Chi deve guidare gli altri - politico o insegnante - non è colui che cerca di andare al di là di uno sbaglio per cercare e far trovare il buono che c’è dietro ogni errore? 27 febbraio 2021
di MAURIZIO SIGNORILE, tratto da vinonuovo.it
Chi deve guidare gli altri - politico o insegnante - non è colui che cerca di andare al di là di uno sbaglio per cercare e far trovare il buono che c’è dietro ogni errore?
Il neosottosegretario all’Istruzione ha citato la frase “Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto”, attribuendola a Dante. Un errore, certo, sicuramente marchiano, come ne sento spesso dai miei alunni: ma in classe la prima reazione di fronte a un errore non dev’essere quella di rimarcare o mortificare, bensì di coglierne lo spunto giusto per alzare il livello. Non avrebbe altrimenti senso il detto: sbagliando s’impara! E, si sa, spesso veramente s’impara più dagli errori che da un compito perfetto.
La frase citata dal sottosegretario compare ne “L’Inferno di Topolino” (1949-50), un vero capolavoro del fumetto italiano, scritto dallo sceneggiatore Guido Martina e disegnato da Angelo Bioletto, che realizzarono diverse parodie letterarie in quegli anni. Siamo nella quinta parte, quando Topolino incontra il suo maestro di scuola, in una scena che ripropone quella di Inferno XV in cui Dante incontra il proprio maestro Brunetto Latini. Quest’ultimo è in Inferno perché sodomita, il maestro di Topolino è lì per aver “predicato bene e razzolato male”: entrambi si ritrovano in un deserto infuocato, ma se in Dante il calore è segno delle passioni sfrenate alle quali i dannati si sono lasciati andare, nella bolgia topoliniana le fiamme sembrano neve e in realtà sono fuoco, come i peccatori che in vita apparivano in un modo e vivevano in un altro.
La frase scritta sul masso del fumetto si rifà proprio a quello che dice Brunetto Latini quando Dante gli chiede di fermarsi a parlare con lui:
«“O figliuol” disse “qual di questa greggia
s’arresta punto, giace poi cent’anni
sanz’arrostarsi quando ‘l foco il feggia”» (If XV 37-39).
Chi di loro dovesse fermarsi anche solo un momento (“punto”) rimarrebbe cento anni nel sabbione infuocato senza la possibilità di “arrostarsi”, di proteggersi con le mani dal fuoco che “il feggia”, lo ferisce. Una terzina la cui trasposizione in chiave fumettistica è il disneyano “Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto”. Ma a questo punto ciò che colpisce di più è che entrambi i protagonisti, pur non fermandosi, riescono comunque a parlare con i propri discepoli e ad avere con loro un dialogo.
Dalla Commedia a Topolino il concetto rimane lo stesso ed è sintomatico che sia trasmesso da due maestri: il loro contrappasso dice di quanto per gli insegnanti sia necessario essere se stessi, testimoni di verità, fino in fondo, essere esempi di quella sobrietà mancata a Brunetto Latini e di quella coerenza mancata al maestro di Topolino; allo stesso tempo il fatto che comunque trovino il modo di parlare ai propri discepoli ci dice quanto sia importante per un insegnante saper trovare sempre il tempo per i propri alunni, per rispondere alle loro domande, sfamare le loro curiosità, siano esse altissime come la Divina Commedia o semplici come un fumetto.
In questo caso i due estremi si toccano e ciò diventa occasione per riflettere su come una citazione sbagliata possa offrire l’esempio giusto su come trattare un errore, sia esso di uno studente quanto di un politico: è dovere dell’insegnante non farlo passare sotto silenzio, come neanche evidenziarlo, ma comprenderlo e trarne magari un insegnamento perché la prossima volta non si ripeta. In questo sta il ruolo di guida degli insegnanti che anche in questi tempi difficili cercano di andare al di là di un errore per cercare e far trovare il senso che c’è dietro le cose, pronti a fermarsi per far comprendere dove si sbaglia e che da uno sbaglio può anche venire qualcosa di buono: a questo vale la pena dedicare tutto il tempo necessario, fossero cento o mille anni.
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