Don Bosco e le vacanze: Il sogno sugli effetti delle vacanze.

Pensieri sparsi di Don Bosco, tratti dalle "Memorie biografiche", sul tema delle vacanze.

Io sono contento di rivedere il mio esercito di armati contra diabolum.

Tante cose avrei a dirvi, essendo la prima volta che vi parlo dopo le vacanze; ma per ora vi voglio raccontare un sogno. Voi sapete che i sogni si fanno dormendo e che non bisogna prestarvi fede; ma se non c'è nessun male a non credere, talvolta non vi è male neppure a credere e possono anzi servirci di istruzione, come, per esempio, questo.

Io era a Lanzo alla prima muta d'esercizi e dormiva, quando, come dissi, feci un sogno. Io mi trovava in un luogo ove non potei conoscere quale regione fosse, ma era vicino ad un paese nel quale estendevasi un giardino, e vicino a questo giardino un vastissimo prato. Era in compagnia di alcuni amici che mi invitarono ad entrare nel giardino. Entro e vedo una gran quantità di agnellini che saltavano, correvano, facevano capriole secondo il loro costume. Quando ecco si apre una porta che mette nel prato e quegli agnellini corrono fuori per andare a pascolare.

Molti però non si curano di uscire, ma si fermano nel giardino; e andavano qua e là brucando qualche filo d'erba e così si pascevano, quantunque non vi fosse erba in quell'abbondanza come fuori nel prato, ov'era accorso il più gran numero. - Voglio vedere che cosa fanno questi agnellini di fuori, - io dissi. Andammo nel prato e li vedemmo pascolare tranquillamente. Ed ecco quasi subito s'oscura il cielo, seguono lampi e tuoni e si approssima un temporale.

 - Che cosa sarà di questi agnellini, se prendono la tempesta? andava io dicendo. Ritiriamoli in salvo. - E li andava chiamando. Poi io da una parte e quei miei compagni sparsi in diversi punti, cercavamo di spingerli verso l'uscio del giardino. Sennonchè essi non volevano saperne di entrare; caccia di qua, scappa di là, eh sì! gli agnellini avevano le gambe migliori delle nostre. Frattanto incominciarono a cadere spesse gocciole, poi veniva la pioggia ed io non riusciva a poter raccogliere quel gregge. Una o due pecorelle entrarono bensì nel giardino, ma tutte le altre, ed erano in gran quantità, continuarono a star nel prato. - Ebbene, io dissi, se non vogliono venire, peggio per loro! Intanto noi ritiriamoci - E andammo nel giardino.

Colà vi era una fontana su cui stava scritto a caratteri cubitali: Fons signatus, fontana sigillata. Essa era coperta, ed ecco che si apre; l'acqua sale in alto e si divide e forma un arcobaleno, ma a guisa di volta come questo porticato.

Frattanto si vedevano più frequenti i lampi, seguivano più rumorosi i tuoni e si mise a cader la grandine. Noi con tutti gli agnellini che erano nel giardino, ci ricoverammo e ci stringemmo là sotto quella volta meravigliosa e non vi penetrava l'acqua e la grandine.

 - Ma che cosa è questo? io andava chiedendo agli amici. Che cosa sarà mai dei poveretti che stanno fuori?

 - Vedrai! mi rispondevano. Osserva sulla fronte di questi agnelli; che cosa vi trovi? - Osservai e vidi che sulla fronte di ciascheduno di quegli animali stava scritto il nome di un giovane dell'Oratorio.

 - Che cosa è questo? - chiesi.

 - Vedrai, vedrai!

Intanto io non poteva più trattenermi e volli uscire per vedere che cosa facessero quei poveri agnelli che erano rimasti fuori. - Raccoglierò quelli che furono uccisi e li spedirò all'Oratorio, - pensava io. Uscito di sotto a quell'arco, anch'io prendeva la pioggia; ed ho vedute quelle povere bestiole, stramazzate a terra, che muovendo le zampe cercavano di alzarsi e venire verso il giardino: ma non potevano camminare. Apersi l'uscio, alzai la voce; ma i loro sforzi erano inutili. La pioggia e la grandine le aveva così malconce e continuava a maltrattarle, che facevano pietà: una veniva percossa sulla testa, un'altra sulla mascella, questa in un occhio, quella in una zampa, altre in altre parti del corpo.

Dopo alcun tempo era cessata la tempesta. - Osserva, mi disse quegli che mi stava a fianco; osserva sulla fronte di questi agnelli.

Osservai e lessi in ciascuna fronte il nome di un giovane dell'Oratorio. - Mah! diss'io; conosco il giovane che ha questo nome e non mi pare un agnellino.

 - Vedrai, vedrai, mi fu risposto. - Quindi mi venne presentato un vaso d'oro con un coperchio d'argento, dicendomi: - Tocca con la tua mano intinta di questo unguento, le ferite di queste bestiuole e subito subito guariranno.

Io mi metto a chiamarle: - Brrr, brrr! - Ed esse non si muovono. Ripeto la chiamata; niente: cerco di avvicinarmi a una ed essa si strascina via. - Non vuole? Peggio per lei! esclamo. Vado ad un'altra. E vado, ma anche questa mi scappa. A quante io mi avvicinava per ungerle e guarirle, altrettante mi fuggivano. Io le seguiva, ma ripeteva inutilmente questo giuoco. Alfine ne raggiunsi una che, poverina, aveva gli occhi fuori delle orbite, e così malconci che metteva compassione. Io glieli toccai colla mano ed essa guarì e saltellando se ne andò nel giardino.

Allora molte altre pecorelle, visto ciò, non ebbero più ripugnanza e si lasciarono toccare e guarire ed entrarono nel giardino. Ma ne restavano fuori molte e generalmente le più piagate, nè mi fu possibile avvicinarle.

 - Se non vogliono guarire, peggio per loro! Ma non so come potrò farle rientrare in giardino.

 - Lascia fare, mi disse uno degli amici che erano con me; verranno, verranno.

 - Vedremo! - io dissi; e riposi l'aureo vaso là dove prima era e ritornai al giardino. Questo erasi tutto mutato e vi lessi sull'ingresso: Oratorio. Appena entrato, ecco che quegli agnelli che non volevano venire, si avvicinano, entrano di soppiatto e corrono a rimpiattarsi qua e là; e neppur allora potei avvicinarmi ad alcuno. Vi furono anche parecchi che non ricevendo volentieri l'unguento, questo si convertì per loro in veleno e invece di guarirli inaspriva le loro piaghe.

 - Guarda! Vedi quello stendardo? - mi disse un amico

Mi volsi e vidi sventolare un grande stendardo e vi si leggeva sopra a grossi caratteri questa parola: Vacanze. - Sì, lo vedo, risposi.

 - Ecco, questo è l'effetto delle vacanze, mi spiegò uno che mi accompagnava, essendo io fuori di me pel dolore di quello spettacolo. I tuoi giovani escono dall'Oratorio per andare in vacanza, con buona volontà di pascolarsi della parola di Dio e di conservarsi buoni: ma poi sopravviene il temporale, che sono le tentazioni; poi la pioggia, che sono gli assalti del demonio; quindi cade la grandine ed è quando i miseri cadono nella colpa. Alcuni risanano ancora con la confessione, ma altri non usano bene di questo sacramento, o non ne usano punto. Abbilo a mente e non stancarti mai di ripeterlo ai tuoi giovani, che le vacanze sono una gran tempesta per le loro anime.

Osservava io quegli agnelli e scorgeva in alcuni ferite mortali; andava cercando modo di guarirli, quando D. Scappini, che aveva fatto rumore alzandosi nella camera vicina, mi svegliò.

Questo è il sogno e quantunque sogno ha tuttavia un significato che non farà male a chi vi presterà fede. Posso anche dire che io notai alcuni nomi fra i molti degli agnelli del sogno, e confrontandoli coi giovani, vidi che questi si regolavano appunto come accadde nel sogno. Comunque sia la cosa, noi dobbiamo in questa novena dei Santi corrispondere alla bontà di Dio che ci vuole usar misericordia e con una buona confessione purgare le ferite della nostra coscienza. Dobbiamo poi metterci tutti d'accordo per combattere il demonio e coll'aiuto di Dio usciremo vincitori da questa pugna e andremo a ricevere il premio della vittoria in Paradiso.

Don Bosco

 

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