Il titolo è "Opportunità per i Giovani" e consiste in un pacchetto di interventi, "per una crescita intelligente, sostenibile e solidale".
Tra uno sguardo agli indicatori economici e l'altro agli oracoli del rating, mentre preparavano il discorso ufficiale per il ritiro del Nobel, le istituzioni dell'Ue si sono accorte degli europei e in particolare di quelli più disagiati: i giovani, tanto per cambiare. La Commissione ha infatti presentato una nuova iniziativa, ufficializzata con un comunicato stampa del 5 dicembre, per offrire loro opportunità di lavoro, istruzione e formazione, per arginarne la disoccupazione e l'esclusione sociale.
Il titolo è "Opportunità per i Giovani" e consiste in un pacchetto di interventi, avviato già nel dicembre 2011 su impulso di Consiglio e Parlamento, che rientra nel più ampio programma "Gioventù in movimento", parte a sua volta della generale "strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale". Al di là dei nomi, che ricordano gruppi studenteschi politicanti, queste misure mirano ad aumentare il livello d'istruzione e le prospettive professionali dei giovani e a diminuire quello dei disoccupati, in linea con l'obiettivo di raggiungere il 75 percento di occupati entro il 2020.
Veniamo alla misura più sostanziosa (sebbene, nella migliore tradizione della farraginosa burocrazia europea, si limiti a "una proposta di raccomandazione agli Stati membri"): la "Garanzia per la gioventù", che assicura a tutti gli under 25 dell'Unione "un'offerta di lavoro, di studio, di apprendistato o di tirocinio di qualità elevata entro 4 mesi dal termine di un ciclo d'istruzione formale o dall'inizio di un periodo di disoccupazione". I paesi Ue dovranno dunque garantire che i cittadini più giovani ricevano un'offerta di lavoro, di corsi di perfezionamento o formazione, nei quattro mesi successivi al termine degli studi o alla perdita dell'impiego.
Obiettivo che sarà finanziato - questa sì è una novità sostanziale - dalla stessa Commissione tramite ricorso al "Fondo sociale europeo": 1.3 milioni di euro per mettere a punto programmi di apprendistato (alfine di creare 370.000 nuovi apprendistati) e 3 milioni in assistenza tecnica per giovani che avviano un'impresa e imprenditori sociali. In tutto circa 4 milioni di investimenti; gli 8 Stati membri con i tassi di disoccupazione giovanile più elevati stanno già riassegnando, con l'intermediazione dei Gruppi di intervento della Commissione, i fondi strutturali Ue per stimolare l'occupazione, sviluppare piani di lavoro, di istruzione e formazione.
La Commissione si riserva la guida per l'attuazione delle misure e la verifica dei risultati, organizzando incontri bilaterali a Bruxelles e inviando funzionari esperti in loco. Nell'"analisi annuale della crescita" che ha inaugurato il "semestre europeo" 2013, essa ha esortato gli Stati membri a profondere il massimo sforzo contro la disoccupazione e a sostegno dell'accesso al lavoro. Crisi o non crisi, il tema è ormai impellente: sono 5,5 milioni (1 su 5) i giovani europei che non trovano un'occupazione e 7,5 milioni i giovanissimi cosiddetti "Neet". Il costo economico del loro mancato inserimento nel mercato del lavoro è stimato da Eurofound in oltre 150 miliardi di euro annui, pari all'1,2% dell'intero Pil Ue (calcolando i sussidi versati e la perdita di reddito e di entrate fiscali).
Un problema angosciante, di cui il Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, László Andor, ha sottolineato "le conseguenze drammatiche per le nostre economie, le nostre società e soprattutto per i giovani", e nel presentare "Gioventù in movimento", si è augurato che il pacchetto "aiuterà gli Stati membri a sostenere i giovani nella transizione dalla scuola al lavoro. Le conseguenze economiche dell'inerzia sarebbero estremamente gravi".
L'inerzia delle istituzioni e dei governi è appunto l'ostacolo maggiore ad iniziative così ambiziose. Lo dimostrano le virtuose Finlandia e Austria, che hanno già attuato con successo programmi di questo tipo. La copertura finanziaria è garantita e costerebbe al contribuente circa 21 miliardi di euro, che è molto meno di quanto si spenderebbe per soccorrere tutti i giovani disoccupati con sussidi (peraltro avvilendoli).
Il gruppo di lavoro di "Opportunità per i giovani" invita poi ad intraprendere provvedimenti tagliati su misura Stato per Stato; nel caso dell'Italia a:
"sostenere l'istruzione nelle regioni di convergenza trasferendo risorse regionali al programma operativo nazionale "Istruzione" (300 milioni); modificare il programma operativo regionale Sicilia (452 milioni) per lanciare un piano d'azione per la gioventù; estendere il sistema di credito di imposta per incoraggiare le imprese ad assumere giovani e promuovere l'imprenditoria giovanile (100 milioni); promuovere l'apprendistato e sostenere la mobilità dei giovani co-finanziando i programmi europei; sfruttare al meglio i fondi disponibili per migliorare la qualità dei servizi pubblici per l'occupazione, semplificare la transizione dal mondo della scuola/università a quello del lavoro".
Si sommano alle puntuali "Raccomandazioni specifiche per paese" fatte pervenire agli Stati nel luglio scorso dal Consiglio, che nel nostro caso si concentravano sulla necessità di:
"adottare misure per ridurre i tassi di abbandono dell'università e combattere l'abbandono scolastico; adottare in via prioritaria la riforma del mercato del lavoro per affrontare la segmentazione del mercato del lavoro; istituire un sistema integrato per le indennità di disoccupazione".
Ricordo infine, sempre in tema di politiche giovanili, ulteriori meritevoli opportunità, come il "Quadro europeo per la qualità degli apprendistati"; "Il tuo primo lavoro Eures" (5000 giovani mobilitati all'estero o in un altro paese Ue nel 2012); i progetti "Erasmus" e "Leonardo" (130.000 stages in aziende di altri paesi Ue nel 2012); l' "Erasmus per imprenditori" (600 collocamenti in aziende di altri paesi Ue nel 2012); il "Microfinanziamento Progress" per i giovani imprenditori.
L'Europa ha indicato la via e l'ha anche lastricata, adesso spetta ai governi nazionali percorrerla. Almeno in questo campo sembrano compiersi la governance e il coordinamento delle politiche economiche, la collaborazione tra istituzioni, imprese, sindacati, servizi di collocamento a livello europeo, nazionale e locale, la sensibilizzazione e la contaminazione delle idee più efficaci tra Stati membri; ma soprattutto si investe concretamente sugli individui. Per fare quest'Europa (politica), bisogna prima fare gli europei.
Emanuele Giovannetti
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