I vescovi francesi, che già in passato sono intervenuti con chiarezza sull'argomento, tornano adesso a sollecitare una più approfondita riflessione che tenga conto dell'effettivo valore della posta in gioco
«Nessuna persona è tale senza essere stata prima un embrione»: è la considerazione, di un’evidenza lapalissiana, che l’episcopato francese offre alla riflessione comune in concomitanza con la ripresa dell’esame da parte dell’Assemblea nazionale del progetto di legge riguardante la ricerca sull’embrione e sulle cellule staminali embrionali. Il testo, già approvato dal Senato, autorizza questo tipo di ricerca come principio e a condizioni meno restrittive di quanto previsto finora. I vescovi, che già in passato sono intervenuti con chiarezza sull’argomento, tornano adesso a sollecitare una più approfondita riflessione che tenga conto dell’effettivo valore della posta in gioco.
L’intervento — a firma dell’arcivescovo di Rennes, Dol e Saint-Malo, Pierre d’Ornellas, esperto di questioni bioetiche — è stato diffuso sul sito in rete della Conferenza episcopale. I presuli si domandano se c’è d’aver paura di un dibattito pubblico su temi così delicati: «Questi ultimi mesi hanno dimostrato che la mancanza più grave della politica è stata quella di non aver organizzato un dibattito in cui ciascuno potesse esprimere, ascoltare e riflettere in particolare sulle questioni sociali». Il riferimento, evidentemente, è alla recente legge che ha consentito le nozze e l’adozione di bambini da parte di persone dello stesso sesso. Al contrario, «quando le intelligenze s’incontrano per cercare insieme la strada più giusta per il progresso, esse crescono e trovano nella pace la soluzione». In questo caso il riferimento è agli stati generali sulla bioetica svoltisi nel 2009 che, si rileva, hanno «permesso un vero e proprio “dialogo” tra i componenti della società». Non fu dunque «senza una ragione ben consolidata che quella discussione sulla bioetica si concluse nel luglio 2011 con il mantenimento nella legge del principio che vieta la ricerca sugli embrioni umani e sulle cellule staminali embrionali».
Oggi «alcune persone ritengono che questa ricerca debba essere consentita» a determinate condizioni. La posta in gioco è, se possibile, ancora più importante: «Per la prima volta nella storia del nostro diritto, diventerebbe legale l’utilizzazione di un essere umano». È proprio per questo, aggiungono i vescovi, che il legislatore nel 2011 ha ritenuto necessario inserire nella legge che ogni cambiamento della normativa sulla bioetica dovesse essere preceduto da un dibattito sotto forma di stati generali, dimostrando così fiducia nel confronto organizzato. I presuli si domandano, quindi, «perché questo articolo di legge non si applica alla ricerca sull’embrione umano?». Soprattutto, «perché aver paura del dibattito confinando oggi l’esame di tale questione in una seduta parlamentare?». Domande che evidentemente attendono una risposta dalle istituzioni.
Da parte sua, la Chiesa in Francia ricorda di aver sempre spinto al confronto e al dialogo, cosciente dell’importanza dei temi bioetici. Già nel 2009 vennero pubblicati alcuni criteri per il discernimento. La Chiesa vuole, infatti, che la «scelta tra divieto e autorizzazione alla ricerca sull’embrione umano avvenga alla luce di un autentico dibattito». Un confronto che non deve essere condizionato da «interessi particolari». Scienza ed etica, avvertono, non possono mai procedere separatamente.
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