Quando viene l'autunno caldo gli animi si scaldano. Il che non è mai un bene.Perché il calore e l'amore convivono. Ci si può scaldare di rabbia, ma anche d'amore. E si può usare la collera per spingere e avvampare di più per la bellezza e per l'amore.
Lo chiamano «autunno caldo». E sta già iniziando. Un nuovo, ennesimo autunno caldo per l’Italia. Forse è inevitabile, forse è una stagione ricorrente, del resto di autunni caldi ne abbiamo già avuti. E non sono granché. Perché quando viene l’autunno caldo gli animi si scaldano, appunto, e aumenta la temperatura dello scontro. Il che non è mai un bene. Ma se è inevitabile io chiedo – a costo di passare per pazzo – che sia almeno un autunno bello. Anzi dirò di più: che sia un autunno d’amore. Perché il calore e l’amore convivono. Ci si può scaldare di rabbia, ma anche d’amore. E si può usare la collera – la inevitabile collera per le evidenti difficoltà, per la crisi, per il mancato riconoscimento di legittime aspettative e diritti, per ruberie e corruzione – per spingere e avvampare di più per la bellezza e per l’amore. Mi daranno dell’ingenuo, del sospeso per aria. Come sempre si dice dei poeti, senza sapere dove stanno davvero, a che livello radicale e di abisso. Ma il caldo dell’autunno servirà a qualcosa, sarà fertile solo se sarà anche ardore per la bellezza e per l’amore.
Questa è una specie di supplica a chi sta organizzando le tappe dell’autunno caldo: fatelo bello, fatelo amoroso. Una supplica strana, può sembrare da pazzi. Ma abbiamo bisogno di bellezza e d’amore molto più che di lotta e di scontro. Solo se sarà anche per la bellezza e per l’amore l’autunno caldo non ci regalerà solo fuoco di rabbie, di risentimenti. Non sarò solo fuoco di brevi incendi, di scontro, di inimicizia. E come si fa a riunire in un fuoco l’ira e l’amore? È possibile? In una sua splendida poesia giovanile, l’operaio Karol Wojtyla, scrivendo in modo asciutto e struggente della morte di un compagno durante il lavoro, arriva a dire: «L’amore prorompe più alto se più lo impregna la rabbia». È una frase vertiginosa e verissima. Si può volgere l’ira a nutrimento, a propulsione dell’amore, o l’ira verso la distruzione e lo scontro. Sì, gli uomini – presi dall’ira, la giusta sacrosanta ira per le difficoltà che si incontrano, per il sopruso patito, per la congiuntura che ad alcuni sembra governata in modo da penalizzare i più deboli – devono decidere: nutrire solo altra ira, o spingere più in alto l’amore. Se cercare solo lo scontro con l’avversario o cercare un altro traguardo dell’amore insieme.
Gli uomini, anche al colmo dell’ira – a meno che non abbiano letteralmente "perso la testa" – sanno che il loro cuore e quello di tutti desidera più bellezza, più amore, non solo più soldi. Occorre "insaporire" l’autunno caldo di spezie che non siano solo il velenoso risentimento o il facile rivendicazionismo. I capi sindacali e i leader politici ci pensino. Io so che voi sapete di cosa parlo. Nel vostro cuore, caldo più di ogni autunno, voi lo sapete. Occorre far attraversare le manifestazioni e i comizi che state organizzando anche dal brivido del bello, dal brivido e dal fuoco dell’amore. Anche perché dai primi segni l’effetto potrebbe essere non quello di unire i cittadini e i lavoratori, ma di dividere di più gli italiani tra loro, di metterci ancor più gli uni contro gli altri. E invece c’è bisogno di maggiore unità, mentre la barca vacilla. La bellezza e l’amore sono anche nei momenti di difficoltà propellenti migliori che il risentimento e la lite. Fate come potete, tenendo conto di tutti i fattori in gioco, non immagino certo manifestazioni o cortei che distribuiscono fiori (però potrebbe essere un’idea), ma ascoltate la supplica: vestite, speziate di bellezza l’autunno caldo, e se brucerà sia d’ardore amoroso. Solo così l’ira non ricadrà su se stessa, e quel che farete sarà davvero utile per tutti, e ci scalderà in questi tempi rigidi.
Davide Rondoni
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