La vera sfida è motivare alla fede. Come fare tutto questo? Non ci sono ricette preconfezionate che vanno bene sempre e per tutti...
del 04 agosto 2017
La vera sfida è motivare alla fede. Come fare tutto questo? Non ci sono ricette preconfezionate che vanno bene sempre e per tutti...
I ragazzi che partecipano a Messa sono sempre di meno. I pochi che si vedono sono spesso distratti. In genere si mettono in fondo alla chiesa, nascosti tra le navate laterali o appoggiati ad una colonna. Il telefono cellulare sempre in mano, sul viso l’aria annoiata di chi spera che quella litania finisca presto.
Non credo di esagerare e non intendo mettere sul banco degli imputati solo i genitori, ma certamente questo stato di cose evidenzia un vuoto educativo. È importante per un genitore cristiano porsi una domanda: come posso educare mio figlio a vivere le proposte liturgiche senza subirle come noiosi e triti formulari rituali?
Talvolta non basta l’impegno e nemmeno la testimonianza. I nostri ragazzi vogliono sentirsi protagonisti, vogliono avere delle motivazioni coinvolgenti. La vera sfida è motivare alla fede. Perciò più che dire: “Vai a messa!”, dovremmo imparare ad utilizzare un linguaggio che permetta loro di sentirsi parte integrante del mistero che si celebra. Non sarebbe sbagliato chiedere ai nostri figli di partecipare a messa. Come fare tutto questo? Non ci sono ricette preconfezionate che vanno bene sempre e per tutti. Ciascun genitore deve confrontarsi con il proprio figlio, che è un essere unico e irripetibile. A volte gli stessi genitori sono chiamati ad usare differenti registri educativi in base al carattere e all’età. Quest’ultima, in particolare, è una componente fondamentale.
Chi ha bimbi piccoli non può permettere al figlio di trasformare la Celebrazione Eucaristica in un parco giochi, dove il bambino può muoversi liberamente tra i banchi. Non può intrattenere il piccolo attraverso giochi multimediali, talvolta, dal contenuto discutibile e decisamente non in linea con i valori che si stanno celebrando.
Reputo un errore non permettere ai figli fin da piccoli, secondo l’età e le possibilità del bambino, di comprendere che la Celebrazione Eucaristica è un evento sacro. È il momento in cui ci si incontra con il Signore e dunque bisogna disporsi al silenzio interiore ed esteriore. Credo che i bambini abbiano una grande capacità di adattamento. Essi assorbono come una spugna le idee che noi adulti trasferiamo anche involontariamente. Ricordo che per insegnare a mia figlia a stare in silenzio durante la Santa Messa, le dissi che tutti erano lì per ascoltare il Signore, e che Lui usava parlare piano, quasi sottovoce. Bisognava fare silenzio, altrimenti nessuno avrebbe potuto ascoltare la voce di Dio. Poi la sfidai: “Prova anche tu ad ascoltare e dopo mi dirai cosa ti ha detto!”. Oggi sorrido quando ci penso, eppure questo espediente riuscì a tenerla calma almeno nei momenti salienti della Celebrazione. Dopo, una volta in macchina, cominciammo a condividere con i figli più grandi, allora lei intervenne e disse: “Anche a me il Signore ha detto qualcosa, solo che non me lo ricordo più”.
Viceversa credo che sia diseducativo obbligare a stare fermi e zitti. Ricattare i nostri bambini, presentando la Celebrazione Eucaristica o altre forme liturgiche, come una parentesi: “Aspetta che finisce poi dopo puoi fare quello che vuoi”. “Se fai il bravo dopo ti compro le patatine”. Il bambino capirà così che deve scontare una specie di punizione e che la Celebrazione è una prigione dalla quale non vedrà l’ora di fuggire.
Chi ha figli adolescenti, invece, certamente non può obbligare ma non può neppure tollerare la scelta di non partecipare a Messa. Qui il dialogo e la testimonianza di fede da parte dei genitori è fondamentale. Occorre davvero restare in ascolto delle sue motivazioni e partire da esse per orientare il cuore a Gesù Cristo. Di fronte alle diverse ragioni per cui subentra il rifiuto, ogni genitore è chiamato a offrire motivi che attivino la riflessione personale del figlio. Ricordo che il mio secondogenito un pomeriggio mi disse che non voleva andare a Messa. Aveva saputo che c’era un anniversario di matrimonio. La Celebrazione sarebbe durata più a lungo e lui aveva un appuntamento con gli amici. Gli dissi che intanto poteva invitare anche gli amici a Messa così poi sarebbero usciti insieme, ma la cosa non lo convinse. Così gli spiegai senza alcuna pretesa, che non è rispettoso per Dio adattarlo alle nostre esigenze e soprattutto rinunciare a stare con Lui per stare con le sue creature. Così facendo affermiamo che Dio viene dopo le nostre esigenze personali. Potete immaginare la sua reazione! Se ne andò borbottando poi venne dopo mezz’ora e mi disse: “Va bene questa volta è andata così. La prossima volta, però, mi informo prima così vado al mattino”.
Ogni figlio ha una sua strada e un suo modo per essere aiutato. La sfida per i genitori è proprio quella di trovare il modo giusto per parlare al cuore, per commuovere il cuore. Chi ha sperimentato il calore dell’amicizia con Gesù non può farne a meno. La fede non è altro che questo: fare amicizia con Gesù. Dopo questo incontro personale con il Risorto, la partecipazione alla vita liturgica diventa un’esigenza, non una pratica da assolvere in maniera sterile. Non avremo più bisogno di convincere, contrattare o obbligare. Il compito dei genitori, perciò, è favorire questo incontro con Gesù. Proponete ai vostri figli di far parte di gruppi o associazioni. Incoraggiateli a fare esperienze di volontariato, ritiri e pellegrinaggi. Aiutateli a conoscere Gesù, portandoli dove il suo profumo è più forte, allora i nostri figli cammineranno spediti sulla via della santità.
Giovanna Pauciulo
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