Nello scatto di un fotoreporter della Cnn una donna regge fra le braccia un figlio forse svenuto, forse morto, e l'abbandono di quel corpo addosso alla madre è di nuovo, una volta ancora nei secoli, la Pietà di Michelangelo, e pare ancora Cristo, quel bambino esanime e immoto...
del 01 gennaio 2002
Nello scatto di un fotoreporter della Cnn una donna regge fra le braccia un figlio forse svenuto, forse morto, e l'abbandono di quel corpo addosso alla madre è di nuovo, una volta ancora nei secoli, la Pietà di Michelangelo, e pare ancora Cristo, quel bambino esanime e immoto. Ma la madre, la madre ha due occhi che ci inchiodano, colmi di rabbia e di dolore. La donna mostra il figlio agli uomini, e anche a Dio, e le arde il volto lo scandalo del male.
E ancora, abbiamo visto i ragazzini appena fuggiti dalla scuola assediata correre dai soccorritori a cercare acqua, dopo giorni di terribile sete. E quell'allungarsi di corpi seminudi e smagriti tutti assieme verso un bicchiere, è un altro ricordo sotterraneo e atroce che si muove: gli scampati dei lager che s'affollavano stremati attorno agli alleati, per bere, per mangiare.
Quasi ogni giorno nel mondo c'è una strage. Ma questa s'è abbattuta su mille bambini, sui ragazzi col vestito buono del primo giorno di scuola. Sull'abito a fiori lilla della bambina che in una foto terribile corre, impazzita di paura, fuori da quel palazzo, si è concentrato il ciclone del terrore globale che sta paralizzando il mondo. E centinaia, si dice, sono i morti, altrettanti i feriti, ma tanti torneranno a vivere in quella loro città, come scelta dalla furia cieca di un uragano.
E la paura, le armi, il sangue lasceranno il segno, ma forse un urto più profondo, una faglia più sotterranea e più vitale è stata smossa negli scolari di Beslan. Perché per ore e giorni, nelle mani dei terroristi, hanno compreso di essere, ai loro occhi, non uomini, ma cose. Ovvero, un nulla. Cose aventi un valore solo in relazione agli altri, fuori, ai parenti, al governo, come merce di scambio; ma un niente, oggetti privi in sé di valore, per quegli uomini e donne armati, pronti infatti a uccidere cin quanta ostaggi contro uno dei loro, o a sparare per un movimento di troppo. Uomini come il nulla. E' la stessa terrificante esperienza del nazismo, dei rastrellamenti in cui la proporzione di morte stava uno a dieci, e dei gulag, dove ammassati come bestie nelle celle si moriva a centinaia. E', come ha detto Andrè Glucksmann, un nichilismo risorgente dopo i grandi totalitarismi del secolo scorso, oggi incarnato nella forma del terrorismo globale.
Ma quando questo sguardo terrificante viene d'improvviso proiettato su mille bambini? Quando alle parole seguono gli spari, e il sangue, e gli insegnanti massacrati nel cortile paiono dimostrare con la terribile assenza della morte che hanno ragione gli assassini, che è questione di un attimo, e tutti siamo un nulla? E' un colpo d'ascia poco sopra le radici, è un terremoto nel profondo sentirsi dire: sei un nulla, in questo modo. Non a caso una delle vittime sopravvissute del pedofilo belga Dutroux gli ha urlato in aula: perché non mi hai ucciso?
Tornare indietro dal niente non è semplice. Il marchio resta impresso addosso. E ci perdonino gli psicologi, se abbiamo qualche dubbio nelle loro terapie. Quando hai capito tutto, quando sai tutto, cosa riempie davvero una voragine immensa? Niente di meno che la certezza di un abbraccio, ma infinitamente più grande - niente di meno che l'esatto contrario di quel nulla.
Marina Corradi
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