Dio della conoscenza

Veramente, mio Dio, il solo sapere è nulla, e finisce tutto nella consapevole amarezza di non riuscire a raggiungere una comunione viva con la realtà. Solo nella sapienza dell'amore è l'esperienza che mette il mio cuore in contatto con il cuore delle cose. Solo questa esperienza mi sa trasformare.

Dio della conoscenza

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Quante cose mai sono passate per la mia anima, e per la mia mente, quante ne ho imparate, mio Dio! Non ch'io sappia ora quanto ho imparato. Ho imparato molto, perchè dovevo o perchè l'ho voluto io; e in un caso e nell'altro tutto è finito al medesimo modo: ho dimenticato. Dimenticato perchè il povero piccolo spirito non può apprendere e ritenere una cosa senza lasciar cadere l'altra. Dimenticato perchè, forse già. nell'atto dell'apprendere, una segreta indifferenza impediva al nuovo sapere di diventare più che un nuovo oggetto di noia e di dimenticanza. Comunque io ho per lo più imparato «per» dimenticare di nuovo, «per» fare anche nel sapere l'esperienza della mia povertà e degli angusti limiti del mio spirito. E quel «per » non è un errore di lingua, che il grammatico o il logico debba segnare in rosso. Perchè, Signore, se il dimenticare, questo cadere delle cose, fosse solo una triste sfortuna, e non la debita fine di ogni mio sapere, di ogni scienza, dovrei forse desiderare di sapere ancora tutto quanto ho mai imparato. Ma c'è da inorridire a pensarci: tutte le cose che in tutte le materie scolastiche, in tutti i corsi universitari ho udito e imparato, dovrei saperle ancora; sapere tutti gli argomenti delle oziose conversazioni passate, tutto quanto ho visto in musei o in paesi stranieri. Che mi potrebbe mai servire? Ne sarebbe forse più ricco, o meno vuoto, il mio spirito? Come 1arei a possedere tante nozioni? Dovrei tenerle tutte accatastate nella memoria, a disposizione, per tirarle fuori al bisogno? E perchè dovrei mai averne bisogno? Dovrei rivivere daccapo tutta la mia vita! O dovrebbe essere tutto simultaneamente presente alla mia coscienza? Ma che ci starebbe a fare tutta questa festa di cose nella mia coscienza? Molto meglio dimenticare, mio Dio; e il meglio delle cose - che io ho mai saputo è, per lo più, che si possono dimenticare; è che si vede chiara la povertà loro e della loro scienza.

Si dice, mio Dio - e potrei io contestarlo? - che il conoscere è una delle più alte manifestazioni dello spirito umano, e una delle azioni più proprie della sua vita. E tu stesso sei chiamato «Deus scientiarum Dominus » : «Signore Dio di ogni sapere». Che devo dire io ? Non pesa contro questa affermazione l'esperienza del tuo savio antico?: «Ho rivolto il mio animo alla ricerca della saggezza e della dottrina, dell'errore e della stoltezza, e conobbi che anche in questo è fatica e afflizione di spirito, perchè nella molta sapienza è molto scontento, e chi aumenta la scienza aumenta il dolore» (Eccl. 1, 17 ss.). Si dice che la conoscenza è la via per toccare le cose nel loro cuore, la più intima maniera di possederle. Ma a me sembra che la conoscenza tocca appena la superficie delle cose; nè mi pare che penetri nel mio cuore, in quel centro del mio essere dove io sono veramente io; che è solo un modo di ingannare la noia, di distrarmi dalla desolazione del mio cuore, che ha .fame di possedere davvero le cose e la vita vera" quella vita nella quale la realtà, non nomi o concetti, fluisca come un'onda di melodia nel mio cuore.

Veramente, mio Dio, il solo sapere è nulla, e finisce tutto nella consapevole amarezza di non riuscire a raggiungere una comunione viva con la realtà. Solo nella sapienza dell'amore è l'esperienza che mette il mio cuore in contatto con il cuore delle cose. Solo questa esperienza mi sa trasformare. L'incontro con la realtà mi può trasformare solo se io sono intero nel mio incontro, e intero sono solo nella sapienza dell'amore, non nel nudo 'conoscere; e solo allora ho raggiunto un « sapere» che è il mio stesso essere, che non è solo un'ombra che passa sullo schermo della mia coscienza; ma resta, perchè e come io resto. Solo quanto è vissuto, sperimentato e sofferto è un sapere che non finisce, come un'illusione, in noia e in oblio, ma riempie il cuore con la prudente sapienza dell'esperienza amorosa. Non quello che so escogitare, ma quello che vivo. e soffro riempie il mio spirito e il mio cuore. E ogni dotto sapere è solo un piccolo aiuto per aprire l'animo all'esperienza della vita, in cui solo è la sapienza.

Benedetta la tua misericordia, o Dio infinito, che io non ho solo parole e concetti di te, ma nella mia esperienza, nella mia vita, nella mia sofferenza ti ho incontrato. Poiché tu sei la prima e l'ultima esperienza della mia vita. Tu, non un concetto, né il tuo nome che t'abbiamo dato noi. Tu sei sceso su di me nell' Acqua e nello Spirito del battesimo. Nessun sapiente pensiero ho avuto allora per concepire te. Allora taceva ancora la mia mente, e ogni presunzione del mio ingegno. E tu sei diventato la sorte della mia vita, nè m'hai richiesto di consiglio. Tu m'hai preso; non io ti ho compreso; tu hai trasformato il mio essere fin nella sua ultima radice, nella sua più intima sorgente; m'hai introdotto nella comunione del tuo essere e della tua vita; ti sei donato a me; te stesso m'hai donato, non solo una pallida, lontana notizia di te in parole umane. E io non ti posso dimenticare più, poiché tu sei diventato il più intimo centro del mio essere. Poi che vivi tu in me, non sono più soli fantasmi di vuote e morte parole a portare 1'eco della realtà nel mio spirito, e stancare il mio cuore con la loro molteplicità confusa. No, nel battesimo hai parlato tu la tua parola nella mia anima, il Verbo che fu prima delle cose, più reale delle cose, dal quale solo ogni cosa attinge essere e vita. Questo Verbo della vita è divenuto mia esperienza, per opera tua, o Dio munifico. E il mio spirito non si stanca di lui, perchè egli è uno e infinito; e non mi può tediare mai il suo colloquio con la mia anima, perchè egli, eterno, solleva il mio spirito sopra la perpetua vicissitudine delle cose che mutano, nella muta e gaudiosa pace di sempre antico e sempre nuovo possesso del tutto nella unità. Il tuo Verbo e la tua Sapienza è in me, non perchè io con la mia mente ti conosco, ma perchè tu m'hai riconosciuto figlio e amico tuo. E' vero, la parola esterna, quella della « fede per l'udito», m'è necessaria ancora per possedere quel verbo che hai generato uguale a te dal tuo cuore e che hai pronunciato nella mia anima. Ancora m'è oscura la tua parola viva, e, dall'ultima profondità del mio cuore ove tu l'hai detta, risuona debole e come un'eco lontana nel campo della mia vita cosciente, dove si muove e s'estende il mio sapere, quello che genera lo scontento e l'afflizione di spirito e finisce nell'oblio e merita di essere obliato perchè non giunge mai alla unità, alla vita.

Tuttavia, accanto alla pena di questo disperso sapere, è già realtà in me un altro sapere: la tua Parola, la tua luce eterna.

Cresci in me; divampa, illumina, splendore eterno, dolce luce dell'anima. Risuona sempre più chiaro in me, Verbo del Padre, Verbo dell'amore, Gesù. Tu hai detto che ci hai manifestato tutto quanto hai udito dal Padre. La tua parola è vera. Poiché quanto udisti dal Padre sei tu stesso, Verbo del Padre che conosci te stesso e conosci il Padre. E tu sei mio, tu Verbo sopra ogni parola umana, tu luce davanti alla quale è notte ogni luce della terra, Irradiami tu solo, parlami solo tu. E tutto quanto io so e apprendo non sia che una guida a te, e, nel dolore che l'accompagna, poiché « chi aumenta la scienza aumenta il dolore» (Eccl. 1, 17), mi maturi a comprendere te, e poi scompaia nell'oblio.

Allora sarai tu l'ultima Parola, l'unica che rimane e non si dimentica. Allora, quando tutto tacerà nella morte, e io avrò consumato il mio sapere e il mio soffrire. Allora avrà inizio il grande silenzio in cui tu solo risuoni, Parola dell'eternità. Allora sarà muta ogni parola umana, essere e sapere, conoscere e esperienza saranno una cosa sola: « io conoscerò come son conosciuto», comprenderò quello che tu da sempre m'hai detto: te, mio Dio. Non ci sarà parola umana, né immagine, né concetto fra me e te; tu sarai la mia parola del giubilo dell'amore, della vita che riempie ogni spazio della mia anima.

E sii ora pure la mia consolazione, mentre nessun sapere, mentre la stessa tua rivelazione in parole umane non quieta la nostalgia del cuore, mentre la mia anima si stanca nelle mille parole che noi diciamo di te, ma non possiamo raggiungerti.

Anche se la fiamma della mia mente si illumina nelle ore tranquille e ricade e si cela alla mia vita quotidiana, anche se i miei pensieri appaiono e ricadono nell'oblìo, il tuo Verbo vive in me, di cui sta scritto:

Il Verbo del Signore rimane in eterno. Tu sei la mia conoscenza, la luce e la vita; tu la conoscenza e l'esperienza, tu Dio dell'unica conoscenza che è eterna e beatitudine senza fine.

Karl Rahner

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