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Capitolo 8

Abiure di Valdesi in mano a D. Bosco - Sua disputa cogli eretici: il culto esterno - Assicura i novelli convertiti che li provvederà delle cose necessarie alla vita - Pensa a collocare i figli de' più bisognosi e sua prudente condotta Le infestazioni diaboliche tormentano D. Bosco - Ritorna ad Ivrea per cercar sollievo in quei travaglio - Lo spirito maligno contro D. Bosco e contro i suoi alunni - Effetto delle preghiere - Rimembranza delle sofferenze di questi giorni.


Capitolo 8

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Ripigliamo la cronaca di D. Bonetti: “ Molte sono le famiglie protestanti che in questi giorni vengono alla vera Chiesa. D. Bosco ha frequente corrispondenza con un ministro valdese di nome Wolf, il quale è già cattolico in cuore, sebbene non abbia ancor fatta l'abiura. Questi a quando a quando viene a fargli visita e conduce seco de' suoi correligionarii, che restano convinti di essere nell'errore dalle ragioni di D. Bosco e volentieri abbracciano la Cattolica Religione.

Giovedì 13 febbraio recitando i chierici il testamentino, ossia i dieci versicoli del Nuovo Testamento, trovandosi D. Bosco in mezzo a noi, sopra quelle parole di S. Giovanni: Sed venit hora quando veri adoratores adorabunt Patrem in spiritu et veritate, ci fece notare come i protestanti interpretino malamente tali parole, da esse prendendo argomento per escludere ogni culto esterno. Quindi ci raccontò come cinque ovvero sei giorni fa i protestanti gli avessero dato, in una casa di Torino, un gagliardo assalto. - Io, disse, incominciai a domandar loro se sapevano ciò che volesse dire in spiritu.

” Mi risposero: - Vuol dire che Dio va adorato colla purità e fervore degli atti interni, non colle superstizioni come fanno i cattolici. - E chiamavano mascherate dei cattolici, quanto noi usiamo nel culto esterno.

” - Se si trattasse, io ribattei, di superstizioni e mascherate, andremmo d'accordo. Si tratta però di ben altro! Ma andiamo avanti. Ed in verità che cosa Vuol significare?

” - Vuol dire che bisogna adorare Iddio con cose reali e non vane. - Allora io dissi: - Dunque ammettete cl - le si deve adorare Iddio con cose vere e reali?

” - Sì, questo lo ammettiamo.

” - Ma queste cose vere e reali stanno esse nell'interno, nello spirito?

” Un po' ingarbugliati gli oppositori mi risposero: - Ma se sono cose sensibili, materiali, non possono stare nell'interno.

” - Dunque, replicai, dobbiamo dire che quella parola verità, indichi pure qualche cosa di esterno, che si debba e si possa usare nell'adorazione di Dio. In spiritu et veritale manifesta eziandio un contrapposto di idee e di fatti, fra i riti e le cerimonie giudaiche e i riti del Cristianesimo. Quelle parole vogliono significare che sarebbero cessate tutte le cerimonie, i riti usati nei sacrifizi dell'antica legge, che erano altrettante figure delle cerimonie e dei riti del sacrificio della nuova: e che sarebbero succeduti riti reali, veri, accetti a Dio. Leggete il capo primo, del Vangelo di S. Luca e voi vedrete la celebrazione di un magnifico sacrificio con tutte le cerimonie, con tutti i riti esterni; vedrete l'altare, il turibolo, l'incenso ecc. Era una figura, un'ombra della messa solenne che era la cosa figurata, la realtà, la verità. Leggete il capo primo degli Atti de' santi Apostoli, e troverete che questi coi discepoli si univano a pregare insieme nel cenacolo. Leggete il capo secondo degli stessi Atti, e vedrete che in quel cenacolo si offriva il sacrificio dell'ostia santa e si distribuiva la comunione eucaristica. Leggete le storie autentiche de' primi tre secoli del Cristianesimo e vedrete che i cristiani, seguendo le prescrizioni apostoliche celebravano la santa messa con altari, riti solenni, canti di salmi, fiori, incensi, lampade accese. Se poi volete di più, leggete il capo quarto e i seguenti dell'Apocalisse e vedrete descritta una sacra funzione, con tutte le sue particolarità, sicchè vi pare di vedere un sacrifizio, quale si celebra in una delle nostre chiese. Vedrete l'altare, il turibolo, l'incenso, i candelabri, i lumi, i nappi d'oro pieni di profumi, le corone d'oro ossia mitre in capo ai seniori, le prostrazioni, le cetre, i cantici e il corteggio de' vergini vestiti di bianco: insomma tutto quanto adopera la Chiesa nelle sue cerimonie.

” Come ebbi finito si cercò da que' protestanti il libro del Nuovo Testamento, ma non avevano altra traduzione fuor di quella adulterata dal Diodati. Nondimeno lasciai che esaminassero quel libro eretico, perchè era sicuro che vi avrebbero trovato ancora quanto bastava a persuaderli. Lessero i luoghi citati, e alcuni altri che loro additai, spiegandoli; e poi dissero: - Non avevamo ancora posto mente con attenzione a questi tratti della S. Scrittura.

” Ed io continuai: - Ora ditemi: quale analogia hanno i vostri templi con quello antico di Gerusalemme? Avete voi nel vostro tempio l'altare, avete il turibolo, avete l'incenso, avete i candelabri? Quale analogia vi ètra ciò che fate voi per onorar Dio, con quanto fecero gli apostoli e fanno gli angeli stessi nel cielo? Non pare a voi che noi possiamo imitare i santi e gli angeli del cielo nell'adorare Iddio?

” - Certamente; e noi abbiamo nulla di quanto voi dite.

” Allora uno di essi, che era Pastore Evangelico, concluse: - Questo è un punto degno di considerazione.

” Il dialogo, quella specie di dubitazione del Pastore, recò un grave colpo all'eresia, sicchè i protestanti in questi giorni vengono in bel numero alla verità.

” Fin qui D. Bosco il quale ha per le mani un nuovo lavoro per confutare gli errori dei Valdesi.

” Non contentasi però di sole istruzioni ed opuscoli. Egli invita molte famiglie povere ritornate alla Chiesa Cattolica a venirsi a stanziare vicino all'Oratorio, assicurandole che loro non lascierebbe mancare niente di ciò che è necessario alla vita. Ed è questa una cosa mirabile, perchè innumerevoli e grandi sono le altre spese che deve fare, sia col provvedere a circa 570 alunni, sia coll'erigere nuove fabbriche.

Noi aggiungeremo che di queste famiglie curava eziandio il collocamento de' figliuoli e delle figliuole, quando ne riconosceva il bisogno. In una lettera alla Marchesa Fassati scrive di una fanciulla che, ricoverata momentaneamente presso una persona caritatevole, riusciva a quella di peso e di fastidio.

 

Ill.ma Signora Marchesa,

 

Finora siamo in aspettativa. Da quanto parmi non è un erpete, ma sembra piuttosto scabbia. Faccia adunque quanto può per questa povera ragazza. Se non si può ricevere altrove, la raccomanderemo al Cottolengo e credo sarà ricevuta con facilità.

Oggi non potrei occuparmi di questo affare, eppure di 14 attendono con impazienza di essere esonerati da quel disturbo. Povera ragazza, almeno avesse già ricevuto il battesimo!

Il Signore doni buona giornata a Lei e a tutta la sua famiglia e mi creda

Di V. S. Ill.ma

 

Torino, 22marzo 1862.

 

Obbl.mo Servitore

Sac. Bosco Giovanni.

 

  La prudenza però guidava ogni passo di D. Bosco, il quale in certi casi per ovviare ogni possibile contestazione dei pa­ renti o anche sopruso da parte degli eretici, facevasi sempre stendere in carta l'autorizzazione da coloro che aveano diritto in faccia alle leggi civili.

Per queste perdite il demonio si mostrava talmente indispettito contro D. Bosco, che pi√π non lasciavalo dormire di notte.

“ Fu una vera vessazione diabolica, scrive Mons. Cagliero, incominciata coi primi giorni di febbraio. Noi ci eravamo accorti che la sanità del Servo di Dio andava di giorno in giorno deperendo; e lo vedevamo pallido, sparuto, abbattuto, stanco più del solito, e bisognoso di riposo. Gli si domandò qual fosse la causa di così grande spossatezza e se non si sentisse bene. Allora egli rispose: - Avrei bisogno di dormire! Sono quattro o cinque notti che non chiudo più gli occhi.

” - E dorma, gli dicemmo noi; e di notte lasci ogni lavoro.

” - Oh! non è che io vegli volontariamente, ma vi è chi mi fa vegliare contro voglia.

” - E come va la cosa?

” - Da parecchie notti, rispose, lo spirito folletto si diverte a spese del povero D. Bosco e non lo lascia dormire; e vedete se ha proprio buon tempo. Appena addormentato mi sento un vocione all'orecchio che mi stordisce, ed anche un soffio che mi scuote come una bufera, intanto che mi rovista, disperde le carte e mi disordina i libri. Correggendo a sera tarda il fascicolo delle Letture Cattoliche intitolato La Podestà delle tenebre e tenendolo per ciò sul tavolino, levandomi all'alba, talora lo trovai per terra, e tal'altra era scomparso e doveva cercarlo or di qua or di là per la stanza. È  curiosa questa storia. Sembra che il demonio ami di starsene co' suoi amici, con quelli che scrivono di lui. - A questo punto sorrise e poi continuò: - Sono tre notti che sento spaccar le legna che stanno presso il mio franklin. Stanotte poi essendo spenta la stufa, il fuoco si accese di per sè e una fiamma terribile pareva che volesse incendiare la casa. Altra volta essendomi gettato sul letto e spento il lume incominciava a sonnecchiare, quand'ecco le coperte tirate come da mano misteriosa, muoversi lentamente verso i piedi, lasciando a poco a poco metà della mia persona scoperta. Benchè la sponda del letto alle due estremità fosse alta, pure sulle prime volli credere che quel fenomeno venisse prodotto da causa naturale; quindi preso il lembo della coperta me la tirava addosso; ma non appena avevala aggiustata, di bel nuovo sentiva che essa andava scivolando sulla mia persona. Allora sospettando ciò che poteva essere, accesi il lume, scesi dal letto, visitai minutamente ogni angolo della stanza, ma trovai nessuno e ritornai a coricarmi abbandonandomi alla divina bontà. Finchè il lume era acceso nulla accadeva di straordinario, ma, spento il lume dopo qualche minuto ecco muoversi le coperte. Preso da misterioso ribrezzo riaccendeva la candela e tosto cessava quel fenomeno per ricominciare quando la stanza ritornava al buio. Una volta vidi spegnersi da un potente soffio la lucerna. Talora il capezzale incominciava a dondolare sotto il mio capo, proprio nel momento che stava per pigliare sonno. Io mi faceva il segno della santa Croce e cessava quella molestia. Recitata qualche preghiera di nuovo mi componeva sperando di dormire almeno per qualche minuto; ma appena incominciava ad assopirmi il letto era scosso da una potenza invisibile.  La porta della mia camera gemeva e pareva che cedesse sotto l'urto di un vento impetuoso. Spesso udiva insoliti e spaventevoli rumori sopra la mia camera come di ruote di molti carri correnti. Talora un acutissimo grido improvviso mi faceva trasalire; ed una notte vidi spalancarsi l'uscio della mia camera ed entrare colle fauci aperte un orribile mostro, il quale si avanzava per divorarmi. Fattomi il segno della croce il mostro disparve.

” Fin qui il racconto di D. Bosco, udito con me dai principali superiori dell'Oratorio. Di tutto questo fracasso non si erano accorti coloro che stavano nelle vicine camere. Una notte però D. Savio Angelo, avendo risoluto di vegliare nell'anticamera di D. Bosco, per accertarsi di quel fenomeno, verso la mezzanotte udito all'improvviso un strano fragore, non potè resistere allo spavento che lo incolse, e pieno di orrore fuggi nella propria stanza. Egli era un uomo fra i più coraggiosi e si era dimostrato impavido in molte occasioni, uomo che non temeva ostacoli e nemici, pronto ad affrontare ogni pericolo.

” D. Bosco avrebbe desiderato che qualcheduno vegliasse con lui, ma nessuno ne ebbe il coraggio. Il chierico Bonetti andò una volta col Ch. Ruffino per passare la notte nell'attigua biblioteca; ma dopo pochi minuti dovettero ritirarsi presi da tremito. Perciò dovette rassegnarsi a starsene solo, aspettando ove andasse a finire quella noiosa infestazione ”.

Fin qui Mons. Cagliero. Ma D. Bonetti scrisse, si può dire, i bollettini ufficiali di questa guerra, che durò più mesi interi; e noi riportiamo la sua cronaca.

“ 12 Febbraio. D. Bosco ci raccontò quanto segue: - La notte del 6, o 7 di questo mese, ero appena coricato e già incominciava ad assopirmi, quando mi sento prendere per le spalle e darmi un crollo tale che mi spaventò grandemente: - Ma chi sei? - mi posi a gridare. Accesi tosto il lume e mi vestii, guardai sotto il letto, e in tutti gli angoli della stanza per vedere se vi fosse nascosto qualcuno, causa di quello scherzo; ma nulla trovai. Esaminai l'uscio di mia camera ed era chiuso. Esaminai parimente l'uscio della biblioteca; tutto era chiuso e tranquillo. Ritorni ai pertanto a coricarmi. Ero appena assopito quando mi sento dare un altro crollo che tutto mi sconvolse. Voleva suonare il campanello e chiamare Rossi o Reano: - Ma no, dissi tra me, non voglio disturbare alcuno! - E intanto mi posi a dormire supino; quando mi sento su lo stomaco un peso enorme che mi opprimeva, e quasi m'impediva il respiro. Non potei tenermi dal gridare - Che cosa c'è? - - e diedi ad un tempo un forte pugno: ma nulla toccai. Mi posi sull'altra parte e si rinnovò quell'oppressione. In tale miserando stato passai tutta quella notte. La sera dopo prima di coricarmi, volli dare la benedizione al letto; ma a nulla valse e continuò quel brutto giuoco, che da quattro o cinque notti si rinnova continuamente. Questa notte vedrò un poco! - (Era la sera di mercoledì 12 Febbraio vigilia dell'esercizio della buona morte e all'indomani per la prima volta lucravasi l'indulgenza plenaria concessa dal Beatissimo Padre Pio IX, il 13 gennaio di questo anno 1862 ”.

“ 15 Febbraio. - Questa sera trovandosi alcuni chierici e preti col Cav. Oreglia intorno a D. Bosco dopo cena, tosto lo interrogarono se fosse stato lasciato tranquillo di notte; ed egli raccontò quanto segue: - L'altra sera sono andato in camera e vidi il tavolino da notte ballare e battere: tak, tak, tak, tak. - Oh questa è bella! - dissi fra me, e mi avvicinai e lo interrogai:

E sicchè, che cosa vuoi? - Ed egli continuava: tak, tak, tak, tak. Mi poneva a passeggiare per la camera ed egli taceva; andavagli vicino ed egli ballava e batteva. Vi assicuro che se io avessi udito a raccontare quanto ho veduto o sentito, non avrei certamente creduto. E non ci pare di vedere i fatti delle streghe che ci raccontava la nonna? Se io narrassi mai simili cose ai giovani, guai! Morirebbero di paura.

” Noi lo pregammo di volerci raccontare qualche cosa di più. Sulle prime non voleva saperne di continuare quel discorso, rispondendo: - Quando si ha da raccontare qualche cosa, bisogna vedere se quel racconto sia di gloria di Dio e vantaggioso per la salute delle anime: ora questo mio racconto sarebbe inutile.

” Io (Ch. Bonetti) gli feci osservare: - E chi sa se non sarà pel bene delle anime nostre? - E instando ancora gli altri, egli continuò: - Essendo andato a letto vedeva ora la forma di un orso, ora di una tigre, ora di un lupo, ora di un grosso serpentaccio, ma di un aspetto orribile; li vedeva muoversi per la stanza, arrampicarsi pel letto e stavano lì. Io li lasciava fare un poco e poi esclamava: O bone Jesu! e tosto con un soffio ogni larva spariva. - In questo modo passai la notte ”.

“ 16 Febbraio. - Questa sera alcuni osservarono che Don Bosco da cinque o sei giorni non prendeva più latte nel caffè, al mattino. Argomentarono che in quei giorni avesse digiunato per ottenere dal Signore la liberazione dal tormento notturno che accennammo sopra. Pertanto interrogato D. Bosco se la notte scorsa fosse stato più tranquillo, rispose: - Sì; un poco”

“ 17 Febbraio. - Questa mattina, lunedì, alcuni di noi eravamo intorno a D. Bosco mentre prendeva il caffè, e gli domandammo se nella notte era stato ancora disturbato. Ei disse: - Il tavolino continuò a saltare e fece cadere il cappello del lume. Mi coricai, quand'ecco che sento passarmi sulla fronte come un freddo pennello, che leggermente fosse maneggiato. Allora io mi tirai giù la berretta da notte, ma quella mano misteriosa mi faceva passare il pennello sul naso e sulla bocca molestando le narici, cosicchè non mi lasciò dormire e chiudere occhio per un solo istante. Ciò mi accadde altre volte, anzi invece di una penna, mi sembrò che fosse una coda così puzzolente, che mi svegliava di soprassalto. Stamane mi sentiva oppresso dalla stanchezza.

” La notte seguente fu pure disturbato fino allo spuntar dell'alba. Il capezzale si agitava e sollevavasi tosto chè era per addormentarsi ”.

“ 22 Febbraio. - Il Cav. Oreglia gli domandò se essendo angustiato in quel modo dal maligno non avesse paura. Egli rispose: - Ribrezzo sì; paura no. - Siccome non ho timore di tutti gli angioli del cielo, essendo io, come spero, amico di Dio, così non ne ho di tutti i demoni dell'inferno, essendo io nemico di tali nemici di Dio, che saprà difendermi. Faccia pure quel che vuole Satana; ora è il suo tempo; ma verrà pure anche il mio”.

“ 23 Febbraio. - Oggi Domenica, D. Bosco, trovandosi moltissimo stanco, fu costretto a porsi a letto, cosa per lui più che insolita. Non era ancora un quarto d'ora che vi si era messo che andò il Cav. Oreglia a chiamarlo, perchè andasse a vedere in una vicina abitazione un ammalato che lo chiedeva. Si alzò all'istante, andò a confessarlo e lo confortò. Giunto a casa si pose di bel nuovo a letto. D. Rua Michele alla sera andatolo a trovare, lo interrogò come stesse: - Mi sento molto, molto stanco, rispose, non posso riposare; sono di continuo disturbato. La notte passata fu una continua alternazione di assopirmi e di svegliarmi. Non appena incominciava a chiudere gli occhi, che sentiva battere un martello sotto al capezzale. Mi sedeva sul letto e tutto cessava: mi adagiava di nuovo, e di nuovo sentiva a battere. Fu un vero tormento. Sospiravo il giorno. Quando io narro alcunchè di queste cose, le espongo ridendo: ma ti assicuro che non rido di cuore, perchè mi danno molto a pensare. L'anno scorso è stato per l'Oratorio un anno eteroclito, straordinario; ma questo lo è ancora di più.

” - Ma se è cosi esorcizzi questo malo spirito.

” - Oh, dopo domani andrò a passare alcuni giorni col Vescovo d'Ivrea. Al mio ritorno se questo démone verrà di nuovo a seccarmi col continuo disturbo notturno, saprò io cosa fare; adopererò un mezzo che non usai ancora.

” - Quale sarebbe?

” - Lo interpellerò in nome di Gesù Cristo, lo provocherò a parlare e a dirmi se venga dalla parte di Dio che mi vuole assoggettato a questa prova, o da parte di Lucifero, che intende d'impedire lo svolgimento di quel bene che abbiamo incominciato. Di qui non può sfuggire.

” - E se non volesse parlare?

” - Lo costringerò e dovrà rispondere.

” - Ed ella che cosa gli dirà?

” - Dirò così: Adiuro te: in nomine Jesu Christi, die mihi quis sis et quid vis.

” - Ma lei non conosce ancora il motivo di questi disturbi?

” Ei rispose: - Dubito non volere il demonio che si aprano le scuole cattoliche a Porta Nuova, contrapposte a quelle de' Protestanti.

” - Ma è forse ella sola che le abbia stabilite?

” - Io le ho consigliate, le ho promosse, ho procurato di incominciare le pratiche per l'acquisto del terreno, e mi sono impegnato di cercarne e provvederne il personale e di pagare coloro che vi saranno destinati……Oh no! Il maligno non po­trà impedirle! ”.

“ 26 Febbraio. - D. Bosco ritornò ad Ivrea presso Mons. Moreno, ove era stato pochi giorni prima con suo grande sollievo, per vedere se poteva essere libero da quella infestazione notturna. Ormai era un mese intiero di angosciosa insonnia. Per la prima notte potè riposare con suo mirabile ristoro. Era cessato ogni disturbo.

” Una sera protrasse con Monsignore la conversazione da un'ora all'altra fino al tocco dopo mezzanotte; e andò a riposarsi tranquillo, pensando che il demonio avesse perdute le sue tracce. Ma ecco che spento il lume, il cuscino incomincia a dondolare come a Torino, e poi gli si presenta a piedi del letto un mostro spaventoso in atto di avventarsi sopra di lui. A tale apparizione egli mandò un grido da svegliare tutti quelli che erano nell'Episcopio. Corsero i servi, corse il segretario del Vescovo, il Vicario generale, il Vescovo stesso, temendo che a D. Bosco fosse accaduta qualche disgrazia. Lo trovarono prostrato di forze ma tranquillo. Tutti gli chiedevano ansiosamente che cosa fosse stato. D. Bosco sorridendo rispondeva: È  nulla, è nulla... È  stato un sogno... non si spaventino... ritornino a riposare, vadano a dormire.

” All'indomani però narrava ogni cosa al Vescovo. ”

“ 4 Marzo. - D. Bosco da più giorni reduce da Ivrea è di continuo disturbato. - La notte del 3 al 4 marzo, ci raccontò egli, il demonio mi prese la lettiera, la sollevò in alto, quindi lasciolla cadere sì forte che mi scosse per tutta la vita, sicchè parevami volesse uscire il sangue dal capo. Verso il mattino, dopo avermi disturbato tutta la notte, ora scuotendo gli usci ora le finestre, prese il cartello sopra cui è scritto: Ogni minuto di tempo è un tesoro e diede un colpo sì forte in

terra, che pareva uno sparo di fucile. Levandomi trovai il cartello in mezzo alla camera.

” Noi con ogni istanza lo pregammo che mantenesse la promessa che aveva fatta, di scongiurare il demonio e mandarlo via, tosto che egli fosse ritornato da Ivrea.

” - Se io lo mando via da me, disse, egli si attacca ai giovani.

” Allora il Chierico Provera domandò: - Dunque vuol dire che quando Lei era a Ivrea e fu lasciato libero una notte avrà fatto qualche strage ne' giovani?

” - Sì; fece molto male.

” - Ma, noi proseguimmo, ma almeno lo interroghi che cosa vuole.

” Ed egli: - E chi lo sa, se non lo abbia ancora interrogato !

” Allora noi: - Ci dica, ci dica che cosa gli ha detto; gridammo ad una voce. Egli volse ad altro il discorso e non ci fu più mezzo di trargli altra parola fuori di questa: - Pregate! - ”.

E i giovani pregarono sicchè a poco a poco potè ripigliare le forze perdute. Tuttavia quella lotta collo spirito delle tenebre durò ad intervalli fino al 1864.

Una sera del 1865 D. Bosco narrava ad un gruppo di giovani le terribili notti di questi tempi. Noi stessi eravamo presenti.

 - Oh! io non ho paura del diavolo! interruppe un giovane.

 - Taci ! non dir questo; rispose D. Bosco con voce vibrata che colpi tutti. Tu non sai qual potenza abbia il demonio, se il Signore gli desse licenza di operare.

 - Sì, sì! Se lo vedessi lo prenderei pel collo e avrebbe da fare con me.

 - Ma non dire sciocchezze, caro mio; moriresti dalla paura al primo vederlo.

 - Ma io mi farei il segno della croce.

 - Varrebbe per un solo momento.

 - E lei come faceva a respingerlo?

 - Oh! io l'ho ben trovato il mezzo per farlo fuggire e per un buon pezzo non comparir più.

- E qual è questo mezzo? Il segno della croce certamente. Sì, ma non bastava! Ci Vuol altro! Il segno della croce valeva solo per quel momento.

 - Coll'acqua benedetta?

 - In certi momenti anche l'acqua benedetta non basta.

 - Quale è dunque questo rimedio che ha trovato?

 - L'ho trovato! E di quale efficacia esso fu!... Quindi tac­que e non volle dire altro. Poscia concluse: - Quello che è certo si e che non auguro a nessuno di trovarsi in momenti terribili come mi Son trovato io; e bisogna pregare il Signore che non permetta mai al nostro nemico di farei simili scherzi.

 

 

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