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Don Bosco visto da don Giulio Barberis 1

«Gli stavano tanto a cuore le Missioni, che tra i consigli lasciati al suo Successore, era che alla sua morte sospendesse per un po' l'apertura di nuove case in Europa ma non sospendesse le spedizioni dei missionari».


Don Bosco visto da don Giulio Barberis 1

da Don Bosco

del 11 gennaio 2011

 

          «Gli stavano tanto a cuore le Missioni, che tra i consigli lasciati al suo Successore, era che alla sua morte sospendesse per un po’ l’apertura di nuove case in Europa ma non sospendesse le spedizioni dei missionari».           Don Giulio Barberis fu confidente di Don Bosco e il primo maestro dei novizi salesiani. La sua testimonianza giurata al processo di beatificazione e canonizzazione di Don Bosco occupò 40 sessioni e fu trascritta in 283 fogli protocollo.           In questo primo articolo prendo in esame la sua testimonianza relativa all’argomento «missioni», che occupa diverse pagine.  «Sto studiando i punti strategici»           «Da quando conobbi Don Bosco (1861) vidi sempre che si interessava molto delle missioni, ce ne parlava con entusiasmo e cercava di ispirare in noi giovani parte del suo fervore per la salvezza di quelle anime (…). Quando io fui chierico e prete, fatto professore di geografia vidi più volte Don Bosco osservare sul globo terrestre o su qualche carta geografica e, osservando le tante regioni ancora abitate da idolatri, mandare dei sospiri e pronunciare parole che indicavano il desiderio ardente di poter fare qualche cosa a favore di quegli infelici.             Quante volte, stanco ed affranto dal lavoro, Don Bosco veniva a passeggiare con me in biblioteca e mi parlava dell’Africa, dell’Oceania, della Cina, e del desiderio ardente di mandare dei suoi ad istruire quelle genti che ancora ignoravano Dio! Ma il luogo che più trasse la sua attenzione era l’America, sia pensando alla gran quantità di selvaggi che ancora si trovavano là, sia pensando alle migliaia di emigrati che andavano là a perdere la fede per mancanza di buoni preti, che là prendessero cura delle loro anime.           Sorpresolo io ad osservare fisso su qualche carta geografica, Don Bosco mi disse: “Sto studiando i punti strategici: bisogna che quanto prima, su queste terre, diamo battaglia campale al demonio. Povere anime! Ve ne sono ancora dei milioni, sparse per le foreste, per le montagne, per le vallate, sconosciute ai popoli inciviliti!”.           Un giorno Don Bosco venne da me e mi disse: “Tu che sei professore di geografia, dimmi un po’ se nel tal luogo dell’America meridionale non vi sia qualche catena di montagne: sulle carte non la vedo notata, eppure mi pare che debba esserci: ad occidente, su quella catena, per una immensa estensione, devono esserci radunate innumerevoli tribù di selvaggi”.           Un’altra volta mi disse: “Sono migliaia le anime che ci tendono le mani, ci chiamano e aspettano che andiamo a salvarle”.            Parlando di alcuni di questi selvaggi antropofagi, aggiunge: “Spero che a noi non faranno del male: sono essi stessi che ci cercano e che ci offrono i loro figlioli, e ci domandano in grazia che insegniamo loro la civiltà”.           Un’altra volta disse: “Noi teniamoci sempre ai fanciulli, e per mezzo dei figli avremo la strada aperta per convertire i padri”.           Soprattutto molti anni prima che si andasse in Patagonia, Don Bosco pareva non sapesse parlar d’altro che di quelle regioni, con tutti quelli di Casa e con i forestieri che venivano a trovarlo, in privato e in pubblico, con ignoranti e dignitari, faceva sempre cadere il discorso sulla Patagonia.           (…) Credo di non esagerare nel dire che molte migliaia di volte l’udii parlare con trasporto delle missioni».  La prima spedizione           «Finalmente venne il giorno in cui Don Bosco poté concretizzare questo suo ardente desiderio – prosegue don Barberis –. Da molte parti gli arrivavano molte domande di mandare missionari, ma erano vaghe e presentavano difficoltà insormontabili.           Nel 1874 gli arrivarono domande concrete e convenienti dalla Repubblica Argentina: era il Console di quella Repubblica a Savona che gli portava lettere dell’Arcivescovo di Buenos Aires e del parroco di San Nicolas de los Arroyos, le quali lo invitavano a mandare alcuni salesiani là. (…) Vedendo Don Bosco un cumulo di circostanze tanto favorevoli, si persuase essere questa l’espressione della volontà di Dio.            La considerazione che più lo spingeva ad accettare era che le vastissime regioni chiamate Pampas e Patagonia, abitate e percorse da innumerevoli tribù ancora pagane e selvagge, appartenevano a questa Repubblica, e che perciò avrebbe di là potuto agevolmente, con l’opera dei suoi religiosi, intraprendere la loro evangelizzazione.           (…) Si preparò la spedizione di dieci missionari, a cui volle mettere a capo uno dei suoi primi e più valenti allievi, il teologo Giovanni Cagliero. Li mandò a Roma, a prendere la benedizione del Santo Padre Pio IX, il quale concesse loro grazie e favori spirituali notevoli.            Tutto allestito e presa ancora la benedizione dell’Arcivescovo di Torino, se ne partirono l’undici novembre 1875. Don Bosco volle accompagnarli fino a Genova, anzi fin sopra il battello, poiché da loro non poteva distaccarsi, dando sempre un consiglio all’uno e un avvertimento all’altro. Lasciò loro anche dei ricordi per iscritto, che consegnò a Monsignor Cagliero; li incoraggiò che fin dal battello cominciassero la loro missione verso i ragazzi degli emigranti, come fecero».  Missionari, catechisti, FMA           «Questa non fu che la prima delle tante spedizioni che si successero l’una all’altra tutti gli anni. Nel 1876 fece la seconda spedizione con diciassette missionari; nel 1877 la terza con diciannove missionari; e così di anno in anno, di modo che, alla sua morte, erano partite dodici numerose spedizioni di missionari, le quali non solo erano destinate ad evangelizzare la Repubblica Argentina e la Patagonia, ma anche la Terra del Fuoco, le Isole Malvine, l’Uruguay, il Brasile, il Cile e la Repubblica dell’Equatore.           Tanto gli stavano a cuore le missioni che tra i consigli lasciati al suo successore era che alla sua morte sospendesse per un poco l’apertura di nuove Case in Europa, ma non sospendesse le spedizioni dei missionari.           Fatto il calcolo approssimativamente, sono persuaso che non furono meno di cinquecento tra i missionari, i catechisti e le suore di Maria Ausiliatrice che partirono per le missioni, vivente Don Bosco».           L’attenzione di Don Bosco per le missioni non si limitava a cercare e mandare individui adatti, ma proseguiva con il sostenere le spese per la costruzione di laboratori, chiese e cappelle nelle terre di missione; inoltre si teneva informato sulle condizioni di salute dei missionari e assicurava ogni tipo di cura in caso del loro ritorno in Italia per malattia.

Claudio Russo

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