Non sapevo ancora pregare, ma sentivo la presenza di Gesù. I colori dell'arcobaleno acquisirono per me un nuovo significato: non più il simbolo della causa LGTB...
del 14 dicembre 2016
Non sapevo ancora pregare, ma sentivo la presenza di Gesù. I colori dell’arcobaleno acquisirono per me un nuovo significato: non più il simbolo della causa LGTB...
Un solo incontro
La storia iniziò nel gennaio 2015. Ero su un aereo da Berlino a Stoccarda, stavo andando a visitare il mio migliore amico. Mi sedetti accanto a due ragazzi, e iniziammo un dibattito. Stavano andando ad un concerto, qualcosa con la parola “santo” nel nome. Uno di loro mi spiegò che avrebbe voluto predicare la parola di Dio come se fosse un lavoro a tempo pieno.
Erano così sicuri di loro, e così simpatici con me, che mi dissi: “Quello che fanno è buono!”. Volli dunque sapere di più sulla questione.
All’epoca ero un’atea convinta, piena di pregiudizi contro la Chiesa e contro le credenze religiose in generale. Ma quelle persone erano gradevoli, pensai quindi che saremmo potuti restare in contatto. Delle amicizie diverse, per cambiare! Ci scambiammo dunque i numeri di telefono.
Poi ebbi dei problemi sul lavoro, e la persona con la quale pensavo di costruire un futuro mi lasciò. In mezzo a quelle situazioni difficili, pensai di nuovo a quel rapido incontro sull’aereo e inviai un SMS a Léon, l’aspirante predicatore: “Dimmi, cosa fanno i cristiani quando tutto va male?”. Mi rispose con un versetto della Bibbia: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Romani 10:13).
Lessi il verso nel cuore della notte, senza comprendere. La mattina successiva, seduta sul treno, lessi di nuovo quel versetto e iniziai a sentirmi come se fossi tornata a respirare, come se qualcosa dentro di me stesse urlando per uscire fuori. Ne parlai con Léon, e lui mi propose di passare quel pomeriggio con la sua comunità di servizio ai giovani. All’improvviso le mie catene si ruppero.
Il primo passo in una chiesa
La settimana continuò con mille difficoltà. Un giorno, stanchissima dal lavoro, presi il treno sbagliato per tornare a casa. Mi resi conto troppo tardi di essermi allontanata molto, verso sud. Mi dissi: ‘Non ho niente da perdere’… ed eccomi lì, in una chiesa! Io, l’atea con i capelli color arcobaleno!
Con mia gran sorpresa, tutti quanti mi diedero una calorosa accoglienza. Iniziammo a pregare, e io piansi. E non sono una che piange facilmente! Ascoltai un’omelia che spiegava il ruolo di Gesù nelle nostre vite, insegnando il modo in cui Lui interviene quando attraversiamo un periodo molto brutto.
La chiesa era piena di giovani, che si erano riuniti per pregare insieme. Quella notte, prima di andare a dormire, pensai: “Sono curiosa di vedere com’è davvero una messa“.
Per la domenica successiva era tutto organizzato. Seduta in chiesa, le lacrime non la smettevano di uscire. Sentii come se nel cuore si fosse sgretolata una montagna enorme. Mi sentii sollevata, liberata di un peso.
Dopo la messa, uno dei giovani che avevo visto la volta precedente si avvicinò a me e mi chiese come stessi. Gli raccontai del mio sentimento di liberazione, e dissi di non conoscere nulla della fede. Prese una Bibbia della parrocchia, me la diede e mi consigliò di leggerla.
Sulle spalle di Gesù
In poche settimane lessi tutto il Nuovo Testamento e ne restai impressionata: mi affascinava tantissimo! Da allora andai a messa ogni domenica. Ebbi la sensazione di essere arrivata finalmente nel posto che cercavo.
Sentii la presenza di Dio come Padre. Gesù mi diceva: “Nel cuore della tua debolezza ti mostro la mia forza, e ti porto sulle mie spalle”.
Non sapevo ancora pregare, ma sentivo la presenza di Gesù. I colori dell’arcobaleno acquisirono per me un nuovo significato: non più il simbolo della causa LGTB, ma il segno dell’alleanza stretta da Dio con gli esseri umani.
Discussioni vivaci
Ebbi delle discussioni molto animate con la mia famiglia e con i miei amici. Avevano difficoltà a comprendere la mia trasformazione interiore. Certo, tutto era accaduto così velocemente, e poi non sapevano tutto ciò che stavo passando nello spirito, né conoscevano le persone che avevo incontrato.
Spesso mi hanno di essere preoccupati per me, ma io ho sempre risposto con tranquillità: “Mi sento bene, molto bene. No, non sono impazzita né assumo delle droghe. So quello che faccio. Sono felice”. È come se fosse stato rimosso il filtro attraverso il quale percepivo la vita, se avessi pulito gli occhiali, potei finalmente catturare la bellezza del mondo e la gioia di vivere e di amare.
Presto mi resi conto che se non pregavo o non leggevo la Bibbia, le mie giornate sarebbero state grigie. Ma quando recitavo le mie preghiere del mattino, il giorno sarebbe stato meraviglioso. E quando chiedevo aiuto a Gesù, Lui mi aiutava volentieri.
Ovviamente Lui vede i miei problemi anche senza che io gliene parli ma, da buon cavaliere, non arriva se non quando è invitato. Ecco perché lo invoco quando ho davvero bisogno di aiuto. Quando, nelle mie situazioni difficili, lo invoco, Lui viene sempre per aiutarmi: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”.
Jules Germain
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