Giocano ai tuttologi, i grandi. O agli indovini. Io l'avevo detto, io me lo sentivo. Dovevi vederli, alle edizioni straordinarie dei tiggì. Alle trasmissioni di prima, seconda e terza serata. Tutti vaticanisti scafati, tutti esperti di Chiesa. Sì, loro. Io vorrei entrarci nel regno dei Cieli, e se la strada è questa, che così sia.
«… ma laggiù, oltre i colli dilettosi, c’è il Mondo: quella cosa tutta piena di lotte e di commerci turbinosi, la cosa tutta piena di quei “cosi con due gambe” che fanno tanta pena» (G. Gozzano, La Signorina Felicita ovvero la felicità)
Ho deciso. Da grande voglio fare la bambina. No, non “fare”: essere bambina. Non sarà facile, lo so. Ti guardi intorno e sembra che contino solo i grandi: i bambini non li bada nessuno. Che crescano in fretta, che si autodeterminino. Prima, o sono giocattoli o sono fardelli. Gesù no. Gesù l’ha detto che i bambini vengano a Me. Ha anche detto se non ritornerete come bambini non entrerete nel regno dei Cieli.
Io vorrei entrarci nel regno dei Cieli, e se la strada è questa, che così sia. Comincio da oggi, 13 febbraio 2013, primo giorno di Quaresima. Impegno: ritornare bambina. Perché i grandi – certi, almeno – sono proprio insopportabili. Tante chiacchiere e niente cuore. Un esempio? Papa Benedetto ha annunciato la fine del suo pontificato e questi che fanno? La gara a chi la spara più grossa.
Li ascoltavo e scuotevo la testa. Non sanno più guardare la realtà, i suoi segni. Non sono capaci. E allora pescano dal calderone dei luoghi comuni, o fanno i funamboli e inventano. Ciechi di fronte al vero, si rifugiano nelle dietrologie. Giocano ai tuttologi, i grandi. O agli indovini. Io l’avevo detto, io me lo sentivo.
Dovevi vederli, alle edizioni straordinarie dei tiggì. Alle trasmissioni di prima, seconda e terza serata. Tutti vaticanisti scafati, tutti esperti di Chiesa. Sì, loro. Quelli che in chiesa non vanno mai. Quelli che il Papa l’hanno sempre contestato. Quelli che “più vangelo e meno Chiesa”. Quelli del cloro al clero. Quelli che la religione è l’oppio dei popoli. Quelli che la Chiesa è rimasta indietro di duecento anni e deve adeguarsi ai tempi. Quelli che se non sono atei sono cattolici adulti. Appunto. Da grande (ma comincio oggi) voglio essere una bambina. I bambini non finiscono mai di crescere, non finiscono mai di imparare. Non si sentono mai arrivati.
Osservano curiosi, i bambini. Imparano da tutto ciò che accade, perché ogni cosa li educa, ogni incontro. Si fidano e si affidano. I grandi no. Loro si autodeterminano, vogliono la libertà assoluta (ab-soluta, sciolta da ogni legame). Hanno ucciso il padre, loro. O l’hanno messo in soffitta, perché credono di poter fare senza. Sarebbe un ingombro: gli rovina i piani, la carriera, le alleanze, i compromessi.
Noi bambini no. Senza non sappiamo e non vogliamo stare, perché quel padre l’amiamo e senza ci sentiamo orfani. Perché Santo Padre per noi non è un titolo, è quel che sente il cuore.
Noi lo osserviamo e ne imitiamo lo sguardo. Lui guarda su, prima di decidere le cose di quaggiù, la sua vita, e ci insegna a fare lo stesso (che poi a noi bassi viene facile). I grandi ti guardano dall’alto al basso, e han scordato – e cioè tolto dal cuore – che c’è Qualcuno più su. E’ una dimenticanza grave, gravissima, e sarà per questo che da lunedì – hanno cominciato i cattolici adulti di Famiglia cristiana, e via, tutti dietro – nei media è partito il “toto-Papa”. Ma tu chi vorresti? A te chi piacerebbe? Secondo voi, chi sarà? Poverini… Impantanati nella campagna elettorale, credono che per il Papa sia uguale. E chi glielo spiega a questi sapientoni che la loro opinione non conta; che non contano le scommesse, i calcoli, i vaticini, perché lo Spirito Santo – e cioè Dio – sa quel che fa?
Avessero guardato lui, avessero guardato Papa Benedetto, prima di lanciarsi nelle loro elucubrazioni, l’avrebbero capito. L’ha detto che ha preso questa decisione sofferta «dopo aver pregato a lungo».
Già, è vero. I grandi le decisioni le prendono da soli, in autonomia. Non si confrontano con nessuno, non pregano. Solo i figli chiedono. E, loro, figli non vogliono essere più.
Luisella Saro
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