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Come cambiano le GMG

La fede nasce da un incontro personale con il Signore, e si alimenta continuamente di questo incontro con Lui, che ritroviamo (e si fa ritrovare – verbo al passivo!) nella preghiera, nei Sacramenti, nel servizio e soprattutto nei fratelli...


Come cambiano le GMG

da Quaderni Cannibali

del 05 gennaio 2011

 

          1984: ritrovo a Roma in Piazza S. Pietro. 2011: Madrid accoglie i giovani del mondo. Il volto delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG) è cambiato, e sta cambiando. Perché? Perché cambia il mondo e l’uomo al suo interno. Basti pensare, per fare un esempio, all’avvento di Internet e dei mutamenti soprattutto antropologici che ha portato con sé. A partire da questo punto basilare cambia la vita dei giovani stessi, le gioie e le problematiche che vivono al loro interno. Questi cambiamenti vengono recepiti e assunti dagli stessi messaggi che i vari Pontefici, in questi anni, hanno inviato ai giovani in occasioni delle GMG.

          Nelle parole che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno preparato ad hoc per i giovani del mondo si percepisce un desiderio di accogliere e, per quanto possibile tradurre, le richieste, le attese e le speranze che vivono in essi. Nel messaggio in occasione della GMG di Madrid, un esempio significativo, si evidenzia la consapevolezza del Papa verso la difficoltà del lavoro nel precariato giovanile.

          Scrive Benedetto XVI: “Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande”.

          Giovani che si raccontano

          Prendendo spunto dal testo del Messaggio per la GMG 2011 di Madrid, daremo voce a diverse voci di giovani che hanno compiuto scelte diverse tra loro, ma complementari. Il messaggio del Papa sarà commentato dalla diretta testimonianza di persone che, con la loro vocazione, fanno emergere risvolti esistenziali a partire dal testo della GMG. Come si dice in gergo tecnico “provengono dalla strada” e credo pedagogicamente corretto e saggio nell’ottica formativa proporre questo percorso.

          Un percorso che si può valorizzare in famiglia, a scuola, in parrocchia, nella catechesi, in monastero, ecc.

          “Da soli non andiamo lontano”Stefano Cuccaroni, studente universitario, educatore

          “La fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo.Quando entriamo in rapporto personale con Lui,Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza”(dal Messaggio GMG 2011)

          «La fede nasce da un incontro personale con il Signore, e si alimenta continuamente di questo incontro con Lui, che ritroviamo (e si fa ritrovare – verbo al passivo!) nella preghiera, nei Sacramenti, nel servizio e soprattutto nei fratelli. È la storia personale di ognuno di noi il luogo dell’incontro con Cristo. È nella storia personale di ognuno di noi l’appuntamento con il Signore. E sta a noi non rimandare o evitare quest’incontro (la tentazione laicista dell’autosufficienza da Dio).

          Non è un caso, poi, che Benedetto XVI ci racconti con passione la sua vicenda personale di giovane in ricerca e condivida con sincerità gli stati d’animo, le speranze, “l’anelito per ciò che è realmente grande”, tipici dell’età giovanile. Questi caratteri ci accomunano tutti, giovani di oggi e giovani “un po’ più cresciuti” (e ci aiutano anche a considerare il Santo Padre come uno di noi, e non come un mistico o un predestinato sollevato dai problemi quotidiani e soprattutto dai dubbi e dalle domande di senso).

          Quest’elemento personalissimo (quasi confidenziale) che il Santo Padre ci vuole comunicare, non fa altro che ribadire la “concretezza”di quest’incontro e la “realtà”della fede. Il dono della fortezza è il dono del coraggio, della costanza, della tenacia. Che lo Spirito Santo sia capace di regalare questo dono lo constatiamo dalla forza che gli Apostoli hanno acquistato nel giorno della Pentecoste: lo Spirito Santo li ha resi coraggiosi nel parlare ed entusiasti nel fare (At 4,31). Condizione necessaria per la fortezza è l’“essere radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”.

          Non ci sono altre fondamenta alla base di questa fortezza: radicati, fondati e saldi in Cristo e nella fede. Ci vogliono da parte nostra, però, disponibilità, volontà, coraggio di osare, ma soprattutto coerenza. E sappiamo quanto è facile cadere nella comoda tentazione dell’incoerenza dell’essere cristiani in sagrestia ma non nell’ufficio di lavoro, dell’essere cristiani tra i cristiani e del non esserlo con i non cristiani».

          “Crescere e credere alla pari”Federico e Gessica Rossi, coppia di sposi, catechisti

          “Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua impronta. Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l’uomo!

          Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente,privarsi della pienezza e della gioia: “la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce”

(dal Messaggio GMG 2011)

          «Partiamo da un’ osservazione che il Papa ha riportato a partire dal passo biblico del Messaggio. I tre termini radicati, fondati e saldi dal punto di vista grammaticale sono dei passivi; è Cristo stesso quindi che prende l’iniziativa di radicare, fondare e rendere saldi.Da questa espressione è nata una domanda: ed il nostro compito allora qual è? A noi spetta solo l’Accoglienza di un dono ricevuto. Questo termine così usato ed inflazionato, in realtà esige un lungo cammino di continuo rinnovamento per essere interiorizzato e concretizzato. Credo che per noi giovani spesso sia molto difficile “accogliere” a tutti i livelli (accogliere le nostre radici, accogliere noi stessi, accogliere l’altro ed accogliere Dio).

          Riporteremo quello che è stato un personale percorso di accoglienza che si è snodato in cinque punti fondamentali che troviamo strettamente legati al Messaggio della GMG di Madrid. Prima dell’accoglienza: nel cammino della crescita spirituale crediamo sia fondamentale come primo passo, riconoscersi inseriti all’interno della Chiesa e sentirsi radicati in essa: tale aspetto ci fa comprendere che non siamo soli ma membra attive di un Corpo più grande.

          Il secondo passo è quello dell’inizio dell’accoglienza: come riportavamo precedentemente è il Signore che ci sceglie e noi dobbiamo ringraziarlo continuamente di averci chiamato, non per nostro merito ma in virtù dell’essere suoi figli. La nostra missione è far passare il desiderio di Dio attraverso la nostra vita ordinaria. Questo è il germoglio che spunta quando le radici sono ben salde nel terreno della Madre Chiesa.

          Il terzo punto è l’accoglienza nel dialogo: nel messaggio del Papa viene riportato in più punti il desiderio di relazioni autentiche ma per effettuare questo, dobbiamo accogliere prima di tutto noi stessi. Spesso noi giovani siamo impauriti dal fatto di sbagliare o di sentirci inadeguati in quello che facciamo e ciò ci porta e giocare a “ribasso” ma sentiamo forte dentro di noi la spinta ad andare oltre a fare qualcosa di grande. Da dove ha origine questa tensione? Tale anelito è insito in noi perché siamo fatti ad immagine di Dio e quindi desiderosi di divenire come Lui.

          Accettare se stessi implica quindi accettare questa nostra figliolanza divina. E’ lo stesso Figlio di Dio che entra nella storia per espiare le nostre colpe per portarci ad una nuova e grande possibilità. Egli lo fa pronto ad accettare tutto quello che gli sarebbe capitato senza precauzioni, deviazioni e resistenze. Egli si abbandona al Padre e noi per una piena accettazione di noi stessi abbiamo bisogno di abbandonarci al Figlio che tutto conosce di noi.

          Una volta accolti noi stessi possiamo accogliere l’altro rispettando però il suo libero arbitrio ed a volte anche il suo rifiuto. Un ulteriore passo è quello della grazia dell’accoglienza. Da questo percorso interiore non può che nascere la consapevolezza che per attuare tale itinerario di fede occorrono dei mezzi; quali?

          I Sacramenti, una guida spirituale che ti accompagna e sorregge nei momenti bui della “Croce”, la Parola di Dio che ti permette di vedere l’invisibile, ossia cogliere l’azione di Dio nella storia, di leggere dentro gli avvenimenti quotidiani la presenza autentica del Signore e di parlare ed evangelizzare con l’ardore e l’amore di Cristo.

          L’ultimo punto, riguarda l’accoglienza del gruppo giovani nel quale si fa un cammino. Nella nostra esperienza tale aspetto si è concretizzato in una piccola Comunità Giovanile che inserita nel cammino parrocchiale e diocesano, tenta di vivere lo straordinario nell’ordinario. Crediamo sia di fondamentale importanza il continuo confronto con i pari per la crescita nella fede (non possiamo avere una fede individualista) e per una testimonianza autentica. Affidiamo questo tempo di preparazione alle mani della nostra amata Madre che tutto conosce dei nostri cuori e che, come il Figlio, vuole da noi progetti gradi ed autentici».

          “Noi giovani mandati in una Europa che cambia”Lorenzo Baiocchi, giovane sposo, grafico

          “Cari amici, costruite la vostra casa sulla roccia, come l’uomo che “ha scavato molto profondo”. Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita. Con Lui accanto sarete capaci di affrontare con coraggio e speranza le difficoltà, i problemi, anche le delusioni e le sconfitte. Vi vengono presentate continuamente proposte più facili, ma voi stessi vi accorgete che si rivelano ingannevoli, non vi danno serenità e gioia. Solo la Parola di Dio ci indica la via autentica, solo la fede che ci è stata trasmessa è la luce che illumina il cammino.”

(dal Messaggio GMG 2011)

          «In un momento in cui l'Europa sembra aver dimenticato le proprie radici cristiane, non mi stupisce la scelta di questo tema per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Il messaggio che, per l'occasione, il Papa rivolge a tutti i giovani attualizza le parole dell'apostolo Paolo ai Colossesi e risuona come un appello a custodire il tesoro della fede dalle insidie del nostro tempo. Benedetto XVI ricorda – attingendo anche dal proprio vissuto – che è peculiare dei giovani e della loro età sentirsi sospinti verso qualcosa di grande, e in questa ricerca di pienezza di vita, egli, d'accordo con sant'Agostino, riconosce l'innata tendenza di ogni creatura a risalire verso il proprio Creatore, che è la fonte stessa della vita.

          A questo proposito mi vengono in mente anche le parole di Giovanni Paolo II alla Gmg di Roma del 2000, ai due milioni di giovani radunati a Tor Vergata: «In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso».

          Se dunque alle sorgenti dei più profondi desideri della persona c'è Dio – perché cercare la vita vera, cercare amore, gioia e pace vuol dire cercare Lui – diventando adulti non si può lasciare che questo sentimento svanisca come un sogno. Io ci vedo un avvertimento quasi paterno, nella prima parte di questo messaggio: «crescendo – sembra dire il Papa ai giovani – conoscerete l'appiattimento della routine quotidiana o farete i conti con problemi nuovi, primo fra tutti quello del lavoro, oggi tanto sentito. Ma soprattutto – e qui arriviamo ad una delle questioni che gli stanno più a cuore – vi scontrerete con buona parte della società di oggi, che vorrebbe emarginare Dio dalla vostra vita, negando ogni punto fermo o verità assoluta, spacciando per vere false immagini di Cristo e presentando proposte facili per una vita leggera e disimpegnata».

          Il Papa sente l'urgenza di aiutare i giovani a conservare la fede di fronte alle prove della vita e ad un clima culturale certamente non incoraggiante. Allontanarsi da Dio, in nome di una malintesa libertà, equivale per l'uomo a privarsi della fonte della vita e della gioia, a tagliare le proprie radici! Come resistere allora? Come rimanere saldamente attaccati a Cristo, come un albero ben piantato per terra, una casa dalle solide fondamenta? Il Santo Padre raccomanda di coltivare un rapporto personale con Gesù, conoscendolo dalla fonte sicura dei Vangeli e del Magistero della Chiesa; di attingere forza dalla sua Croce e dall'Eucaristia, che ce lo rende vivo e presente in mezzo a noi, che non l'abbiamo veduto e toccato come l'incredulo Tommaso.

          Ma aggiunge anche un'altra considerazione, che trovo risponda pienamente allo spirito di comunione e di fratellanza universale delle Giornate Mondiali della Gioventù: egli ci ricorda che non siamo credenti isolati, e quindi, per non lasciar raffreddare la nostra fede, dobbiamo continuamente appoggiarci a quella dei nostri cari e della Chiesa intera. Non disse forse qualcosa di molto simile Giovanni Paolo II, sempre in quella notte d'estate a Tor Vergata? Cito testualmente: «Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori… (…). Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!».

          Questo far parte di un'unica grande famiglia di credenti si avverte in modo speciale proprio durante le Giornate Mondiali, che richiamano ragazzi e ragazze da ogni parte del mondo! Posso dirlo perché dieci anni fa, a Roma… io c'ero!».

          In definitiva, anche Benedetto XVI, come il suo predecessore, sembra aver compreso che il futuro della Chiesa è nei giovani: per questo parla loro con il cuore, li chiama tutti a raccolta e li invita al sostegno reciproco. Perché possano diventare adulti anche nella fede e portare frutto in una società che ha tanto bisogno di riscoprire i valori del Vangelo».

Don Giacomo Ruggeri

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