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Don Bosco visto da don Giulio Barberis 3

Umiltà nell'ascolto. Ciò in cui Don Bosco dimostrò maggiormente umiltà fu la capacità di non offendersi mai per le osservazioni e per le critiche ricevute. «Lo vidi molte volte ascoltare anche le osservazioni degli infimi dei confratelli della Congregazione. Teneva sempre conto delle osservazioni altrui».


Don Bosco visto da don Giulio Barberis 3

da Don Bosco

del 19 gennaio 2011 L’umiltà            Motivi per cui «darsi delle arie» Don Bosco ne avrebbe avuti tanti.Era capace di dialogare con giovani che invece altri adulti vedevano solo come «piccoli delinquenti»; fu chiamato da Dio ad occuparsi di ragazzi poveri e abbandonati; fondò una Congregazione, nonostante le infinite difficoltà incontrate; era ricercato da centinaia di persone che a lui chiedevano un consiglio, papa e vescovi compresi; trovò i soldi e gestì la costruzione di due basiliche (a Torino e a Roma); aprì scuole e laboratori; aiutò tantissimi ragazzi e adulti a salvarsi l’anima. Tutto questo lui lo visse con umiltà.  Il sacrestano dell’Oratorio           «Tanta era l’umiltà di Don Bosco che nel suo esteriore pareva un semplicione, e non lo vidi mai stare sostenuto o darsi un’aria di importanza – testimoniò don Giulio Barberis –. Lo vidi invece molte volte, trovandosi con persone importanti, dare udienza o accarezzare qualche ragazzo inchinandosi fino a lui, o dandogli qualche consiglio. Di mala voglia si recava in casa dei grandi, ma solo quando la necessità dei suoi giovani lo richiedeva.           Era solito chiamarsi “il povero Don Bosco”, oppure “il capo di tutti i birichini di Torino”, oppure “il sacrestano dell’Oratorio”, perché, siccome confessava in sacrestia, vi passava tutti i giorni varie ore. Un giorno, avendo viaggiato con un signore, questi era entusiasmato della sua conversazione e gli domandò chi fosse. Don Bosco lo invitò che venisse a trovarlo nell’Oratorio di Valdocco, e chiedesse del sacrestano, che chiunque l’avrebbe condotto da lui».           Innanzi tutto Don Bosco si ricordava delle sue umili origini, delle quali non si vergognò mai, anzi. «Lo udii più volte parlare con una certa compiacenza della povertà della sua famiglia e delle difficoltà che aveva dovuto superare per poter fare i suoi studi. Incontratosi una volta con un suo benefattore, egli, in presenza di vari, qualificò quel tale come un suo insigne benefattore, avendolo aiutato quando era studente in Chieri, come mi disse qualche mio confratello presente al discorso».           Divenuto sacerdote, avrebbe potuto procurarsi posti di prestigio e ben pagati, ma preferì dedicare la propria vita ai giovani più poveri e abbandonati. «Don Bosco non si vergognava di fare egli stesso gli uffici più bassi con i suoi giovani. Udii da lui medesimo e dai miei compagni più antichi dell’Oratorio come egli, cinto di un grembiule, aiutava sua madre a far cucina e poi distribuiva la minestra ai giovani; rattoppata i loro vestiti e anche le loro scarpe, puliva la chiesa, la casa, spaccava la legna, attingeva acqua, e simili». È naturale, quindi, che abituato a questi servizi non amasse fregiarsi di titoli onorifici. Sarebbero risultati stonati.           «Sebbene gli siano state offerte onorificenze, come quella di Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, egli domandava invece un sussidio dall’Ordine Mauriziano per i suoi giovani, che gli fu concesso per molti anni, come mi dissero molti dei suoi confratelli anziani. Mi si disse pure che il Santo Padre Pio IX gli abbia offerta qualche onorificenza, ma che egli sempre si scusò dicendo che con un abito distinto non avrebbe più osato questuare per le sue opere».  «Pregate per me»           Secondo don Giulio Barberis, ciò in cui Don Bosco dimostrò maggiormente umiltà fu la capacità di non offendersi mai per le osservazioni e per le critiche ricevute. «Lo vidi molte volte ascoltare anche le osservazioni degli infimi dei confratelli della Congregazione. Teneva poi sempre conto delle osservazioni che gli facevano i suoi sacerdoti, e per quanto poteva si adattava al loro parere, domandava con frequenza consiglio a loro.           Molte volte domandava il parere di chi sapeva contrario a qualche sua istituzione, sia per poter conoscere sempre meglio le difficoltà, sia per avere occasione di spiegare a quei tali il motivo per cui intraprendeva quelle opere. Non l’ho mai udito dire: “Io voglio che si faccia questo o voglio che si lasci quello”; ma si limitava a esporre le cose e ad indicare il suo desiderio. Avvenne più volte che alcuni abusassero della sua umiltà e volessero fare a modo loro; don Bosco non si offendeva, cercava di spiegare loro i motivi che lo avevano guidato nello stabilire quella cosa, e sempre cercava di ottenere il suo intento con i modi più umili possibili. Questo lo vidi ripetuto centinaia di volte».           Un altro segno della sua umiltà era il raccomandarsi continuamente e con sincerità alle preghiere degli altri, specialmente quando si vedeva più lodato ed esaltato. Testimoniò don Barberis: «Mi raccontò don Gastaldi, mio confratello ora missionario, che il giorno di Maria Ausiliatrice del 1886 Don Bosco andando dall’altare in sacrestia fu circondato da così tanta gente che egli, terminato di servire Messa, dovette fare grandi sforzi per aprirsi il passaggio tra chi voleva baciargli la mano o i paramenti, chi voleva fargli toccare corone, chi gli presentava bambini. Egli, con gli occhi bassi e le mani giunte, diceva a tutti: “Pregate per me, pregate per me”. Questi sentimenti di umiltà lo accompagnarono per tutta la vita; e anche in morte dimostrò la più grande umiltà esponendo il timore della salvezza della sua anima, e disse ripetutamente a molte persone che venivano a visitarlo, come per esempio al Cardinale Alimonda e al cardinale Arcivescovo di Parigi, che pregassero per lui affinché si potesse salvare l’anima. Questo in presenza di vari preti miei confratelli, dai quali l’ho udito».  La vera umiltà           La vera umiltà non è fatta di sporadici gesti eclatanti. Don Barberis l’aveva capito e visto in Don Bosco: «Di lui non conosco quegli atti di umiltà che si direbbero spettacolari, ma ammirai sempre quella umiltà profonda e costante che non si alterò mai, che non riprese mai aspramente gli altri, perché li giudicava migliori di sé; che non si offese mai di quanto gli dissero o facessero contro, perché si credeva sempre meritevole di peggio. Fece le cose più basse e i servizi più umili, sembrandogli che fossero le cose più naturali di questo mondo; e mentre i grandi lo onoravano, egli si abbassava con i suoi ragazzi, si divertiva con loro, e trovava con essi la sua delizia».

Claudio Russo

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