Caso Allam, una conversione incompiuta

Gli insegnamenti di Papa Ratzinger e di Papa Francesco sull'islam non sono novità. Si trovano nel «Catechismo della Chiesa Cattolica» che per il cattolico fedele è la norma prossima della fede. Il Catechismo invita al dialogo perché "il disegno della salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i Musulmani..."

Caso Allam, una conversione incompiuta

 

          Magdi Cristiano Allam abbandona la Chiesa Cattolica con un articolo su «il Giornale» del 25 marzo. È una notizia dolorosa per chi, come me, si considera amico del giornalista convertito dall’islam, con cui ha condiviso diverse iniziative. Purtroppo, però, era una notizia nell’aria da tempo. La conversione dell’amico Magdi Cristiano era in qualche modo ancora incompiuta. Come molti cattolici «adulti», di sinistra o di destra, pensava che – tanto più sulle materie dove si sentiva competente – fosse lui a dovere giudicare il Magistero e non il Magistero a dovere giudicare lui. 

          ll conflitto tra Allam e il Magistero della Chiesa parte dall’islam, ma va molto oltre. Nel suo articolo, accusa la Chiesa di essere arrendevole con l’islam e di non unirsi alle sue proposte radicali di vietare il Corano, come libro che predica l’odio, e di considerare la legge islamica un crimine contro l’umanità. Se la prende con Papa Francesco per il suo cordiale saluto ai musulmani, ma correttamente riconosce che le stesse posizioni sono state proposte dal beato Giovanni Paolo II (1920-2005) e da Benedetto XVI. 

          È del tutto assurdo contrapporre Papa Francesco che saluta i musulmani a un Benedetto XVI presentato come nemico intransigente di ogni dialogo sulla base – paradossalmente – della stessa cattiva interpretazione del discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006 proposta dai fondamentalisti islamici. In quel discorso Papa Ratzinger non chiuse affatto la porta al dialogo con chi, nel mondo islamico, fosse disposto a rinunciare alla violenza. Mostrò che la violenza era diventata una tentazione permanente dell’islam a causa della rottura dell’equilibrio fra fede e ragione e della chiusura del dialogo, inizialmente promettente, tra cultura musulmana e filosofia greca. Ma spiegò anche come una nefasta «de-ellenizzazione», una rinuncia al rapporto con la cultura greca, avesse poi colpito anche l’Europa cristiana. 

          Da ultimo. è nel viaggio in Libano del 14-16 settembre 2012 che Benedetto XVI ha preso le distanze dalle posizioni che considerano il dialogo con i musulmani impossibile e sempre inopportuno. «Fedele all’insegnamento del Concilio Vaticano II – affermava in quell’occasione Papa Ratzinger –, la Chiesa cattolica guarda i musulmani con stima, essi che rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, l’elemosina e il digiuno, che venerano Gesù come profeta senza riconoscerne tuttavia la divinità, e che onorano Maria, la sua madre verginale».

          Rivolgendosi ai ragazzi musulmani – alcuni dei quali venuti, in circostanze drammatiche, dalla Siria – che partecipavano al suo incontro con i giovani, l’attuale Pontefice Emerito così si esprimeva: «Voi siete con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio Oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana». 

          Benedetto XVI in Libano non era affatto buonista o ingenuo. Sapeva – e lo affermava in modo chiaro e coraggioso con le parole dell’esortazione apostolica «Ecclesia in Medio Oriente» – che l’islam ha generato anche «pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e persino di persecuzione». Ma alla fine – come già nel colloquio con Oriana Fallaci (1929-2006), di cui riferì la stessa giornalista – Benedetto XVI si rifiutava d’identificare tutti i musulmani con il fondamentalismo, e anche tutti i musulmani fondamentalisti – le cui idee sono inaccettabili, ma che non sono tutti assassini – con l’ultra-fondamentalismo che organizza il terrorismo e le stragi di cristiani.

          E a Oriana Fallaci poneva un problema: se si rifiuta il dialogo, pure difficilissimo, con l’islam qual è l’alternativa? La guerra atomica contro un miliardo e mezzo di musulmani? In Turchia nel 2006 e in Libano nel 2012 Benedetto XVI ha cercato di proporre un altro cammino, pure stretto: l’islam non è un monolito. Tra quel miliardo e mezzo di musulmani – anzi un miliardo e seicento milioni secondo dati 2013 – ci sono variazioni sul tema quasi infinite, e la pazienza della Chiesa sa che, tra mille difficoltà, qualche interlocutore si può trovare. Ed è partendo da questi interlocutori che si può aprire un dialogo, che non porti a confondere religioni inconciliabili ma ad assicurare una coesistenza pacifica e gli elementari diritti delle minoranze e delle donne in tanti Paesi tormentati. Su questi temi Magdi Allam, come Oriana Fallaci, partiva da tante osservazioni giuste e condivisibili, ma alla fine mancava di quella profondità strategica che fa invece parte della sapienza millenaria della Chiesa.

          Gli insegnamenti di Papa Ratzinger e di Papa Francesco sull’islam non sono novità. Si trovano nel «Catechismo della Chiesa Cattolica» che per il cattolico fedele è, come ci ha ricordato tante volte Benedetto XVI, la norma prossima della fede. Il Catechismo invita al dialogo perché «il disegno della salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i Musulmani, i quali, professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale» (n. 841). Insieme, lo stesso Catechismo fa notare come – accanto ad elementi positivi – nelle religioni non cristiane, islam compreso, siano presenti «limiti ed errori che sfigurano l’immagine di Dio» dovuti anche a «inganni del maligno» (n. 844). Entro questi parametri, c’è ampio spazio per la critica dei «limiti ed errori» dell’islam. Ma non per il rifiuto globale di quanto insegna il Magistero sul dialogo interreligioso.

          Magdi Allam scrive che, non solo sull’islam, «la Chiesa è fisiologicamente relativista. Il suo essere contemporaneamente Magistero universale e Stato secolare, ha fatto sì che la Chiesa da sempre accoglie nel suo seno un’infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto». Qui però c’è un po’ di confusione sulla nozione di relativismo, di cui Allam accusa la Chiesa «da sempre» e non solo come eventuale deviazione progressista recente. La pluralità di comunità, congregazioni, lingue, nazioni – e, in un mondo non formato da angeli, anche d’inevitabili «interessi materiali» – non è relativismo. L’importante è che in diverse lingue e con diversi stili si annunci la stessa dottrina essenziale. 

          Allam ha scoperto anche che «la Chiesa è fisiologicamente globalista fondandosi sulla comunione dei cattolici in tutto il mondo, come emerge chiaramente dal Conclave. Ciò fa sì che la Chiesa assume posizioni ideologicamente contrarie alla Nazione come identità e civiltà da preservare, predicando di fatto il superamento delle frontiere nazionali». È una vecchia accusa di tutti i tentativi di costruire nazional-cattolicesimi, che qui ricorda le pagine meno felici di Charles Maurras (1868-1952). Sì, nella Chiesa non ci sono stranieri, e la Chiesa non fa gli interessi di nessuna nazione. Le frontiere nazionali sono «da sempre» già superate dal Vangelo, e la Chiesa è «cattolica», cioè universale. Nello stesso tempo – secondo un grande insegnamento del beato Giovanni Paolo II – la Chiesa ama e custodisce, in quanto compatibile con la legge naturale, l’identità di tutte le nazioni, tanto più di quelle cui è stata la Chiesa stessa – come avviene quasi sempre in Europa e nelle Americhe – a dare forma e contenuto. Chi vuole opporre la nazione alla Chiesa dovrebbe sempre riflettere sul fatto che in tanti Paesi – compreso il nostro – la nazione senza la Chiesa non esisterebbe.

          Infine, l’accusa più grave. Allam afferma anche che la Chiesa «compromette alla radice il concetto di bene comune» ed è essenzialmente immorale, peggio «fisiologicamente tentata dal male, inteso come violazione della morale pubblica, dal momento che impone dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana, quali il celibato sacerdotale, l’astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l’indissolubilità del matrimonio, in aggiunta alla tentazione del denaro». Qui sembra che la parabola si sia compiuta, e il Magdi Allam difensore della Chiesa e del Papa che ci piaceva si sia trasformato in un anticlericale da Bar Sport. La Chiesa è accusata insieme di cedere al mondo moderno e di non cedergli, invocando la solita abolizione del celibato sacerdotale e il solito rovesciamento della morale cattolica richiesti da tutti i laicisti e da tutti i progressisti. 

          L’errore di Magdi Allam – i cui libri hanno certamente fatto del bene, e per cui in questa Settimana Santa assicuriamo preghiere – è proprio quello del relativismo, di cui accusa la Chiesa. Chi non è relativista accetta l’insegnamento della Chiesa, il Catechismo, il Magistero quando gli piace ed eventualmente anche quando non gli piace, si tratti di fede o di morale, di islam o di rapporti prematrimoniali. Invece sia il progressista sia l’ultra-conservatore stanno con il Catechismo, il Magistero, il Papa solo quando questi «riflettono il consenso del Popolo di Dio» o «rispettano la Tradizione», cioè –  detto in altre parole, e poiché senza Magistero è impossibile identificare dove sia e che cosa sia la Tradizione o quale sia il consenso del Popolo di Dio – solo quando coincidono con le loro soggettive opinioni.           Certo, si potrebbe dire che un luogo, o un libro, dov’è contenuta la Tradizione e che esprime il consenso del Popolo di Dio esiste: è il Catechismo. Peccato però che anche del «Catechismo della Chiesa Cattolica» si finisca poi per dire che va seguito solo quando è conforme alla Tradizione o alla presunta opinione prevalente nel Popolo di Dio, cioè solo quando ci piace. Alla fine, è questo il problema del povero Magdi Allam. Non si può scegliere: o ci si converte a tutta la dottrina cattolica, o non ci si converte affatto. Il Catechismo non è il piatto dei formaggi dove scegliere solo quello che ci piace. Preghiamo per Magdi Allam.

 

 

Massimo Introvigne

 

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