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Capitolo nono. UNA VOLTA IO ERO TUTTO!

"Tutto andò bene in quella cena indimenticabile; ma alla fine successe qualcosa che non sembrava quadrare con i pensieri abituali del giovane ospite. Egli vide che i superiori che attorniavano don Bosco, finita la cena, uno dopo l'altro, dopo un breve saluto a don Bosco, se ne erano andati lasciandolo completamente solo, nella pallida luce della stanza."


Capitolo nono. UNA VOLTA IO ERO TUTTO!

da Don Bosco

del 07 dicembre 2011

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         Ludovico Costa, nato ad Alpignano, Torino, l’11 maggio 1871 e morto a Bollengo, Torino, il 2 febbraio 1944, frequentò il Ginnasio a Lanzo dal 1884 al 1887, ancora in tempo per avere la preziosa fortuna di attingere dal cuore di don Bosco santo, in ripetuti ed intimi contatti, il genuino spirito del Fondatore. E fu questa l'unica gloria che affiorava dalla sua profonda umiltà.

Era al suo ultimo anno di studi, quando i suoi superiori per premiare la sua riuscita eccellente e la buona condotta, lo scelsero per andare a Torino a cenare da don Bosco. Pranzare o cenare con don Bosco era una delle aspirazioni più ambite dai giovani. Anche don Bosco teneva a questa usanza, che risaliva a tempi lontani, perché gli consentiva di conoscere i giovani migliori e di affezionarli alla sua opera.

Tutto andò bene in quella cena indimenticabile; ma alla fine successe qualcosa che non sembrava quadrare con i pensieri abituali del giovane ospite. Egli vide che i superiori che attorniavano don Bosco, finita la cena, uno dopo l'altro, dopo un breve saluto a don Bosco, se ne erano andati lasciandolo completamente solo, nella pallida luce della stanza.

Chi ha pratica di vita salesiana sa che i refettori, sia dopo pranzo che dopo cena, fanno presto a svuotarsi: ci sono i giovani da assistere, attività da seguire e mille altre cose da fare. Ma quella solitudine pesava a don Bosco che, si può dire, fino allora era stato sempre presente in prima persona a tutti gli avvenimenti della casa. Ma ormai si sentiva vecchio e impotente: gli rimanevano pochi mesi di vita ed egli ne era perfettamente consapevole. «Ho poco tempo da vivere - diceva -. I superiori della Congregazione non se ne persuadono, credono che don Bosco debba vivere ancora lungo tempo. A me non rincresce morire: ciò che mi fa pena sono i debiti del Sacro Cuore». Le vere preoccupazioni di don Bosco erano sempre per gli interessi della Congregazione: lo angustiavano specialmente i debiti, che pesavano, in definitiva, ancora sulle sue spalle e che avrebbe voluto veder estinti prima di morire. Ma non ne poteva più.

Il giovane Costa, colpito da quella solitudine, si fece più vicino a don Bosco. Il buon padre lo guardò con affetto, poi gli disse: «Vedi, Ludovico, una volta io ero tutto: tutto dipendeva da me, era un'attività continua. Adesso sono loro che fanno tutto; qualche volta sbagliano e io cerco di aiutarli; ma fanno bene, sono maturi». Le parole del Santo portarono la calma nell'anima del giovane.

Il tramonto di don Bosco - non subito avvertito, come ci riferiva don A. Luchelli, dagli stessi intimi, che pure lo adoravano - ha momenti che commuovono. Questa solitudine ne è una prova; dobbiamo però aggiungere che il catechista degli studenti, don Stefano Trione, anima delicata e sensibile, dopo un breve giro per le camere, risaliva in refettorio, dove don Bosco, nella semioscurità, stava attendendo. Lo prendeva con delicatezza per l'avambraccio e, facendogli da sostegno, lo conduceva in camera. Giunti all'altezza della porta della sua stanza don Bosco faceva per entrare, ma don Trione lo invitavi a fermarsi per respirare qualche attimo l'aria fresca della sera. Don Bosco acconsentiva: appoggiava i gomiti sulla ringhiera, guardava il cielo, fissava a lungo la chiesa di Maria Ausiliatrice e non poteva fare a meno di ricordare tante cose lontane. Don Trione ne approfittava per interrogarlo sui primi tempi, sulla storia dell'Oratorio, sui suoi viaggi e don Bosco narrava volentieri. 

Questi racconti, riferiti fedelmente a don Lemoyne, sono acquisiti alla storia, incorporati come sono, nelle Memorie Biografiche.

Pietro Brocardo

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