L'arma segreta di «don Gius» era probabilmente «quella capacità di coniugare un discorso rigoroso e sistematico e la capacità di attualizzare il discorso tanto da coinvolgere i ragazzi. Un coinvolgimento che partiva dall'esperienza concreta, vissuta, per poi essere traghettata verso quella domanda ultima di cui parlavo prima».
del 01 gennaio 2002
«Con lui sono riuscito a comprendere il significato profondo della mia vita. Oggi per me è come se fosse morto un padre». È composto il dolore di Federico Bassi, uno dei responsabili degli studenti di Cl in Università Cattolica. Un sentimento condiviso dalle centinaia di ragazzi che riempiono la cappella dell'ateneo per recitare un rosario in suffragio del «don Gius». Visi tristi, ma nel contempo sereni, perchè «abbiamo la certezza - spiega Teresa De Carli - che la sua presenza non verrà meno». Colpisce questa manifestazione d'affetto da parte di studenti che don Giussani non l'hanno mai incontrato.
Eppure parlando con loro si ha l'impressione che il «don Gius» l'abbiano incrociato nei chiostri il giorno prima. Invece sono passati 15 anni da quando terminò il suo impegno come docente di Introduzione alla teologia. Un impegno durato oltre un quarto di secolo (dal 1964 al 1990) nel quale incontrò migliaia di studenti, «con i quali riuscì sempre a entrare in rapporto» ricorda la professoressa Eugenia Scabini preside della facoltà di Psicologia, ma anche una delle prime studentesse a seguire don Giussani dai tempi della docenza al liceo Berchet. «Il mio legame con lui era precedente alla Cattolica e dunque non ho un ricordo legato esclusivamente a questo periodo - spiega -, ma mi ha sempre colpito la sua capacità di relazionarsi con i giovani, che si sentivano 'interrogati' dal suo parlare». Una relazione, un rapporto che ha saputo adeguarsi ai cambiamenti e alle generazioni, ma «senza cambiare di una virgola l'obiettivo finale: giungere alla domanda profonda sul senso della vita e della scoperta di Cristo». L'arma segreta di «don Gius» era probabilmente «quella capacità di coniugare un discorso rigoroso e sistematico e la capacità di attualizzare il discorso tanto da coinvolgere i ragazzi. Un coinvolgimento che partiva dall'esperienza concreta, vissuta, per poi essere traghettata verso quella domanda ultima di cui parlavo prima».
Parole che trovano la loro eco nella dichiarazione del rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi. «Ogni giorno si spendeva con grande generosità nell'accompagnare la crescita umana, culturale e spirituale dei giovani - sottolinea Ornaghi, ricordando di aver lui stesso frequentato le lezioni di don Giussani -. In quelle lezioni egli trasmetteva un contagioso desiderio di Dio e un amore disinteressato per la Chiesa». Insomma una «straordinaria passione educativa» che in questa occasione l'ateneo del Sacro Cuore vuole ribadire, come ha fatto nel settembre dello scorso anno, quando «ha ricordato i 50 anni di Cl ospitando la presentazione di un documentario nel quale don Giussani appariva nella sua ultima intervista televisiva. Quelle immagini hanno suscitato in tutti noi grande emozione».
Sentimenti palpabili anche ieri nei chiostri dell'ateneo, nonostante l'attività si sia svolta normalmente. Un dolore sobrio, intimo e ugualmente collettivo. Pochi i segni esteriori: un cartellone all'ingresso dell'ateneo avvisa che «don Luigi Giussani è morto alle 3.10 di oggi», seguito dal comunicato ufficiale firmato da don Julian Carron. Un semplice cartellone, come quelli che «arrivando al mattino - ricorda un ex studente, Michele Faldi, sul sito della Cattolica - era solito fermarsi a leggere e commentarli con gli studenti». I «suoi» ragazzi.
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