Sei mesi per dirsi addio. Al massimo un anno, se non è consensuale...
Sei mesi per dirsi addio. Al massimo un anno, se si decide di ricorrere al giudice. L'Aula della Camera ha dato il suo sì definitivo all'introduzione del divorzio breve. Il provvedimento è stato licenziato a Montecitorio con 398 sì, 28 no e sei astenuti. Si tratta di una vera e propria svolta per l'Italia visto che si va a modificare una norma di oltre 40 anni fa (Il Messaggero.it, 22 aprile).
CHI HA VOTATO A FAVORE
A favore hanno votato Pd, Sel, M5s, Scelta civica, Psi e Alternativa libera. Forza Italia e Area popolare hanno dichiarato il loro sì lasciando, però, anche libertà di coscienza, viste le "diverse sensibilità" presenti nei gruppi. La Lega Nord ha lasciato libertà di coscienza (Repubblica.it, 22 aprile).
6 MESI O 1 ANNO PER DIVORZIARE
Un traguardo che arriva dopo oltre 10 anni di discussioni in Parlamento e modifica la legge n. 898 del 1970. Il tempo di attesa tra separazione e divorzio scende a un anno (invece di tre) se l'addio è giudiziale, ma se il divorzio tra i coniugi è consensuale il tempo scende a 6 mesi. E non cambia nulla se nella coppia ci sono figli minori.
L'AFFIDAMENTO DEI FIGLI
Tra le novità la decorrenza del tempo: non partirà dalla prima udienza di fronte al presidente del tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio. Nuove indicazioni anche sull’affidamento dei figli e il loro mantenimento: la sentenza del giudice varrà anche dopo l’estinzione del processo, fino alla sostituzione da un altro provvedimento emesso per ricorso (IlFattoQuotidiano.it, 22 aprile).
ED ORA IL DIVORZIO "LAMPO"?
Il 18 marzo il Senato aveva dato il via libera al provvedimento con 228 voti favorevoli, 11 contrari e 11 astenuti. L’approvazione è avvenuta dopo che il Partito democratico e la stessa relatrice della legge, Rosanna Filippin, hanno ritirato il comma 2 dell’articolo 1 del ddl che avrebbe permesso il cosiddetto “divorzio immediato”. L’emendamento prevedeva che nei casi senza figli minorenni, figli maggiorenni con handicap o al di sotto dei 26 anni non economicamente autosufficienti i coniugi potessero ottenere il divorzio immediatamente, se fossero stati d’accordo. Ma la Filippin ha già annunciato che lo rilancerà con una legge a sé.
IL "NO" DEI VESCOVI
Sul divorzio breve c'è un "no" compatto del fronte cattolico. L'ultimo pronunciamento ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, datato settembre 2014, non ammette repliche: abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizza «una concezione privatistica del matrimonio» (Tempi.it, 25 settembre).
AIUTO AD UNA DECISIONE "GRAVE”
Ancora più duro era stato il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco: «Accorciare questo tempo apparentemente può essere una maggiore considerazione della libertà degli individui ma sarebbe, dall’altra parte, una facilitazione a una decisione così grave, non solo per i coniugi ma per il Paese intero, perché se due persone stanno insieme con un progetto comune questo è molto importante per tutta la società, non è un fatto meramente privato» (Avvenire, aprile 2014).
DECANTARE LE EMOTIVITÀ
«I tempi più lunghi – aveva aggiunto proseguito Bagnasco – tra la separazione e il divorzio non sono una forma di coercizione della libertà degli individui ma sono da parte della società e dello Stato una possibilità perché le persone coinvolte possano far decantare le emotività, le situazioni di conflitto per un tempo di maggiore riflessione e di pausa in modo da affrontare con maggiore serenità, per quanto possibile, un passo così grave come il divorzio».
L'ALVEO DELLA FRETTA
Sulla stessa linea si era espresso il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino: «Se l'alveo deve essere quello della fretta, del riflettere senza un confronto, allora il divorzio sprint non permetterà alla società di recuperare ciò di cui ha più bisogno» (Il Sussidiario.net, maggio 2014).
FAMIGLIE SFASCIATE
Parlando da uomo di Chiesa, monsignor Galantino aveva spiegato: «Come prete incontro tante famiglie con problemi. Di questo passo, con il divorzio veloce quante famiglie si sarebbero sfasciate. E invece la riflessione, il più delle volte, mi porta a dire che farebbe prevalere il buon senso e porterebbe a risolvere i tanti problemi che comunque ci sono».
MENO RESPONSABILITA' PER CHI SI SPOSA
«Una banalizzazione del matrimonio, ma anche un indebolimento della responsabilità di coloro i quali si accingeranno a sposarsi», lo ha definito invece il vicepresidente dei Giuristi Cattolici, l'avvocato Gianfranco Cerrelli (Radio Vaticana, 15 marzo).
L'ATTACCO DI FAMIGLIA CRISTIANA
Negativa ovviamente la reazione di Famiglia Cristiana, che in un editoriale attacca: «L'ennesimo attacco alla famiglia e ai figli sempre meno tutelati e vittime dell'irresponsabilità - attacca il settimanale dei paolini - tre anni è un tempo che diversi esperti, psicologi e mediatori familiari, considerano necessario per consentire alla coppia quantomeno di riflettere sulla propria decisione. Soprattutto se ci sono di mezzo i figli. Non sono poche le coppie, dopo un attento esame e una pausa di rimeditazione, hanno cambiato idea e non si sono più separate».
Gelsomino Del Guercio
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