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Cristina, una suora con un cromosoma in più

“Io non me la sento di essere felice da sola”. La frase è sorprendente, soprattutto perché pronunciata da una persona Down. Cristina Acquistapace è felice. Così tanto, da non voler vivere solo per se stessa, ma al contrario, avvertendo la necessità di donare un poco di questa felicità anche agli altri. Al punto da diventare suora nel 2006...


Cristina, una suora con un cromosoma in pi√π

da Quaderni Cannibali

del 19 aprile 2011

 

 

          “Io non me la sento di essere felice da sola”. La frase è sorprendente, soprattutto perché pronunciata da una persona Down. Cristina Acquistapace è felice. Così tanto, da non voler vivere solo per se stessa, ma al contrario, avvertendo la necessità di donare un poco di questa felicità anche agli altri.

          Al punto da diventare suora nel 2006, all’età di 33 anni, entrando nell’Ordo Virginum della Diocesi di Como, un ordine di suore che fanno voto di castità, ma non hanno vincoli di obbedienza e povertà o di assistenza a poveri e ammalati. Al contrario, possono continuare a vivere dove desiderano e svolgere la loro attività lavorativa. Che nel caso di Cristina è quella di ausiliaria nella cucina di una scuola materna a Regoledo (Domodossola, Piemonte).

          Cristina afferma: “Non mi sono mai sentita diversa dagli altri, perché come tutti sogno, spero, desidero, provo dei sentimenti, gioco”. Lo sa bene la sua mamma, che la vedeva scatenarsi in scenette teatrali alle quali doveva ovviamente partecipare anche lei per assecondare la sua piccola che amava cimentarsi nei vari ruoli, prediligendo quelli comici!          “Io sono contenta di essere venuta al mondo, di essere nata, e ringrazio tutt’oggi i miei genitori che mi hanno fatta nascere”. È una donna consapevole, Cristina, sa di essere una sopravvissuta, in un mondo dove quelli come lei vengono considerati infelici a priori.          “L’aborto è una decisione infelice – aggiunge – ci sono madri che non se la sentono di portare avanti dei bambini, non ce la fanno. Si perdono una grande gioia, secondo me, perché tutti i figlio, in qualsiasi modo nasca, è un dono del cielo, e ha tutto il diritto di venire al mondo per mostrare quello che è capace di fare. Anche se sa fare poco, deve far vedere che lo sa fare”.          La vocazione di Cristina nasce molti anni fa, nel 1991, grazie ad un viaggio in Kenya. Una chiamata che si rinforza ad Assisi nel 2000, e che nei successivi cinque anni la porta a fare moltissimi pellegrinaggi e ritiri spirituali. Oggi, oltre a dare un contributo volontario a strutture come la Croce Rossa, la Caritas e l’Anfas, Cristina si reca nelle scuole o in varie associazioni per parlare di disabilità. “Per me – dice – la sindrome di Down non è stata né una benedizione, né una maledizione, ma il modo per capire che sono portata per delle cose, e non per altre”.          Don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco (una delle principali associazioni italiane che si occupano di disabili), dice che “la storia di Cristina contribuisce a riportare uguaglianza nonostante i limiti fisici. Questi ragazzi Down hanno pregi come l’affettività, la costanza e l’affidabilità. Hanno grande bisogno di presenza, di punti di riferimento e di affetto. Possiamo dire di loro che sono fragili: un po’ creature, un po’ adulti. Che la sfida della fiducia sia stata accolta in ambito religioso è un segnale molto, molto positivo”.          Intanto mamma Marilena, con orgoglio, viene ripagata del suo impegno a crescere con amore la sua bambina così speciale: “Vederla cosciente del suo handicap e consacrata è un suo sogno che si realizza”… e subito Cristina, con amore e saggezza, la corregge: “Non il mio sogno, mamma, ma il sogno di Dio”.

Sabrina Pietrangeli Paluzzi

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