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Dio lotta con l'uomo

Delle mille divinità venerate nei culti popolari, c'è il Divino tutto coinvolgente, inesprimibile, fuori di ogni concezione umana. Lontanissimo da ogni dialogo con l'uomo, il cui massimo traguardo è annullarsi in questo oceano impersonale, il Nirvana.


Dio lotta con l'uomo

da Teologo Borèl

del 08 novembre 2006

 Giacobbe era in fuga dal fratello Esaù che lo inseguiva con quattrocento uomini. Una notte prese con sé le due mogli, le due serve, gli undici figli e, con tutto il gregge, passò il guado dello Jabbok, un affluente del Giordano. Sull’accampamento scese il silenzio della notte. Ma lui non riusciva a chiudere occhio. “Giacobbe rimase solo – narra la Bibbia – e uno sconosciuto lottò con lui fino allo spuntare dell’alba. Quando costui vide che non poteva vincere Giacobbe nella lotta, lo colpì all’articolazione del femore, che si slogò e disse: “Lasciami andare perché già spunta l’alba” Giacobbe rispose: “Non ti lascerò andare se prima non mi avrai benedetto” Quello chiese: “Come ti chiami?” “Giacobbe” egli rispose. L’altro disse: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato contro Dio e contro gli uomini e hai vinto”. Giacobbe gli domandò: “Dimmi, ti prego, qual è il tuo nome?” L’altro gli rispose: “perché mi chiedi il mio nome?” e diede la sua benedizione a Giacobbe. Giacobbe disse: “Ho veduto Dio faccia a Faccia e non sono morto!”. Perciò chiamò quel luogo Penuel A faccia a faccia con Dio). Il sole stava sorgendo quando Giacobbe, zoppicando all’anca, lasciò Penuel” (Genesi 32,25-32). 

Una ricerca che non si placa mai

Che significato ha questo episodio, così misterioso della Bibbia?

Risponde Bruno Maggioni, un biblista, appoggiandosi a numerosi studi su questa pagina biblica. “La lotta notturna di Giacobbe con l’angelo può essere letta come una metafora dell’insonna ricerca biblica, e non solo biblica, di Dio. Dio cerca l’uomo e l’uomo cerca Dio.

Una ricerca mai conclusa, quasi una lotta in cui non sembrano esserci né vinti né vincitori. La metafora della lotta dice molto bene la tensione che sta al fondo di ogni rapporto dell’uomo con il divino: una tensione che non va elusa o negata, ma accolta e vissuta. Due sono i tratti del racconto che meritano di essere maggiormente evidenziati. Il primo è che la lotta si protrae a lungo “fino al sorgere dell’aurora”, e l’esito rimane incerto fino alla fine, quando il misterioso personaggio tocca l’anca di Giacobbe che resta slogata. La tensione fra le due ricerche – l’uomo che cerca Dio e Dio che cerca l’uomo – sembra non placarsi mai. E difatti – e questo è il secondo tratto – le due ricerche obbediscono a due logiche differenti. Quando Giacobbe avverte di essere di fronte a un essere divino gli domanda il nome. “In questa ricerca del nome una delle più pressanti domande umane – osserva von Rad, uno dei massimi biblisti – è racchiusa tutta l’indigenza, ma anche tutto l’ardire dell’uomo di fronte a Dio”. Il primo impulso dell’uomo – prosegue Maggioni – è di afferrare Dio e vincolarlo a Sé. Ma Dio non risponde a questa domanda, “non lascia che il suo mistero e la sua libertà vengano violati” (von Rad). E non di meno, non perché sia costretto ma di sua libera iniziativa, benedice Giacobbe”.

(Introduzione generale alla Bibbia, Rinaldo Fabris e collaboratori, Collana Logos, Elledici, Leumann TO, 1999, 423-424).

 

L'uomo proteso verso Dio, e Dio proteso verso l'uomo

Un brano e una interpretazione di sconcertante attualità. Il problema di Dio si riaffaccia infatti alla nostra generazione come ha sempre fatto con ogni generazione. Si potrà combatterlo, si potrà aderirvi, ma Dio è sempre la punta di diamante della ricerca umana con le sue luci e le sue ombre.

Prosegue infatti Maggioni: “L’uomo biblico è un uomo proteso, e anche Dio: Dio proteso verso l’uomo, e l’uomo ansiosamente proteso verso Dio. Di qui le molte domande che l’uomo pone a Dio e Dio all’uomo”. Un dialogo che percorre tutte le pagine della Bibbia, soprattutto nei momenti più drammatici. Sono domande caratterizzate da una sorprendente originalità e, al tempo stesso, domande aperte, universali, specchio dei problemi di ogni uomo e di ogni tempo. Nonostante le singolarità della sua fede – e proprio per questo – l’uomo della Bibbia condivide sempre, fino in fondo, l’inquietudine di ogni altro uomo: la solitudine, l’angoscia, la paura, la tentazione di non più sperare, il senso dell’abbandono, la domanda del “perché”. Questa profonda solidarietà umana – prosegue il biblista – è la ragione che rende possibile a ogni uomo, credente e non credente, di ritrovare sé stesso nelle grandi pagine bibliche. E senza la sua profonda solidarietà con l’uomo, essa sarebbe estranea. Tener conto di questa tensione è dunque importante” (ivi, 424-425)

Viene spontaneo, come già detto, il confronto con lo struggimento di tanti nostri pensatori, credenti o non credenti, di fronte a queste domande, che sono le uniche domande di fondo che ogni uomo e ogni cultura deve affrontare. Uno per tutti: Nietzsche: il suo pazzo grida sulla piazza che Dio è morto, ma in seguito, Nietzsche grida tutta la sua disperazione per questa morte, che segna la morte dell’uomo e dell’universo. “Cosa abbiamo fatto, strappando la catena che legava la terra al sole? Dove va ora la terra? E noi dove stiamo andando, lontano da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte?”

(La gaia scienza, 125).

 

Non Dio, ma il divino senza volto

Ogni grande cultura ha dato una risposta alle inquietudini e agli interrogativi che la vita dell’uomo pone, ha elaborato un suo concetto di Dio. La Bibbia ha regalato all’Europa e all’Occidente la sua risposta. Non un Dio che si chiude nella sfera della sua inarrivabile trascendenza. Ma un Dio che cammina con Lui, che segue il suo avanzare nel deserto della vita sotto una tenda, come Iavhè afferma a Israele nel suo vagare verso la Terra della Promessa. Un Dio che spasima e soffre per l’uomo, che si fa tutto uomo in Gesù Cristo.

Altri popoli, altri continenti hanno elaborato diverse concezioni di Dio. L’Africa con il suo animiamo, vede Dio ad animare ogni realtà, dalla foresta alla belva che uccide, al capriolo che fugge, al fiume che porta vita.

Le culture orientali che si esprimono nella religiosità induista e buddhista con le loro varianti, hanno elaborato, spesso con analisi filosofiche finissime, un concetto panteista di Dio, anzi del Divino. Aldilà delle mille divinità venerate nei culti popolari, c’è il Divino tutto coinvolgente, inesprimibile, fuori di ogni concezione umana. Lontanissimo da ogni dialogo con l’uomo, il cui massimo traguardo è annullarsi in questo oceano impersonale, il Nirvana.

Ma è sempre un divino impersonale, che non ha volto, che non scende nel cuore degli interrogativi dell’uomo. E questa concezione, di un Divino senza volto, lontano dalla mischia, dal sudore, e dal sangue che inzuppa la storia dell’uomo, ha finito per generare sistemi sociali contro l’uomo. Dal disumano sistema della caste indiane, alle forme di teocrazia più o meno violente, al disprezzo della vita umana, che tuttora fanno parte del patrimonio culturale, sociale e politico dell’Oriente. Ed è interessante notare che questo oscuro fascino dell’Oriente ritorni oggi nell’Occidente più avanzato, sotto forma di New Age, che tenta di rinverdire, con l’appoggio delle scienze astrologiche, psicoanalitiche, quantistiche-ondulatorie, ecc. la spiritualità orientale. “Una tendenza alla regressione dove si consuma una specie di infantilizzazione del mondo per dare spazio alla tendenza romantica e al superamento della ragione” (A. N. Terrin, New Age, La religiosità del post-moderno, EDB, 1992,244).

Il rapporto religione-politica è complesso. Per questo suggeriamo alcuni interrogativi sui quali riflettere:

 

·             La concezione del Divino cosmico quali ricadute ha portato nel campo sociale e politico dell’Oriente?

·             La democrazia è sorta e si è imposta nel mondo occidentale grazie agli influssi intrecciati del pensiero greco, dell’illuminismo e della visione cristiana di Dio e della dignità della persona umana. Perché non è riuscito a imporsi nel mondo orientale, dove sono presenti piuttosto regimi di tipo assolutistico e teocratico, e dove, ad esempio, l’imperatore del Giappone rinunciò alla sua ascendenza divina sulla tolda del Missouri, firmando la pace alla presenza del gen. McArtur?

·             Quale influsso politico e sociale ha sul mondo islamico del Vicono e Medio Oriente la concezione di un Dio, Allah, lontanissimo dalla storia e dall’uomo, cui richiede soltanto sottomissione incondizionata (islam)?

 

Il volto del Dio di ges√π Cristo

La Bibbia ebraica aveva rivelato il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, e ne aveva narrato le gesta in favore del suo popolo, stritolato tra le due superpotenze del tempo, Egitto e Assiria, l’aveva guidato nella lunga marcia nel deserto sotto una tenda.

Ma non era arrivata a disvelare il volto segreto di Dio. Il velo che lo ricopriva fu lacerato dal suo stesso Figlio, fattosi uomo tra gli uomini, Gesù Cristo. E il Dio di Gesù Cristo, senza nulla rifiutare del Dio biblico, aveva rivelato la sua identità più profonda: l’Amore. Dio è Amore. E questo ha prodotto le grandi rivoluzioni cui accennava sopra il card. Martini: il dono di sé, la povertà come valore, la sofferenza come beatitudine, la preferenza per i piccoli, i poveri, i malati, i bambini, l’anteporre il bene comune agli interessi privati o di categoria, ecc. Vedi il “Discorso della Montagna”.

Amore ma non solitudine, amore trinitario, amore come fondo dell’essere. Realtà ultima in cui si consuma l’avventura umana, quando Dio, come dice Paolo, sarà “tutto in tutti”.

 

Carlo Fiore

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