Dove sta la felicità?

Se ti aspetti un programma da seguire, scordatelo: non esiste un metodo breve ed elencato per essere felici. Fare fatica è proprio il passaggio necessario, ed è proprio qui che le persone si fermano.

Su Instagram ultimamente mi sto imbattendo spesso in pubblicità per dimagrire e avere il fisico perfetto, e vari life coach che ti dicono che nella vita non hai mai capito niente e che ti hanno sempre mentito su tutto, ma che loro hanno il metodo per migliorarti la vita.
Immancabilmente il metodo offerto è sempre la “strada-più-corta” per raggiungere un certo obiettivo, perché usano la tua pigrizia per fregarti. Ovviamente sono tutti consigli che riguardano la pura esteriorità.

Dopo aver visto queste pubblicità e questi “nuovi messia”, ho pensato: davvero la nostra felicità dipende da un fattore esterno a noi?

Purtroppo viviamo in un’epoca in cui ciò che conta è quello che mostri agli altri, e se leggi questo senza sentirti parte di questo fenomeno, è bene che ti guardi dentro ancora un po’. Se sei ragazzo, immagino tu abbia invidiato il fisico di Hugh Jackman in Deadpool&Wolverine, o che almeno una volta nella vita tu abbia provato a replicare il fisico di Cristiano Ronaldo, o che almeno una volta hai invidiato quanto guadagna una certa persona (tutto esperienza personale); se sei una ragazza, invece, (mi sto addentrando in un mondo estraneo e pericoloso) penso tu abbia invidiato qualsiasi bel fisico di qualche attrice o cantante, o una donna famosa con un bel vestito costoso, e subito dopo ne hai parlato male. Tutto questo è sintomo di un rapporto non ancora risolto con se stessi, perché nella misura in cui guardi te stesso, guardi gli altri. La cultura di oggi di certo non aiuta affatto. Quindi, che facciamo?

Quello che il mondo oggi vuole dirci è che sarai felice se sarai realizzato, in un processo che chiamerei autorealizzazione. Cosa intende, però, il mondo per “essere realizzato”? Avere un fisico scolpito, avere tanti soldi, una bella macchina, una bella donna o uomo a fianco… farei notare che non ho citato i figli. A oggi la dimensione di dono non è proprio contemplata, infatti i figli si possono eliminare ancor prima che nascano.
Tornando alla descrizione dell’autorealizzazione, sono tutti aspetti che riguardano la dimensione del possesso: sono felice se ho. Nessuno dice, però: sono felice se sono.

Diventare adulti, e lo sto scoprendo pian piano, è trovare la propria positività, la propria identità, non in ciò che si ha o in ciò che si sa fare, ma nell’essere, nell’esistere. La felicità si trova dentro di noi. È bene, innanzitutto, fare pace con se stessi, ovvero con ogni aspetto della propria esistenza: la propria storia, la propria famiglia, il proprio corpo, le ferite non ancora cicatrizzate, eccetera. Certamente, nulla di tutto questo è semplice: per alcuni aspetti ci vuole una vita e mezza, o addirittura si risolveranno in Paradiso.. Vale la pena, però, cominciare. Il rischio, sennò, è di alimentare queste inconsistenze, che sono un limite alla nostra libertà.
Come farlo? Non sono certo un docente di metodologia, e non mi reputo assolutamente la persona più indicata per indicare la via a qualcuno, quindi non mi azzarderei minimamente a darvi il più banale dei consigli. In più, perché vogliamo che gli altri ci diano le risposte alle nostre domande e non facciamo la fatica che cercarle noi stessi? Anche in questo siamo pigri.

Vanne subito a parlare con la tua guida! In ogni caso, se ti aspetti un programma da seguire, scordatelo: non esiste un metodo breve ed elencato per essere felici. Fare fatica è proprio il passaggio necessario, ed è proprio qui che le persone si fermano.
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articolo di: Giancarlo Sartoretto

Foto di Alexander Redl su Unsplash

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