Da domani si farà l'appello agli educatori affinché giochino le loro carte!

In occasione del Compleanno dell'Oratorio pubblichiamo un articolo giunto in Redazione in questi giorni.

Da domani si farà l’appello agli educatori affinché giochino le loro carte!

da Quaderni Cannibali

del 08 dicembre 2009

 

Oggi si sente parlare su tutti i canali di crisi educativa, in internet digitando su google si può accedere a decine di libri sull’educazione, i giornali parlano di gioventù deviata e gli anziani di gioventù bruciata! Ma ci siamo mai chiesti se una piccola parte di tempo e di energie che tutte queste persone dedicano a riempire fogli sull’educazione viene impiegata per educare qualcuno come dice la parola stessa, cioè condurre a buon fine?

 

Ci siamo mai chiesti quanto tempo ci vuole per addestrare un cane? Tanto! Ci vuole tempo, energia, passione, dedizione e tante altre cose. E dopo tutto questo mix di belle parole, possiamo dire solo di aver addestrato un cane! E per educare un ragazzo, cosa pensiamo che ci voglia: libri sull’educazione? Articoli sulla società dei giovani devianti? Servizi televisivi sulla droga e i rispettivi effetti? Presenza, affetto, passione, amorevolezza: questo è quello che non ha detto o scritto ma fatto quel prete che tutti amano ma pochi vivono con radicalità! Questo è quello che ha scritto a suo tempo su suggerimento del Papa perché fosse utile ai posteri, non perché i posteri rinunciassero a stare un pomeriggio con i loro ragazzi per copiare in bella, semmai nel linguaggio corrente gli appunti di don Bosco.

 

Non è possibile continuare a leggere sull’educazione qualsiasi cosa, qualsiasi esempio, tutti sanno tutto e poi si alza lo sguardo, si tira la tenda della finestra di casa che dà sull’Oratorio e si vede un incaricato (dell’Oratorio) tutto solo che impazzisce per tenere a bada 20 - 25 ragazzetti che, non sapendo in che modo riempire le giornate, distruggono tutto forse invidiosi di chi ha potuto costruire quelle cose.

 

Quanto tempo impieghiamo per il lavoro? Alla fine pretendiamo una degna retribuzione. Quanto tempo impieghiamo per lo studio? Alla fine pretendiamo almeno almeno una laurea. Quanto tempo impieghiamo per l’educazione dei giovani? Alla fine cosa possiamo pretendere? Assolutamente niente! Il tempo fa miracoli, e la presenza è come il sole, al momento attuale illumina e con il tempo abbronza. Si vedono da lontano le persone abbronzate dalla presenza costante di educatori attenti, e tutto quello che hanno dentro non è capacità o impegno, è frutto di possibilità! La possibilità di essere protagonisti anche solo per un attimo del mondo dei “grandi” che sta diventando ormai il mondo dei “vecchi” e se aspettiamo ancora un po’ diventerà presto il mondo dei “morti”, e poi diventerà un’Era e poi cadrà nel dimenticatoio come tutte le cose che non vengono lasciate, insegnate, tramandate ai giovani. L’educazione caduta nel dimenticatoio, che disastro, come faremo senza? Che mondo sarebbe senza educazione? Allora andremo per i grandi centri commerciali e ci imbatteremo in una ricerca affannosa di robot che educano i nostri ragazzi, potrebbe essere? Perché ormai funziona così: una volta le macchine servivano per velocizzare quello che faceva l’uomo, adesso, invece, quando l’uomo non ha voglia, tempo, o non riesce a fare delle cose, inventa una macchina che possa soddisfare questa mancanza, e sottolineo mancanza!

 

Poi entri in classe e la prima cosa che si fa per il bene dei ragazzi qual è? L’appello. Giusto, perche no! D’altra parte per avere una buona preparazione bisogna essere presenti a scuola altrimenti si resta asini, e agli educatori o agli adulti l’appello si fa mai? Quante volte ci si trova con gli oratori vuoti, la Parrocchie troppo piene di cose e troppo vuote di persone, persone che sanno fermarsi, stare lì, proporsi, accogliere, amare. Per il bene dei ragazzi, da domani facciamo l’appello degli educatori, chissà che prima o dopo finiscano le giustificazioni disponibili e vengano di persona a vedere come stanno crescendo quei giovani dei quali tanto sanno e poco apprezzano, tanto dicono e poco sperano, tanto osservano e poco toccano!

 

L’educazione oggi sta diventando sempre più difficile, don Bosco faceva bella figura con i ragazzi che aveva, d’altra parte erano uno più bravo dell’altro…quello che si comportava peggio era Domenico Savio che è diventato Santo! Non è vero! “Fin dalle prime domeniche – riferisce Michele Rua – andò per la città per farsi un’idea della condizione morale in cui si trovava la gioventù. […] Incontrò un gran numero di giovani di ogni età che andavano vagando per le vie e per le piazze specialmente nei dintorni della città, giocando, rissando, bestemmiando e facendo anche di peggio”. Don Bosco fin da piccolo si sporcava le mani per i ragazzi, poi crescendo ha cominciato a sporcarsi le braccia, il collo, la faccia e dopo aver perso la faccia, ha cominciato a perdere anche pezzi dalle gambe perché si era sporcato talmente tanto le mani che non riusciva più a camminare!

 

Don Bosco attraversa Torino per riuscire ad incontrare di persona i ragazzi, per scambiare due chiacchiere o parlare per ore quando erano disposti, per dar loro la certezza che c’è una persona che si interessa dei loro bisogni, che li ama. Con ogni giovane non ha un rapporto di “massa” (perché ovviamente essendo don Bosco avrà avuto anche le sue cose da fare), ma una relazione personale, che lega in maniera quasi inseparabile, i ragazzi che adesso hanno un nome al prete più povero del mondo arricchito alla fine della vita da una collezione infinita di cuori e di anime dei ragazzi da portare con lui in Paradiso. Scrive: “Lungo la settimana andava a visitarli in mezzo ai loro lavori nelle officine, nelle fabbriche. Tal cosa produceva gran consolazione ai giovanetti che vedevano un loro amico prendersi cura di loro, andava per rendermeli amici”. Un ragazzo non aspetta che gli regali la macchina, o che lo lasci uscire di casa, ma se solo da lontano percepisce di essere amato diventa amico vero, amico inseparabile, autentico sostenitore del reciproco amore.

 

La concretezza che ci insegna don Bosco è straordinaria! Gli incontri e le belle parole piacciono a tutti (e piacevano sicuramente anche ai ragazzi di don Bosco), ma l’unica cosa che li “costringe” a ritornare in Oratorio è quel sentimento che si crea a causa dell’eccessivo amore che quel “maledetto” prete non riesce a tenere dentro. Questo è quello che ci chiede don Bosco! Di amare i giovani e di portarli senza troppi giri di parole al Signore. La maggior parte delle volte, per ingenuità o per arroganza, saltiamo il primo passaggio: pretendiamo di portare i ragazzi a Gesù senza averli conquistati, senza – come direbbe don Bosco – “avergli rubato il cuore!”. Questa è la concretezza di don Bosco: “Quando egli sa o incontra alcuno più dalla squallidezza immiserito, non lo perde più d’occhio. Lo conduce a casa sua, lo ristora, lo sveste de’ luridi, gl’indossa nuovi abiti, gli dà vitto mane a sera, finché trovatogli padrone e lavoro sa di procacciargli un onesto sostentamento per l’avvenire e può accudirne con maggiore sicurezza l’educazione della mente e del cuore”. L’educazione della mente e del cuore non sono la prima cosa che scrive bensì l’ultima! Casualità?? Forse oggi come oggi basterebbe la prima cosa per guadagnare i giovani: non perderli più d’occhio! Solo questo farebbe scattare qualcosa dentro, non li farebbe sentire allievi ma amici!

 

Don Bosco è uno duro e solo quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare, giusto?? Ecco perché ha portato fuori i ragazzi dal carcere? (Però diciamo che se ci fossero più carceri noi saremmo tutti più tranquilli!!!) Ecco perché con chissà quale struggimento interiore ha mandato quella Lettera da Roma! D’altra parte non avevano mica fatto per cattiveria i salesiani a farsi considerare “come superiori e non più come padri, fratelli e amici”. La presenza ancora una volta viene confermata dal prete come l’unica certezza che dobbiamo offrire instancabilmente ai nostri ragazzi. Don Bosco deve essere stata la persona meno autoritaria dell’Oratorio di Valdocco e di sicuro quella più autorevole, ed è riuscito a far percepire la sua preoccupazione ai suoi Salesiani! La lettera da Roma dovrebbe essere per noi educatori un continuo campanello d’allarme! Dovrebbe essere letta dagli educatori tutte le sere prima di addormentarsi, riletta la mattina appena alzati e vissuta durante il rimanente corso della giornata!

 

Ascoltare un ragazzo senza giudicarlo ancor prima che inizi a parlare, per un educatore può essere una noia, per il ragazzo significa aprirsi ad una persona più grande, una persona che se mi capisce mi può indicare una strada, un domani appoggiare e se va bene essere mio amico! Ci siamo mai chiesti quanti amici ha un ragazzo che viene in Oratorio? “Un sacco” risponde la maggior parte, ma quando si ammala, fra tutti quegli amici, chi lo va a trovare a casa? L’educatore deve farlo, don Bosco lo farebbe!

 

Poi si sa: “tutti sono utili, nessuno è indispensabile”o almeno dovrebbe essere così! La dipendenza degli educatori in un qualsiasi cammino educativo fa schifo! Che bello quando tutti ti dicono: “Se non ci fossi tu, si fermerebbe tutto!”. Non dobbiamo creare dipendenze nella Carità perché non sarebbe più Carità, diventerebbe orgoglio, auto-protagonismo, auto-glorificazione. Dobbiamo solo cercare di essere amici dei giovani per non far perdere l’abitudine a sognare, per non lasciare che il mondo vada avanti senza tener conto dell’immensa potenzialità che sono i giovani, però allo stesso tempo dobbiamo accompagnare il giovane ad essere autonomo, a camminare con le proprie gambe, a scegliere con il proprio cuore perché solo lui ha dentro quello che il Signore ha pensato per la sua vita. Dunque non creare dipendenza ma presenza. Anche don Bosco è morto e con lui don Michele Rua e gli altri successori se non ricordo male! Certo che se contiamo il numero di persone che conosceva don Bosco prima della sua morte e il numero di persone che lo conosce adesso non c’è confronto! Forse è proprio perché “i cieli e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno”, la Carità non passerà mai. L’educatore deve essere in grado di orientare più che decidere lui, deve operare per la sua progressiva inutilità!

 

É proprio vero: sono cambiati i tempi, di una cosa sola son sicuro: i 40 minuti che ho impiegato per scrivere questo articolo li scalo dal sonno, e non dal tempo che devo passare in Oratorio e spero che voi facciate lo stesso!

Un animatore salesiano

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