Si assiste al linciaggio morale e mediatico, alla gogna per Sr. Eugenia Libratore, rea di avere «licenziato» una sua insegnante perché ritenuta lesbica... Si invocano leggi che finalmente tolgano alle scuole paritarie quei pochi fondi che sono ancora destinati...
Che strano, accade sempre più spesso che i cattolici che vogliono essere tali facciano appello alla ragione, così come la grande tradizione della Chiesa ci ha insegnato (e potremmo ricordare il bel racconto di Chesterton, che fa smascherare il ladro travestito da prete dal suo Padre Brown, proprio per il fatto che il disprezzo della ragione non è caratteristica della fede cattolica). Così si cercano le ragioni per difendere i principi non negoziabili (da molti testardamente chiamati «valori», come se i due termini fossero sinonimi e in questo il sostegno alla famiglia naturale, l’unica che abbia il titolo per chiamarsi tale. E questo non implica il giudizio sui rapporti omosessuali, giudizio che è morale e mantiene questa sua caratteristica.
E sconcerta lo spettacolo dei laicisti che hanno un’ansia particolare per definirsi «cattolici» (e lo sappiamo, di quel cattolicesimo autocertificato che rifiuta la Chiesa, il magistero del Papa, salvo poi citare a sproposito frasi spezzettate e fuori dal contesto di Papa Francesco, cancellandone sistematicamente le altre).
Così si assiste al linciaggio morale e mediatico, alla gogna per Sr. Eugenia Libratore, rea di avere «licenziato» una sua insegnante perché ritenuta lesbica. Si recitano mantra assurdi sulla discriminazione nei confronti dell’orientamento sessuale dei lavoratori, si invocano leggi che finalmente tolgano alle scuole paritarie quei pochi fondi che sono ancora destinati (ndr: la maggior parte delle scuole non ricevono alcun soldo… verifichino quello che dicono coloro che affermano il contrario). Si ascoltano come oracoli indiscutibili le parole filtrate della insegnante, se ne amplificano i particolari, si ripete, col solito copia-incolla mediatico, il giudizio che nessuno si sognerà mai né di verificare né tantomeno di contestare.
E non si può dare voce alla accusata principale, all’omofoba madre superiora, che, spiegando cosa accaduto, aiuta a capire il «tanto rumore per nulla». Ha detto costei in una intervista al Messaggero: «Ho convocato a colloquio una insegnante che aveva il contratto scaduto come atto di gentilezza. Il resto sono tutte falsità. Avrei potuto non chiamarla. Mi era giunta voce che fosse lesbica e ne ho parlato con lei per capire se vivesse un problema personale. Chi è lesbica, se vuole lo dice. Se lo nasconde, voglio capire se ci sono problemi, come intende comportarsi, perché io sono responsabile di mille studenti, ho 137 dipendenti, ho doveri educativi. Lei neanche ha risposto e se n'è andata. Il mio era un modo di offrirle altre possibilità di lavoro, di avere un rapporto per aiutarla, se ne avesse avuto bisogno. Mi sarebbe bastato capire che vivesse la sua situazione in modo tranquillo».
Certo, non può essere vera, non può una Madre Superiora avere una preoccupazione educativa nei confronti di una giovane insegnante. Oramai il clima della comunicazione è peggio del peggiore giacobinismo, intollerante e becero come al tempo di Robespierre: nessuna pietà per i nemici del popolo, affamatori della società, che sono sanguisughe dei poveri studenti che non avranno benefici scolastici per il mare di soldi dato alle «scuole private», alle scuole di preti e monache che non sanno più svolgere un servizio che sia pubblico, cioè per «tutti»!
La ragione autentica chiede di saper guardare ai fatti senza pregiudizio, di avere se mai un «pregiudizio positivo», cioè una apertura nei confronti di tutto. Questo disgustoso laicismo sa solo condannare chi è diverso da sé: non solo non capisce e non fa capire la realtà, ma sa solo preparare armi di intolleranza da scagliare contro chi è ritenuto nemico. E così crea una società invivibile, dove la «dittatura del relativismo» genera una intolleranza insopportabile.
Don Gabriele Mangiarotti
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