Tra le questioni ancora aperte relative alla scuola c’è anche quella della sofferenza in questo periodo degli istituti paritari
di Marco Pappalardo
Tra le questioni ancora aperte relative alla scuola c’è anche quella della sofferenza in questo periodo degli istituti paritari che, possano piacere o no, svolgono una funzione pubblica che lo Stato non riusciva prima e non riuscirebbe ora a coprire se dovessero chiudere. Qual è il problema? Pur non essendosi mai fermati durante il lockdown al pari della scuola statale, pur lavorando con zelo e costante impegno nella modalità a distanza, rischiano di non ricevere il pagamento delle rette da parte di alcune famiglie trovatesi improvvisamente in difficoltà economiche. In una realtà già non rosea a motivo della crisi degli ultimi anni e rispettando economicamente il più possibile il lavoro dei docenti e del personale con il versamento puntuale dello stipendio, la mancanza di un certo numero di rette diventa pesante, considerato anche che in ogni scuola tra queste c’è normalmente più di uno studente accolto gratuitamente o con un minimo contributo. Dunque, escludendo i cosiddetti “diplomifici” che offendono tutto il comparto scolastico a prescindere dal momento difficile, il nostro Paese gode del servizio di molte realtà serie ed impegnate per la formazione globale di bambini, ragazzi e giovani. Questo non si può non riconoscere in modo obiettivo, e negarlo non è serio, tranne che non menta persino la Costituzione! Certo l’Articolo 33 afferma “senza oneri per lo Stato”, ma oggi parliamo di una situazione drammatica e straordinaria in cui uno Stato è chiamato a caricarsi necessariamente anche di questi oneri, così come fa per altre realtà private. Non sarebbe un tradimento della Costituzione, anzi la esalterebbe al massimo interpretandone il valore del conseguimento del bene comune. Che in Italia sopravviva ancora la scuola paritaria è dunque un grande segno di libertà, di democrazia, di cultura e di memoria storica! Infatti molti dimenticano – per alcuni annebbiamenti ideologici - che in passato, in alcune zone dell’Italia, se non fosse stato per le scuole dei privati, saremmo ancora analfabeti o quasi, poiché le scuole statali non esistevano o si fermavano al massimo alle elementari. E se anche continuassimo a non crederci e non ci piacessero proprio, pensiamo almeno agli studenti! Sono forse da considerarsi di Serie B? Riflettiamo sul trauma di un bambino o di un ragazzo nel caso in cui, dopo aver già subito per necessità l’allontanamento fisico dai compagni e dagli insegnanti, si trovasse all’inizio del prossimo anno scolastico con la propria scuola chiusa e senza la sua classe. Si meritano pure questo? E, comunque, la scuola statale non potrebbe accoglierli per più di una ragione: motivi di organico, le classi già pollaio, il costo per lo Stato, gli attuali problemi dovuti alla pandemia. Infine, non si tratta di dare soldi pubblici a pioggia e non è detto che li si debba versare direttamente alle scuole paritarie; che vadano alle famiglie che dimostrino le difficoltà economiche, magari con un voucher che abbia la destinazione unica del pagamento delle rette scolastiche. Finiamola, dunque, con la guerra tra poveri e le polemiche, e ricordiamo che, mentre spesso si discute in politichese e ideologicamente, ci sono i nostri studenti che hanno bisogno quotidianamente di chi dia una risposta di senso alle domande importanti della vita attraverso lo studio e l’insegnamento appassionato, libero, coerente, innovativo, non dogmatico, né relativista.
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