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Custode della fede tra fermezza e sorriso

Con un ciuffo quasi da scugnizzo a sovrastare un volto ricco di spigoli, ma mai spigoloso. Lo sguardo commosso che si è affacciato poco prima delle 19.00 su piazza San Pietro non è che una conferma. Quella di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, è probabilmente la 'faccia' più conosciuta della Chiesa cattolica...


Custode della fede tra fermezza e sorriso

da Teologo Borèl

del 20 aprile 2005

 Una corona di capelli bianchissimi e folti. Con un ciuffo quasi da scugnizzo a sovrastare un volto ricco di spigoli, ma mai spigoloso. Lo sguardo commosso che si è affacciato poco prima delle 19.00 su piazza San Pietro non è che una conferma. Quella di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, è probabilmente la 'faccia' più conosciuta della Chiesa cattolica. In qualche modo 'mitica', associata a un incarico – quello di custode della Dottrina della Fede – che in 24 anni gli sono valsi una serie di aggettivi che vanno da 'severo' a 'intransigente', passando per 'conservatore', 'restauratore', 'duro'. Aggettivi quasi sempre associati, nei racconti, a un carattere altrettanto aspro. Leggende.

Basterebbe averlo frequentato appena un po’ per rendersi conto di come il Ratzinger talora raccontato sia diverso dall’originale. Basterebbe essersi trovati magari per un attimo a tu per tu con i suoi occhi chiari in perenne movimento, intensi e ironici, o essersi imbattuti nel suo sorriso disarmante al mattino presto, attorno alle 8.30, quando a piedi si reca nel suo ufficio in piazza del Santo Uffizio, e pronto a fermarsi a scambiare qualche battuta. Basterebbe poco, insomma, per scoprire come gentilezza, disponibilità e capacità di ascolto siano i tratti peculiari di un carattere certamente solido, mai però aspro.

Il giorno in cui venne al mondo a Marktl am Inn, in Bavaria, era il 16 aprile del 1927. Sabato Santo, e il piccolo Joseph fu battezzato in quello stesso giorno. «Ho sempre considerato il fatto di essere stata la prima persona battezzata con l’acqua nuova – ha detto una volta – come un significativo segno della Provvidenza. Sono sempre stato pieno di riconoscenza per aver avuto la mia vita immersa in questo modo nel mistero pasquale... e più rifletto su questo, più questo sembra essere aderente alla natura della nostra vita umana: noi non siamo ancora di fronte alla piena luce, ma camminiamo verso di essa pieni di fede». Quella del piccolo Joseph non è una famiglia benestante. Ed è anche costretta a frequenti traslochi a causa del lavoro del padre, commissario di gendarmeria, tanto che il nuovo Pontefice ammette che per lui «non è per nulla facile» dire quale sia la sua città natale.

Da Marktl am Inn a Tittmoning, cittadina sul fiume Salzach al confine con l’Austria, fino al quasi esilio a Auschau am Inn, ai piedi delle Alpi, dove il padre è costretto a trasferirsi nel 1933 per aver pubblicamente criticato il nazismo, la famiglia Ratzinger è in movimento perenne. Solo nel ’37, quando il padre va in pensione, la famiglia si stabilisce a Hufschlag, appena fuori la città di Traunstein, dove Joseph trascorre gli anni fino all’adolescenza frequentando il liceo classico locale. E intanto, nel ’39, entra nel seminario minore.

Ha quindici anni quando, come tutti i suoi compagni di seminario, è arruolato a forza nella Flak, il corpo di difesa antiaerea, a servizio di una Germania che già in quegli anni, dopo la disfatta di Stalingrado, è costretta a rastrellare i suoi adolescenti. E solo un anno dopo, nel ’44, raggiunta l’età di leva, viene inquadrato sotto il controllo della famigerata Legione Austriaca («Ideologi fanatici – ricorderà – che ci tirannizzavano senza tregua»). È la sua salute incerta, oggetto costante di irrisione da parte dei suoi istruttori di fanteria, che lo salva da un’assegnazione al fronte fino a quando, ai primi di maggio del ’45, diserta e torna a casa a Traunstein. Prima di rientrare in seminario insieme a suo fratello Georg, nel novembre dello stesso anno, un’altra prova attende però Joseph: quando le truppe alleate arrivano infatti nel suo villaggio (stabilendo il proprio quartier generale proprio nella casa dei Ratzinger), viene identificato come soldato tedesco e internato in un campo per prigionieri di guerra dove sarà rinchiuso per circa un mese dagli Alleati.

Dal ’46 in avanti, fino all’ordinazione sacerdotale del 29 giugno del 1951, studia filosofia e teologia nella università di Monaco e nella scuola superiore di Filosofia e Teologia di Frisinga. Il dottorato in teologia – con una dissertazione su 'Popolo e casa di Dio nella Dottrina della Chiesa di Sant’Agostino' – arriva nel 1953, e già quattro anni dopo è libero docente con un lavoro su 'La Teologia della Storia di San Bonaventura'.

Parlare di 'intelligenza brillante', nel caso di Benedetto XVI, è riduttivo. E quanto sia stata sempre apprezzata è qualcosa che il suo curriculum accademico può rendere solo in parte. Ottiene il suo primo incarico di Dogmatica e Teologia fondamentale nella scuola superiore di Filosofia e Teologia di Frisinga, insegnamento che prosegue a Bonn, dal 1959 al 1969, Münster, dal 1963 al 1966, e Tubinga, dal 1966 al 1969. In questo stesso anno diventa ordinario di Dogmatica e di storia dei dogmi nell’Università di Ratisbona e vice-presidente della stessa università; ma a quel punto la sua fama aveva già da un pezzo abbondantemente oltrepassato i confini tedeschi, in particolare dopo la sua partecipazione al Concilio ecumenico Vaticano II, dal 1962, nella veste di consulente teologico dell’arcivescovo di Colonia Cardinale Joseph Frings. Nel 1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henry De Lubac e ad altri teologi lancia la rivista di teologia 'Communio'. È il 24 marzo del 1977 quando Paolo VI lo nomina arcivescovo di München und Freising. Due mesi dopo, il 28 maggio, riceve la consacrazione episcopale, e il 27 giugno è creato e pubblicato cardinale. Alla guida della diocesi tedesca resterà tuttavia solo quattro anni e mezzo: il 25 novembre 1981, infatti, Giovanni Paolo II lo nomina Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presidente della pontificia Commissione Biblica e della pontificia Commissione Teologica Internazionale.

Stefano Mazza

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