª Ginnasiale e la domanda si fa in questo senso. Qualora vi fossero allievi per altre classi, se ne darà tosto comunicazione a V. S. Ill.ma colla nota degli insegnanti da proporsi rispettivamente: per ora il personale sarebbe come segue:

 

 

Per le classi elementari.

 

Alle classi elementari sono i soliti maestri comunali, di cui, occorrendo mutazioni, se ne darà tosto comunicazione all'autorità competente.

 

 

Ginnasio.

 

1ª Ginnasiale: Can. Airaldi, che era già professore di grammatica latina, finchè vi fu il ginnasio in Alassio, di poi continuò nella stessa città in qualità di professore del corso tecnico.

Direttore: Il Sacerdote Francesco Cerruti, Dottore in Lettere.

Economo: Sac. Francesco Bodratto, maestro normale superiore.

Occorrendo documenti o schiarimenti, saranno prontamente inviati a semplice richiesta di V. S. Ill.ma.

 

Torino, 26 luglio 1870,

Umile esponente

Sac. Giovanni Bosco.

 

 

A completare le pratiche per l'apertura del nuovo collegio Don Bosco aveva già scritto anche al Papa, in data 14 luglio, per averne la debita licenza. Questa lettera non giunse a destinazione.

Dovette rinnovarla: e questa volta scriveva a Roma a Monsignor Stanislao Svegliati, Segretario della Congregazione dei Vescovi e Regolari.

 

 

Torino, 29 - 8 - 70.

 

Eccellenza Rev.ma,

 

Non posso scriver notizie di attualità perchè alla posta per lo più sono intercettate e per via privata possono compromettere chi le porta. Il Marchese Vitelleschi, che si compiace di portar questo piego, è informato d'ogni cosa e potrà dirle tutto quello che la potesse interessare.

Rinnovo che Torino è la città pacifica per eccellenza. Ella, facendo un giro, venga a far capo da noi: la salubrità di queste colline le faranno sollievo. La nostra musica, la nostra ricreazione, i nostri giovani le saranno divertimento non discaro. Chi sa che non ci procuri questo favore?

Le mando qui una dimanda per una nuova casa colla commendatizia dell'Ordinario del luogo, ove trovasi la città di Alassio e la raccomando alla nota bontà sua.

Al giorno d'oggi abbiamo quaranta domande di Municipii, che vorrebbero apertura di scuole sotto la direzione libera della nostra Congregazione. Veda che ritorno alle idee antiche!

Che il Signore, ricco in benedizioni, conceda a Lei sanità stabile con lunghi anni di vita felice, e mi creda colla più profonda gratitudine.

Di V. E. Rev.ma

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

La supplica era eguale a quella fatta per l'apertura della Casa di Cherasco.

 

 

Beatissime Pater,

 

Joannes Bosco, Superior Generalis Piae Societatis a S. Francisco Salesio dictae, Beatitudinis tuae ad pedes provolutus, humillime exponit Divina Providentia factum esse, ut in urbe vulgo Alassio nuncupata, Dioeceseos Albinganensis in Littore Ligure, collegium convictusque adolescentulorum studio deditorum, eiusdemque administratio, eidem demandata essent. Omnia quae hucusque facta sunt, semper de Ordinarii consilio et consensu peracta sunt. At decreto approbationis et laudationis Salesianae Societatis, inter alias haec animadversio adnectabatur: “ Pro fundatione novarum domorum, et pro suscipienda in posterum ab Ordinariis directione Seminariorum, recurrendum erit in singulis casibus ad Sanctam Sedem ”. Licet vero stricte loquendo haec potius temporaria administratio, quam novae domus fundatio sit appellanda, tamen ad dubia eliminanda et ad debitum Sanctae Sedis obsequium praestandum, facultates quae ad majorem Dei gloriam promovendam necessaria consentur, a Beatitudine Tua humili precatione expostulantur.

 

Datum Taurini, die 20 augusti 1870,

Sac. JOANNES Bosco.

 

 

Il Segretario della S. C. dei VV. e RR. rispondeva:

 

 

Rev.mo Sig. Don Bosco,

 

Ricevetti per mezzo del Signor Marchese Vitelleschi il piego che ella mi dirigeva contenente la preghiera al S. Padre per aprire una nuova casa o collegio nella Diocesi di Albenga. Riferita la cosa a Sua Santità, si degnò approvarla e benedirla, ordinandomi di darne a Lei partecipazione, come faccio con la presente.

Il Signore prosperi la nuova casa con tutte le altre dell'Istituto e così V. S. si renderà sempre più benemerita della Chiesa e della Società.

La ringrazio del cortese invito, che mi fa per venire a passare qualche giorno nelle prossime vacanze autunnali in coteste amene colline. L'assicuro che per la mia salute avrebbe giovato moltissimo un cambiamento di aria; ma oltre che non posso di molto allontanarmi d'ordinario da Roma neppure nelle vacanze, in quest'anno poi ragioni speciali, ch'ella può immaginare, maggiormente me lo vietano. Tuttavia le rinnovo le mie sincere azioni di grazie, riservandomi di farlo anche meglio, se avrà occasione di condursi qua.

Intanto aggradisca le nuove proteste della mia distintissima e sincera stima.

Di Lei,

 

Roma, 8 settembre 1870,

Dev.mo Obbl.mo Servo

STANISLAO SVEGLIATI Segr.

 

Altra supplica aveva mandata a Firenze a Quintino Sella, ministro delle Finanze, perchè gli venissero diminuite certe imposte troppo gravose. I fedeli mettevano in mano a Don Bosco la loro beneficenza, e a Don Bosco doleva sacrificarne troppa parte al fisco.

 

 

Eccellenza,

 

Le strettezze in cui versano i giovanetti ricoverati nella casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales spingono il sottoscritto a ricorrere alla carità di V. E. Il loro numero, che tra tutti gli stabilimenti monta ai 1200, la diminuzione di beneficenza, l'aumento delle imposte, la moltitudine di fanciulli abbandonati, che da tutta Italia domandano ricovero, fanno sperare, se non un condono totale, almeno parziale, della tassa sul macinato, che eccede i dodici mila franchi.

Questa è la supplica che il ricorrente fa a nome di questi poverelli e che spera sarà presa in benevola considerazione in questo caso eccezionale.

Con gratitudine si professa,

Di V. E.,

 

Torino, 15 agosto 1870,

Umile ricorrente

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

 

 

La risposta gli venne comunicata dall'Agente delle imposte a Torino, il 17 settembre:

“ Il Ministero delle finanze ha deliberato doversi respingere il reclamo. Per quanto siano a deplorarsi le poco floride condizioni economiche dell'Oratorio, tuttavia, non essendo in facoltà del potere esecutivo di condonare le imposte stabilite per legge, ed al sussidio costando le non prospere condizioni dell'erario, il prefato Ministero non può accondiscendere alla domanda ”.

 - Non importa, diceva Don Bosco in questi casi: noi abbiamo fatto il nostro dovere, e gli altri hanno conosciuto i nostri bisogni: e questo solo è sempre un bene.

 

 

 

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