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Editoriale: riscopriamo il valore dell'indignazione

Volgare, è la parola più adatta a descrivere l'attuale momento storico, caotico, confuso, conflittuale. E siamo in grande difficoltà quando si tratta di dover spiegare ai nostri ragazzi ciò che succede, ciò che si legge sui giornali o che si sente in radio e in tv.


Editoriale: riscopriamo il valore dell'indignazione

da Quaderni Cannibali

del 24 febbraio 2011

 

 

          Volgare, è la parola più adatta a descrivere l’attuale momento storico, caotico, confuso, conflittuale. E siamo in grande difficoltà quando si tratta di dover spiegare ai nostri ragazzi ciò che succede, ciò che si legge sui giornali o che si sente in radio e in tv.

          Lavorando in contesti educativi, cerchiamo sempre di chiarire con i più piccoli ciò che accade, per evitare che assorbano messaggio sbagliati: è dura affrontare la spiegazione dell’attualità quando davanti alle notizie del telegiornale sono gli stessi ragazzi a notare le anomalie e a ricordare che “dovremmo essere in fascia protetta”.

          Per tre motivi siamo indignate rispetto a ciò che sta avvenendo. Innanzitutto perché nei nostri contesti, abbiamo spesso a che fare con minori che hanno subito abusi perpetuati. Dunque il fatto che determinati argomenti siano all’ordine del giorno certo non ci aiuta. L’interesse dei minori è superiore rispetto a qualsiasi altra cosa, e dovrebbe essere così sia negli atti concreti nei loro confronti, che nei modelli che si offrono loro. Ciò anche in base alla Convenzione diritti del fanciullo del 1989 che il nostro governo nel 1991 ha ratificato.

          Il passaggio di certi esempi aumenta enormemente la fatica educativa, per noi che vogliamo lasciare in eredità qualcosa ai ragazzi che seguiamo e metterli nelle condizioni di vivere la loro vita in maniera consapevole e autonoma. Avranno i nostri ragazzi la forza di misurarsi con ciò che la società offre oggi (la non etica, i non valori)? Nel confronto quotidiano con i coetanei e con i messaggi che passano attraverso i media, riusciranno a mantenere saldi i principi che vorremmo far interiorizzare?

          Inoltre riteniamo non si debba dimenticare che fino al compimento del diciottesimo anno di età parliamo di minori. Fino a quell’età non hanno ancora tutti gli strumenti per rielaborare nel modo giusto le esperienze senza che esse non segnino in maniera troppo profonda le loro vite. A prescindere dal loro sviluppo fisico, dunque, chiamiamoli con il loro nome corretto: sono e rimangono MINORENNI, e non si deve in alcun modo sminuire il danno che ricevono dal punto di vista emotivo, sociale e dello sviluppo della persona, da comportamenti ambigui perpetrati nei loro confronti.

          Infine non accettiamo i modelli culturali che ci vengono propinati: svantaggianti e svalorizzanti la donna come persona, che ne oltraggiano la dignità. Così come rinneghiamo la cultura dilagante dell’indifferenza e della rassegnazione davanti a ciò che avviene.

          È vero che un certo malcostume è sempre esistito, ma prima, determinati sistemi, quello delle raccomandazioni, dei guadagni facili e illegali, venivano almeno definiti immorali, ora passa invece un messaggio diverso: è tutto lecito.

          Spesso, per spiegare tutto questo, è più facile fare dell’ironia. Anche se non siamo sicuri che sia giusto giocare con questioni serie.

          La politica, per esempio, l’abbiamo sempre intesa come qualcosa di alto, di nobile, perché, come ci ricordano le nostre radici, è il mettersi al servizio della “cosa pubblica”. I membri del nostro parlamento dovrebbero essere dei moderni eroi, pronti a sacrificarsi per il bene comune.

          Quando si è perso tutto questo? A che punto della nostra storia di nazione abbiamo rinunciato a lavorare insieme per il benessere di tutti? Quando si è persa la vergogna? Quando il piacere del momento e il benessere del “qui e ora” hanno iniziato a corrodere il futuro di un’intera generazione?

          Se si distrugge la famiglia, se si scherniscono le relazioni, si diradano i contatti umani, se si chiudono le porte all’altro e si privilegia un modello egoistico, cosa ci rimane? Una società che, in nome di una modernità fragile e sprovvista di indirizzo, è una sorta di Dorian Gray spesso anche priva dell’estetica del buon gusto. Chi lavora onestamente è quasi uno “sfigato”. Chi non imbroglia è un “fesso”. E beato chi si può concedere qualsiasi vizio. È convinzione diffusa che la morale sia parola vuota e priva di significati tra le quattro mura domestiche.

          Il Censis ha parlato di un 'inconscio collettivo senza più leggi né desideri'. In un contesto sociale dove i minori (e adulti) sono alle prese con desideri soddisfatti sempre e immediatamente, il rischio è quello di perdere l’orientamento alla vita: non c’è anelito a qualcosa, non c’è alcuna meta da raggiungere.

          E, contemporaneamente allo sfaldamento culturale e sociale, e nel bailamme dell’agone politico, cala il reddito delle famiglie (– 2,7 percento dati Istat), aumenta la percentuale di disoccupazione nel nostro paese mentre diminuisce la qualità dell’occupazione.

          Si impoveriscono i più piccoli mentre i potenti stanno a guardare e la società volta lo sguardo dall’altra parte per non vedere il danno etico che deriva al Paese e ai giovani da comportamenti privati di personaggi pubblici. Quale messaggio cristiano si vuole trasmettere attraverso questi comportamenti?

          Ci si lamenta spesso delle nuove generazioni, ma è lecito chiedersi: se da coloro da cui dovrebbe arrivare il buon esempio abbiamo solo pessimi comportamenti cosa possiamo aspettarci dai più giovani? Se le principali istituzioni perdono autorevolezza, se non c’è più riconoscimento di autorità alcuna, cosa possiamo pretendere dai nostri ragazzi? Dovremmo solo sperare che crescano ispirandosi all’opposto dei modelli che gli vengono propinati e che il loro fisiologico trasgredire rispetto ai modelli degli adulti, consista nel ritrovare la “giusta normalità” delle cose, la “sanità” dell’agire quotidiano, la dignità della persona e del lavoro.

          Iniziamo allora a riscoprire anche il valore dell’indignazione e della denuncia perché se vogliamo giovani migliori dobbiamo per prima cosa essere adulti migliori. Il criterio di validazione di qualsiasi proposta deve essere la coerenza esistenziale. Come ricordava il Papa qualche domenica fa, “si avranno buoni frutti solo se il predicatore è anche testimone ed esempio”… magari di una vita moralmente coerente. E questo vale per tutti, soprattutto per chi si dice credente.

          Quindi, ai nostri politici che pretendono di rappresentare i valori cristiani, chiediamo siano più coerenti nel loro vivere quotidiano. Non sono persone qualunque, ma rappresentano e devono dar conto al popolo del loro operato, nella consapevolezza che questo influenza il pensiero comune, soprattutto quello delle giovani generazioni.

 

http://www.federazionescs.org

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