Padre Jacques era un prete come tanti preti feriali che diamo per scontati...
È molto probabile che padre Jacques Hamel, la mattina in cui gli è stata strappata la vita, pensasse a tutto tranne che al martirio. A 86 anni, credeva di lasciare questo mondo per malattia, improvvisa o prolungata.
Una messa feriale, al mattino, con pochi fedeli, in una chiesa come tante, in una cittadina come tante. I soliti canti delle messe feriali, che in estate sembrano, spesso, ancora più feriali.
Un vecchio prete. Vecchio ma ancora presente.
Un prete feriale, Padre Jacques. Non un santo; un uomo buono, un sacerdote ordinario, da messa, confessionale, bollettino parrocchiale, qualche iniziativa pastorale.
Un prete come tanti, come quasi tutti.
Questo, tra le tante cose, mi ha fatto pensare il martirio del vecchio prete. Mi ha fatto pensare, cioè, ai nostri preti feriali, quelli che incontriamo nella vita di parrocchia.
Quei preti che tengono aperte le nostre chiese, che celebrano i sacramenti, e che diamo spesso per scontati.
Uomini con tutto il loro carico di difetti, di paure, di pesi, di contraddizioni. Uomini di cui ogni tanto ci lamentiamo, che talvolta aiutiamo, e da cui talora siamo aiutati. Preti ordinari, preti che magari non amano stare in confessionale ad ascoltare i peccati ordinari di gente ordinaria, che forse nemmeno più si ricorda cosa sia il peccato. Che magari limano il tempo da dedicare alla confessione. E che però trovi in confessionale.
Preti che magari non predicano in modo coinvolgente, stimolante, illuminante. Ma che celebrano tre messe alla domenica, o più.
Preti che sono talvolta scherniti e criticati, che forse non capiscono dove va il mondo, e non hanno sempre la parola giusta, la voglia di aprire la porta, la forza di sostenere.
Preti che forse non sono sempre adeguati, che non brillano in iniziativa, che frenano davanti alle novità, o le assecondano con prudenza.
Preti che magari sentono i morsi della solitudine, il timore dell'isolamento, la fatica della fraternità. Preti che forse avvertono il peso dell'obbedienza, il costo della povertà, lo sforzo della castità.
Preti che, però, rimangono fedeli; che criticano forse il vescovo e il papa, ma che non disobbediscono.
Preti che ci sono. E che permettono a chi si avvicina loro di ricevere il perdono di Dio e il nutrimento del suo corpo. Perché Cristo così ha deciso di rendersi presente. Tramite le loro mani, il loro cuore, la loro vita.
Preti di pianura, che né abitano le vette della grazia, né i bassifondi del peccato.
Preti di pianura, preti feriali; e in pianura, si sa, vive la maggior parte della gente. In pianura, in fondo, abitiamo tutti noi, che spesso abbiamo tante pretese da caricare sulle spalle di questi uomini. Preti quotidiani, che paragoniamo sempre al Buon Pastore: un metro di giudizio alto, che anche loro conoscono e a cui, tra mille impegni, poco tempo e qualche disillusione, cercano di assomigliare. E al quale hanno donato la vita.
Preti feriali, come siamo noi, con le nostre luci e le nostre ombre.
Preti ai quali voler bene, nei loro difetti e nei loro talenti, perché son uomini come noi.
Preti quotidiani, come è la fede cristiana: una fede per gente impastata di grano e zizzania.
Preti che, se non vengono visitati dall'inatteso, scorrono nella vita di questo mondo come gli uomini e le donne feriali che incontrano.
Preti da pianura, preti scelti da un Dio che ama stare tra la gente.
Dedichiamo un pensiero a questi preti feriali; in fondo, come in tutte le guerre, anche nella lunga lotta tra il bene e il male è la truppa a sopportare gran parte dell'impegno.
Dedichiamo loro una preghiera.
Diciamo grazie a questi preti feriali.
Grazie di esserci.
Grazie di testimoniare che Dio ci chiama e ci ama anche se imperfetti.
Grazie di sapere testimoniare, nel momento della prova inattesa, che vale la pena seguire Gesù Cristo.
Fino alla fine, se necessario.
Sergio Di Benedetto
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