Il problema è quello dell'assolutizzazione dell'autodeterminazione individuale, per la quale istanze di ognuno vanno assecondate a prescindere, quand'anche fossero finalizzate al desiderio di morire...
L’approvazione, da parte del Senato del Belgio, di un disegno di legge che prevede l’eutanasia non solo per i minori, ma perfino per i bambini di appena cinque anni di età pone, o meglio ripropone, un problema già visto. Un problema non solo per il Belgio, evidentemente, e non solo per l’eutanasia, bensì per l’intero mondo occidentale e secolarizzato ed anche per altre frontiere della bioetica. Del resto, se il Senato belga si è pronunciato così su un tema tanto delicato e oltretutto a larghissima maggioranza – 50 voti a favore e appena 17 contrari –, sarebbe da ingenui immaginare la questione circoscritta ai confini di quel Paese.
Il problema è quello dell’assolutizzazione dell’autodeterminazione individuale, per la quale istanze di ognuno vanno assecondate a prescindere, quand’anche fossero finalizzate al desiderio di morire; di qui la legittimazione del testamento biologico, dell’eutanasia e del suicidio assistito. Perché è un problema? Per più ragioni. In primo luogo perché quello spacciato per trionfo della libertà di tutti, se visto da vicino, si configura come una negazione di quella di alcuni. Infatti, se oggi redigo un biotestamento con disposizioni vincolati o chiedo al medico di darmi la morte, prima che esercitare un diritto mio, impongo ad altri un dovere, sicché la mia libertà non sarà assoluta dato che esige di un altro, da essa vincolato.
L’autoderminazione assolutizzata presenta, a livello più generale, anche un secondo profilo critico, e cioè quello per cui saremmo padroni della nostra vita. A parte essere un’idea totalmente moderna e contemporanea – Émile Benveniste (1902-1976), fra gli altri, ci ha insegnato come il concetto di libertà abbia “origini sociali” giacché anticamente designava appartenenze di carattere familiare ed etnico – è anche un’idea falsa. Questo perché la vita ci viene sempre donata e trasmessa, e perché viene definita da un continuo intreccio di relazioni verso le quali, a ben vedere, siamo debitori. Non per nulla un pensatore non cristiano come Aristotele apostrofava i suicidi come traditori della polis, V II, 1138).
Oltre ad essere, come ideale, poco convincente e privo di una base diversa dall’interesse egoistico, l’autodeterminazione assolutizzata – come dimostra quel che sta succedendo in Belgio e in Olanda, dove dal 2014 l’eutanasia sarà estesa a neonati e bambini – si configura come premessa all’umana autodistruzione. Perché se da un lato è vero che nel momento in cui si riconosce a qualunque soggetto il diritto di morire sarebbe iniquo negarlo ad altri, bambini inclusi, d’altro lato è innegabile come società dove già nascono sempre meno bambini – in Belgio, dove si contavano 10,91 nati ogni mille abitanti del 2000, oggi ne nascono 10,03, mentre in Olanda si è passati dai 12,12 nati ogni mille abitanti del 2000 ai 10,89 attuali – che si apprestano a prevedere nuove metodologie di eliminazione dei propri figli non hanno alcun futuro.
E’ perciò necessario, se si ha a cuore l’Europa dei popoli e non quella dei cimiteri, mettere a nudo tanto l’ingiustizia quanto la demenzialità di provvedimenti legislativi che determineranno, se non saranno fermati, un ulteriore sprofondamento valoriale e demografico del Vecchio Continente. Ce lo impone il buon senso e ce lo chiede il principio secondo cui è doveroso fare il possibile per lasciare a chi verrà dopo una società migliore, anche se non sarà mai perfetta. Una società dove il Legislatore di nessun Paese discuta – come sta accadendo in Belgio – una legge per sancire la legge del più forte, ma solo del modo di non lasciare indietro nessuno. Una società dove, anche chi purtroppo non può essere guarito, sia sempre curato. Dove il cittadino più debole non sia visto come un peso, ma come una risorsa; come l’occasione comune di esprimere e rinnovare una solidarietà altrimenti solo annunciata.
Giuliano Guzzo
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