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Deus caritas est. Amatevi come IO vi ho amato

Alcuni di noi (si spera molti!) saranno restati molto colpiti dal “gadget”, il segno, che ci è stato donato alla Festa dei Giovani 2006. Una targhetta di metallo, simile a quelle che usano i militari, con incisa la frase che è divenuta per noi lo slogan di quest'anno pastorale: “Amatevi come IO vi ho amato”. E la firma dell'autore : Gesù Cristo....


Deus caritas est. Amatevi come IO vi ho amato

da GxG Magazine

del 01 luglio 2006

Alcuni di noi (si spera molti!) saranno restati molto colpiti dal  “gadget”, il segno, che ci è stato donato alla Festa dei Giovani 2006. Una targhetta di metallo, simile a quelle che usano i militari, con incisa la frase che è divenuta per noi lo slogan di quest’anno pastorale: “Amatevi come IO vi ho amato”. E la firma dell’autore : Gesù Cristo.

Possiamo trovare un messaggio più chiaro e diretto di questo per dare un senso al nostro vivere il cristianesimo, la vita e le relazioni con l’altro (il prossimo)?

Il Signore ci da un comandamento chiaro: praticare l’agape. Innanzitutto è bene spiegare e cercare di capire a fondo il significato dell’espressione “agape”.

Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica (Deus caritas est) riporta una spiegazione interessante a riguardo: “Nel Cantico dei Cantici si trovano due parole diverse per indicare l’ ”amore”. Dapprima si usa la parola “dodim” (un plurale che esprime l’amore ancora insicuro,in una situazione di ricerca indeterminata). Questa parola, nel corso del libro, viene sostituita dalla  parola “ahabà”, che nella traduzione greca dell’Antico Testamento è resa col termine di simile suono “agape” che diventò l’espressione caratteristica per la concezione biblica dell’amore.

In opposizione all’amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo esprime l’esperienza dell’amore che diventa ora veramente scoperta dell’altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l’amore diventa cura dell’altro a per l’altro. Non cerca più se stesso, l’immersione nell’ebbrezza della felicità; ma cerca invece il bene dell’amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca.”

 

 

Un amore “umano”

 

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui… abbia la vita eterna”(1 Gv 3, 16).

Alcuni episodi del Vangelo ci fanno spesso riflettere sulla profonda “umanità” di Gesù Cristo. E quindi sul modo molto “umano” (vicino a noi uomini) di amare di Dio, incarnatosi in Gesù. Molte volte leggendo il brano del Vangelo di Giovanni che narra della morte di Lazzaro si resta colpiti nel leggere il versetto che dice: «Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: “Vedi come lo amava!”. Ma alcuni di loro dissero: “Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?”» (Gv 11,35-37)

 

 

Un amore che perdona anche quando è difficile e costa!

 

Scrive Charles de Foucauld : “Egli ci ama perché è buono, non perché noi siamo buoni”. L’amore di Dio per noi, è decisamente un amore appassionato. Per ognuno di noi; Egli non lascia nessuno fuori. Egli si preoccupa della “pecorella smarrita” (non delle  novantanove), del figliol prodigo. Ma non perdona il servo spietato (Mt 19,23-35) perché il servo  per primo non ha saputo perdonare. Egli non dice di perdonare fino a sette volte sette, ma fino a settanta volte sette. Una bella sfida per guadagnarsi il posto nei Cieli! Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel nostro prossimo incontriamo Gesù e in Gesù incontriamo Dio. Praticare in modo profondo l’”agape” significa amare, in Dio e con Dio, anche le persona che non conosciamo e che molte volte ci risultano “scomode”.

 

Un amore senza limiti che si abbandona a  Dio

 

Dio ha scelto di diventare uomo come noi, di avere in comune con noi il limite della mortalità; quanto deve aver sofferto Gesù mentre lo frustavano e lo castigavano? E quanto ha avuto paura quando capisce di essere condannato a morte? Ma Egli si abbandona totalmente alla volontà di Dio e si sacrifica per amore di noi tutti.

Benedetto XVI ci spiega il senso del sacrificio compiuto scrivendo: “Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale.”

E afferma quindi che l’atto dell’Eucaristia (offrire nel pane e nel vino se stesso) diventa un atto che ci coinvolge pienamente nel Suo essersi donato. Atto che coinvolge tutti noi, e ci pone di fronte al vero “agape”. Amore per Dio e amore per il prossimo sono veramente uniti nell’Eucaristia: in essa l’”agape” di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi. Nella comunione è quindi contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta.

E questo è proprio quello che troviamo inciso sulla nostra piastrina!

 “Amiamoci gli uni gli altri- scrive Giovanni- ,perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”(1 Gv 4,7-8).

“Dio è amore” non vuol dire che Dio possiede l’amore ma, al contrario,si capisce che l’intima natura dell’essere di Dio e il significato profondo del suo sacrificio è : l’essere Amore.

L’ “agape” (l’amore di Dio) ,quindi, è quell’amore che congiunto armoniosamente alle tendenze dell’uomo, ne fa nascere una dinamica tensione ed una attiva proiezione verso gli altri.

 

 

Scrive Charles de Foucauld

 

“L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come San Pietro, pentirsi,  come San Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: “Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo”.

L’amore che Gesù ha per noi, egli ce l’ha dimostrato abbastanza perché noi possiamo crederci senza sentirlo; sentire che noi l’amiamo e ch’egli ci ama, sarebbe il paradiso; il paradiso, salvo rari momenti e rare eccezioni, non è per quaggiù.

Narriamoci spesso la duplice storia delle grazie che Dio ci ha fatto personalmente dopo la nostra nascita, e delle nostre infedeltà; vi troveremo – soprattutto noi che abbiamo vissuto per molto tempo lontani da Dio – le prove più sicure e più commoventi del suo amore per noi, come anche , purtroppo, le prove sì numerose della nostra miseria. C’è motivo per immergerci in una fiducia senza limiti nel suo amore (egli ci ama perché è buono, non perché siamo buoni, le madri non amano forse i loro figli traviati?) e motivo per sprofondarci nell’umiltà e nella diffidenza verso di noi”.

 

Scrive Benedetto XVI

 

L’amore può essere comandato perché prima è donato. Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio.

Siccome Dio ci ha amati per primo, l’amore adesso non è più solo un comandamento, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro.

 

 

 

Fonti:

- Benedetto XVI, Dio è amore.

- Pasquale Foresi, Amore di Dio, amore per Dio.

Giulia Bordin

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