Non si può immaginare la vita di Don Bosco senza la presenza dei ragazzi e dei giovani. Sappiamo quanto è stato riamato dai suoi giovani. Significativa la testimonianza della sorella di Domenico Savio, Teresa, che conobbe e parlò molte volte con Don Bosco...
Non si può immaginare la vita di Don Bosco senza la presenza dei ragazzi e dei giovani. All’età di 32 anni scrive loro: «Miei cari, io vi amo tutti di cuore, e mi basta sapere che voi siete ancora in tenera età, perché io vi ami assai». Sappiamo quanto è stato riamato dai suoi giovani, dunque è doveroso riflettere sul ruolo che loro hanno avuto nella formazione della sua spiritualità. Siamo convinti che diversi giovani gli sono stati messi accanto dal Signore per aiutarlo a raggiungere quelle vette della santità che ne fanno un gigante nella storia della Chiesa. Quanti ragazzi e giovani diventano maestri nella fede per i loro genitori, che immersi nelle loro occupazioni si sono allontanati da Dio o non lo hanno mai conosciuto. Significativa la testimonianza della sorella di Domenico Savio, Teresa, che conobbe e parlò molte volte con Don Bosco, e dichiarò sotto giuramento: «Don Bosco faceva gran conto dell’assennatezza e criterio di mio fratello e – concludeva – che non si era mai sbagliato nel seguire i suoi suggerimenti».
Il primo miracolo ottenuto dai suoi giovani
Don Bosco, sacerdote novello, consigliato da Don Cafasso, che lo aveva accolto nel Convitto Ecclesiastico di Torino, per completare la sua formazione sacerdotale, visita le carceri e piange davanti alle miserie di quei giovani che inoperosi e rosicchiati dagli insetti, stentano di pane spirituale e temporale. Il suo primo pensiero è quello di prevenire nei giovani quelle tristi esperienze della vita e ciò lo spinge ad accogliere, almeno per la catechesi domenicale, il primo giovane che incontra nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Torino, il giovane muratore, Bartolomeo Garelli, orfano di entrambi i genitori, di 16 anni, di Asti, a cui si aggiungeranno tanti altri nelle diverse traversie dei suoi oratori volanti, fino alla dimora stabile della Casa Pinardi, a Valdocco. Sono proprio questi giovani, con le loro preghiere a riottenergli la salute già generosamente consumata per loro.
Racconta Don Bosco stesso nelle sue Memorie: «I molti impegni che io avevo nelle carceri, nell’ospedale Cottolengo, nel Rifugio, nell’Oratorio e nelle scuole, facevano sì che solo di notte dovessi occuparmi di compilare i libretti che mi erano assolutamente necessari. Per la qual cosa la mia salute, già per se stessa assai cagionevole, deteriorò al punto che i medici mi consigliarono di desistere da ogni occupazione… (Di ritorno da Sassi dopo aver confessato tutto il giorno i ragazzi)… fui preso da sfinimento, fui portato a letto. La malattia si manifestò così grave che in otto giorni fui giudicato all’estremo della vita… Sparsa la notizia che la mia malattia era grave, si manifestò generale vivissimo rincrescimento da non potersi dire maggiore». Don Bosco racconta, ancora commosso, che chiedevano di continuo notizie, che piangevano, pregavano, facevano comunioni e adorazione eucaristica anche di notte, penitenze per ottenerne la guarigione... Scrive: «Dio li ascoltò. Era un sabato, a sera e si credeva quella essere l’ultima di mia vita… A tarda notte presi sonno, mi svegliai fuori di pericolo… I miei giovani non potevano credere se non mi vedevano, e mi videro di fatto poco dopo col mio bastoncino a recarmi all’Oratorio, con quelle commozioni che ognuno può immaginare ma non descrivere ». Lo stesso amore per lui si rinnoverà alla fine della sua vita: nel gennaio del 1888, tanti giovani, tra i quali San Luigi Orione, offrirono a Dio la loro vita in cambio di quella di Don Bosco.
A parte questi momenti eccezionali, dobbiamo riconoscere che ogni ragazzo o giovane che incontrò Don Bosco, divenne per lui un pungolo spirituale per crescere nell’amore a Dio e a loro. Alcuni in particolare furono un po’ gli strumenti usati dallo Spirito Santo per la sua santificazione: dal povero orfano giunto dalla Valsesia e accolto da lui in una sera di pioggia, a Carlo Gastini, il piccolo barbiere di 11 anni, a Giuseppe Buzzetti, il 15enne muratore lombardo, ai giovani della prima ora, che diventando salesiani fecero con lui la storia della Congregazione, come Michele Rua, che divenne il suo successore, Giovanni Cagliero, primo missionario salesiano e poi cardinale…
Un piccolo santo accanto a un grande santo
Dovendo fare necessariamente una scelta, puntiamo su colui che la Chiesa ha già dichiarato santo, cioè San Domenico Savio. Nella vita scritta da Don Bosco, leggiamo: «Finora ho raccontato cose che presentano nulla di straordinario, se non vogliamo chiamare straordinaria una condotta costantemente buona, che si andò sempre perfezionando coll’innocenza della vita, con le opere di penitenza e coll’esercizio della pietà. Si potrebbe pure chiamare straordinaria la vivezza della sua fede, la sua ferma speranza, la sua infiammata carità e la perseveranza nel bene fino all’ultimo respiro...». Conosciamo i suoi momenti di estasi in preghiera, le illuminazioni dall’alto che manifesta a Don Bosco, come quando lo invita a recarsi in fretta in città, in casa di un morente, che Don Bosco può aiutare a morire da buon cattolico.
Scrive Don Bosco: «Un giorno ho voluto chiedere al Savio come egli avesse potuto sapere che colà vi era un ammalato, ed egli mi guardò con aria di dolore e poi si mise a piangere… L’innocenza della vita, l’amore a Dio, il desiderio delle cose celesti avevano portato la mente di Domenico a tale stato, che si poteva dire abitualmente assorto in Dio». Non è questo quanto si dirà di Don Bosco stesso circa la sua preghiera contemplativa nell’azione?
Il messaggio di un ragazzo per il Papa
Anche l’ardore missionario in Domenico fu certo di stimolo a Don Bosco, per ravvivare la dimensione missionaria che la sua opera avrà, tra le caratteristiche principali. Ancora nella vita di Domenico, Don Bosco scrive: «Più volte lo ho udito proclamare: Quante anime aspettano il nostro aiuto in Inghilterra; oh, se avessi forza e virtù, vorrei andarvi sul momento, e colle prediche e con il buon esempio vorrei guadagnarle tutte al Signore... ». Questo suo interesse missionario per l’Inghilterra era dettato anche da una speciale rivelazione durante il ringraziamento alla Comunione, che Domenico raccontò a Don Bosco. Scrive: «Parlava volentieri del Romano Pontefice, ed esprimeva il vivo desiderio di poterlo vedere prima di morire, asserendo che aveva cosa di grande importanza da dirgli».
Richiesto da Don Bosco quale fosse questa cosa tanto importante, Domenico descrisse una sua “distrazione” mentre faceva il ringraziamento alla Comunione: disse di aver visto una immensa pianura coperta dalla nebbia; era l’Inghilterra e tanta gente tra le quali apparve il Papa Pio IX con una luminosissima fiaccola che faceva scomparire la nebbia e tutto diventava luminoso. L’amico che gli era vicino gli disse che la fiaccola era la religione cattolica che illuminerà gli inglesi. Nell’ultimo giorno della permanenza a Valdocco, Domenico dirà a Don Bosco: «Se va a Roma si ricordi della commissione dell’Inghilterra presso il Papa». Cosa che avvenne l’anno 1858, anno dopo la morte di Domenico. Scrive Don Bosco: «Essendo a Roma, ho voluto raccontare tale cosa al Sommo Pontefice, che la udì con bontà e con piacere. – Questo, disse il Papa – mi conferma nel proposito di lavorare energicamente a favore dell’Inghilterra». Ecco come un povero giovane, illuminato da Dio, può arrivare a consigliare anche un Papa.
Don Gianni Asti
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