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Don Bosco visto da Giovanni Francesia

Giovanni Francesia vide Don Bosco fondare i salesiani.Dio non ha bisogno di alcuno, siamo noi, sue povere creature, che dobbiamo mostrarci riconoscenti, perché ci ha chiamati! Se non faremo noi, Dio chiamerà altri!


Don Bosco visto da Giovanni Francesia

da Don Bosco

del 05 gennaio 2011

         

          Giovanni Battista Francesia visse al fianco di Don Bosco per 38 anni. Molto spesso raccontava e scriveva ricordi su Don Bosco, che lo aveva accolto e accompagnato nella crescita da quando era un ragazzo-lavoratore di 12 anni. Francesia era nato a San Giorgio Canavese nel 1838. Con i suoi genitori, in cerca di lavoro, emigrò a Torino. Incontrò Don Bosco all’Oratorio festivo. Due anni dopo Don Bosco lo accolse nella sua casa e lo aiutò a studiare per diventare sacerdote. Francesia fu tra i 17 che nel 1859 si unirono a Don Bosco per fondare la Congregazione salesiana.

          «Ci pareva impossibile»

          Proprio a riguardo alla fondazione della Congregazione don Francesia rilasciò alcune testimonianze che dimostrano quanto a Don Bosco stesse a cuore la Congregazione: «Il Papa… accolse con grande bontà Don Bosco. Gli accordò più volte l’udienza, lo fornì di sapientissimi consigli per la formazione della nuova Congregazione, e gli promise il suo valido appoggio. Questa fu la prima idea della Congregazione, la quale poi, sempre per il desiderio di promuovere il bene della gioventù, prese sempre miglior forma nella mente di Don Bosco.

          Nel 1860, dopo le famose perquisizioni a lui fatte dal governo in odio al suo ossequio al Papa, Don Bosco scrisse le regole della pia Società di San Francesco di Sales, e le mandò all’Arcivescovo Franzoni in esilio a Lione, con preghiera di volerle rivedere e correggere. Così rispondeva alle minacce del mondo, dando a vedere che quelle persecuzioni non solo non lo spaventavano, ma gli davano maggior animo e fiducia nella sua missione.

          Nel 1861 si fecero le prime ascrizioni di una quindicina di individui, con promessa di fare un anno di prova prima di fare i voti semplici. Nel 1862, in maggio, furono emessi i voti da lui e da quelli che erano iscritti, tra i quali c’ero io stesso – testimoniò don Francesia –.

          Ricordo che allora Don Bosco disse che noi dovevamo considerarci come soldati della Chiesa e del Papa, e che con l’aiuto di Dio e della nostra corrispondenza, quella umile società avrebbe enumerato non meno di mille membri nello spazio di venticinque o trent’anni, e si troverebbe sparsa per molte parti del mondo.

          A noi che lo sentimmo ci pareva impossibile che quella società, che egli chiamava umile ed era, avesse a moltiplicarsi tanto, e al presente, dopo 35 anni, vediamo compiuta ampiamente la parola di Don Bosco, attesoché gli iscritti e i professi superano i millecinquecento, fra i quali oltre quattrocento sacerdoti.

          Nel 1864 ottenne un apposito decreto di collaudazione, e un Breve di Pio IX pieno di benevolenza. E tutto ciò per la raccomandazione dei Vescovi suffraganti della nostra Arcidiocesi, con alla testa il Vicario Capitolare di Torino, Canonico Giuseppe Zappata, di venerata memoria, il quale scrisse al Santo Padre che la volesse benedire e approvare con queste parole: “Questi novelli sacerdoti vivono sotto certi regolamenti e con tale regolare condotta che riescono di edificazione”».

          «Dio non ha bisogno di noi»

          I problemi della Congregazione non terminarono con la sua fondazione. «Appena cominciata l’opera della Congregazione, vinte le difficoltà esterne cominciarono le interne. Ricordo che una volta, vedendo che molti si allontanavano, io mi presi la libertà di dire a Don Bosco: “Non vede che tutti ci lasciano?”. E lui mi rispose: “Dio non ha bisogno di alcuno, siamo noi, sue povere creature, che dobbiamo mostrarci riconoscenti, perché ci ha chiamati! Se non faremo noi, Dio chiamerà altri, che ascolteranno meglio la sua voce. Vedrai come il Signore provvederà per rioccupare i posti rimasti vacanti!

          Guarda, io ricordo quando fui abbandonato da tutti all’inizio dell’Oratorio; allora Dio mi fece vedere la chiesa, la casa, i chierici, i preti, ecc. Mi si domandava: ‘Ma dove sono?’, e io rispondevo: ‘Ora non ci sono ancora, ma io li vedo, se avete pazienza vedrete anche voi tutte queste cose!’. ‘Ma questi chierici e preti che abito avranno?’. Io rispondevo: ‘Devono avere l’abito della virtù’. Questa risposta convinceva loro che io ero matto. Ma intanto venne l’Oratorio, la chiesa, i portici, i chierici e i preti. Non dubitare: si vincerà anche questa difficoltà”».

          Quando Don Bosco si assunse l’impresa della costruzione della chiesa del Sacro Cuore in Roma, in mente aveva anche un’altra preoccupazione, oltre a quella di dare al Sacro Cuore una bella chiesa. «Per la chiesa del Sacro Cuore, Don Bosco era solito dire che ora la chiesa lo perseguitava; attese le gravi spese a cui doveva sottostare per compierla.

          Tutti noi vedevamo che l’impresa era gravissima; raccolse il suo capitolo, presentò il caso, fece un calcolo approssimativo, e poi, chiamando ai voti, vide che tutti erano contrari. Allora parlò ai superiori della Congregazione: “Abbiamo confidenza nel Sacro Cuore! Da molto tempo la Congregazione desiderava entrare in Roma, ora la Provvidenza ce ne presenta l’occasione. Verrà tempo che noi avremo da ammirare la bontà del Sacro Cuore, che provvederà per le spese che noi avremo da fare, per costruire questa chiesa”. Venuti una seconda volta ai voti, furono tutti favorevoli».

          Il segreto della fede

          Don Bosco non sarebbe riuscito a fondare la Congregazione, a farla crescere e a superare i tanti problemi se non avesse avuto una solida fede in Dio che lo aiutò sempre ad affrontare innumerevoli ostacoli: «Ricordo che una sera Don Bosco fu chiamato al letto di un giovane moribondo, a cui erano già stati amministrati gli ultimi sacramenti, e disse: “Facciamo un miracolo? Recitiamo un Pater, Ave e Gloria a Domenico Savio, e vedrete che il Signore ridonerà la salute all’ammalato”.

          Fu recitata la preghiera, e poi Don Bosco disse all’ammalato di levarsi e accompagnarlo a cena. Io stesso – testimoniò don Francesia – vidi l’ammalato già guarito e sano, seduto a tavola e mangiarsi un po’ di minestra che gli era stata preparata.

          Don Bosco era solito dire: “Con l’aiuto di Dio, abbiamo fatto molte cose, e se saremo fedeli ne faremo ancora di più”».

Claudio Russo

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