Consumi

Entrambe queste argomentazioni semplificano un problema complesso e vanno perciò smontate per comprendere un'attività centrale e trasversale della nostra epoca...

Consumi

da Quaderni Cannibali

del 10 novembre 2009

 

 

«I ragazzi vanno educati all’uso responsabile dei beni»

 

di Diego Motta

Tratto da Avvenire

 

 

 

Sono maestri nel determinare le mode e le tendenze, eppure i loro desideri vanno educati alla gradualità, al rispetto dei tempi, alla sobrietà. La relazione tra giovani e consumo è una delle dinamiche-chiave tracciate nel Rapporto-proposta messo a punto dal Comitato per il Progetto culturale della Cei.

 

In essa emergono chiaramente opportunità e contraddizioni della questione giovanile, in una prospettiva che istituzioni come la famiglia e la scuola ancora troppo poco hanno esplorato e che pure consentirebbe di conoscere meglio il variegato mondo dei teen agers.

 

«I nostri adolescenti sono inequivocabilmente i massimi esperti in fatto di consumi – spiega Laura Bovone, docente di sociologia dei consumi all’Università Cattolica di Milano –. Quando fanno un acquisto, scelgono un capo d’abbigliamento o un certo tipo di telefonino fanno una scelta identitaria». Dimmi cosa compri e ti dirò chi sei, a chi ti ispiri e cosa chiedi al tuo gruppo, alle tue amicizie, a chi vive con te.

 

Al rischio che, dietro a un ragionamento del genere, ci sia la «dittatura dei desideri» e l’ambizione del «tutto e subito», un progetto pastorale può rispondere non certo assecondando, come invece fanno alcuni mezzi di comunicazione, il bisogno egoistico di affermazione e autorealizzazione tipico di qualsiasi sedicenne. Semmai si può fare del tema dei consumi, e dei comportamenti che esso determina, una «nuova frontiera di cittadinanza», sostiene il rapporto.

 

In questo modo, i consumi serviranno «non solo a rassicurare noi stessi e a offrirci nuove esperienze», ma anche a trovare un nuovo equilibrio con chi ci sta a fianco, a partire dai genitori, dai coetanei, dai professori, garantendo così «una nuova socialità e una nuova moralità».

 

La responsabilità verso l’altro e verso il mondo, che ha nel tempo portato al successo di comportamenti come quelli del consumo critico, è l’altro spunto pedagogico che merita di essere approfondito. «Si tratta di un aspetto emergente – spiega Bovone – che porta soprattutto i giovani e i giovani adulti a comprare meno e in modo differente, avendo cura del mondo che ci circonda e ben sapendo che le risorse che abbiamo per produrre non sono illimitate».

 

È arrivata da qui, nell’ultimo decennio, la risposta alternativa alla deriva consumistica che ha caratterizzato la società occidentale dagli anni Ottanta a oggi. Una deriva che non ha smesso di produrre effetti perversi, soprattutto sui ragazzi. «Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a guardare più in profondità, al di là della moda del momento – spiega la sociologa –. Non si può vedere solo il proprio desiderio e non si può vivere solo in funzione della sua soddisfazione. È necessario invece educare ai tempi giusti e, se serve, ripartire da gesti come la rinuncia e il risparmio».

 

Non esiste una vita trascorsa solo “consumando” prodotti, amicizie ed emozioni. Di questo devono farsi carico genitori ed educatori, approfittando anche dell’attuale periodo di crisi. In tempi di difficoltà economica, bisogni e desideri, secondo i sociologi, coincidono. «Si desidera ciò di cui si ha bisogno, mentre i desideri sono tenuti a bada dai bisogni». Per questo, il momento è propizio per cercare risposte condivise.

 

 

 

Consumo

 

Estratto da “La sfida educativa”

Rapporto-proposta sull’educazione

a cura del Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana

 

Non è raro associare all’attività di consumo un’immagine prevalentemente negativa. Essa deriva, in origine, quando i beni scarseggiavano, dalla contrapposizione con l’attività considerata massimamente dotata di senso: il lavoro. Allora il consumo veniva considerato un’ostentazione di ricchezza lesiva della sobrietà del lavoratore e della miseria degli inoccupati.

 

In seguito, come ai giorni nostri, quando il consumo diventa un’attività preminente di molti, quasi di tutti, un po’ come lo era una volta per la nobiltà che viveva di rendita, tale immagine negativa deriva dall’aver stabilito un’impropria equivalenza tra consumo e consumismo: consumismo è consumo esagerato, coatto (indotto dalla capacità persuasiva di un mercato troppo carico di merci, incurante del bene comune), dunque in ultima analisi insensato.

 

Entrambe queste argomentazioni impediscono un ragionamento sereno sull’attività di consumare, sulle dinamiche che sottendono alle scelte di consumo, sulle responsabilità che ciascuno deve assumersi ed anche, in ultima analisi, sulla possibilità di orientarle in modo innovativo e virtuoso.

 

 Entrambe queste argomentazioni semplificano un problema complesso e vanno perciò smontate per comprendere un’attività centrale e trasversale della nostra epoca. Il consumo, infatti, proprio perché trascurato tra le varie problematiche educative, e considerato pratica marginale o passatempo frivolo, permette di mettere a fuoco in modo particolarmente significativo alcune delle emergenze dell’attuale congiuntura.

 

Diego Motta, CPC, Conferenza Episcopale Italiana

http://http://www.cci.progettoculturale.it/http://www.avvenire.it/

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