Va riconosciuto che i giovani di oggi pagano un contesto generale poco favorevole, ereditato da chi li ha preceduti. Ma proprio per questo, è inspiegabile che non si indignino.
Qualche giorno fa Rai1 ha riproposto in prima serata La meglio gioventù, lo straordinario film del 2003 di Marco Tullio Giordana. È la storia di un gruppo di quattro giovani, la cui vita viene seguita dal 1966 al 2000, di modo che i loro destini individuali si stagliano sullo sfondo dei grandi eventi della storia italiana di quel periodo. E seguendo le vicende di Nicola, Matteo, Carlo e degli altri personaggi balza all'occhio una differenza fondamentale fra quei giovani e i giovani di oggi: i primi credevano di poter cambiare il mondo, i secondi si sono rassegnati a subirlo così com'è.
Immaginiamo le obiezioni. Là eravamo negli anni Sessanta, alla vigilia del '68, delle contestazioni dei Settanta, tempi di fermento, vivacità, energia; qui siamo impaludati nell'apatia del precariato, dell'assenza di futuro, dell'impossibilità della progettazione... Insomma, la congiuntura, il contesto è diverso. Vero, allora la domanda è: perché non fate sentire la voce per dire che il mondo che avete ereditato non vi piace? Il vostro silenzio è assordante. Non c'è lavoro, non viene riconosciuto il valore dello studio, qualcuno vi ha pure consigliato di scappare all'estero, senza raccomandazioni non si va da nessuna parte... Perché allora, per dirla con Stéphane Hessel, non vi indignate? (Tra l'altro, il vostro grido non avrebbe soltanto l'effetto immediato di portare all'attenzione pubblica i vostri diritti negati, ma anche quello di cominciare a scuotere un sistema mefitico: alla società manca una salutare critica da parte vostra).
Ulteriore obiezione: abbiamo visto, magnificamente raccontato proprio in La meglio gioventù, e come hanno documentato le cronache degli anni Sessanta e Settanta, come è andata a finire: terrorismo ed estremismo prima, consumismo ed edonismo poi... D'accordo, ma è proprio La meglio gioventù che indica una strada che non è né violenta né individualistica nel personaggio di Nicola (Lo Cascio). Se proprio indignarsi scendendo in piazza non è più di moda, se non ne avete la forza, se non sapete più come si fa, è possibile cambiare la società dal di dentro, operando riforme attraverso le professioni, le associazioni, i movimenti sociali. Ecco, quanti di voi fanno volontariato, partecipano a un'associazione, si impegnano in un movimento, per dare un'impronta vostra e inedita alla società?
Cari ragazzi, è l'ora di fare sentire la vostra voce e di dare il vostro contributo, di impegnarvi affinché il mondo sia più vostro, rispecchi maggiormente i vostri sogni? Dove sono, i vostri sogni?
Non è forse quello che ha detto papa Francesco qualche giorno fa, quando ha amorevolmente ripreso i giovani pigri («che tristezza») o pessimisti («li mando dallo spichiatra!»). «Quando a me dicono: "Ma, Padre, che brutti tempi, questi... Guarda, non si può fare niente!". Come, non si può fare niente? E spiego che si può fare tanto! Ma quando un giovane mi dice: "Che brutti tempi, questi, Padre, non si può fare niente!", Lo mando dallo psichiatra.. Perché... è vero, non si capisce, non si capisce un giovane, un ragazzo, una ragazza, che non vogliano fare una cosa grande, scommettere su ideali grandi, grandi per il futuro, no? Poi faranno quello che possono, ma la scommessa è per cose grandi e belle».
Allora ragazzi, fate sentire la vostra voce?
Paolo Perazzolo
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