Un gruppo di medici britannici, specializzati in cure palliative, ha denunciato qualche giorno fa una serie di autentici attentati contro la vita e contro la deontologia professionale che sarebbe stati perpretati da alcuni ospedali in Gran Bretagna. Secondo i medici, i malati in fin di vita sarebbero stati abbandonati a se stessi fino a morire di fame. Secondo gli esperti i pazienti, in alcuni casi erroneamente dichiarati in gravissime condizioni, sarebbero privati di acqua e cibo e sedati in attesa della fine.
del 07 settembre 2009
 
Un gruppo di medici britannici, specializzati in cure palliative, ha denunciato qualche giorno fa una serie di autentici attentati contro la vita e contro la deontologia professionale che sarebbe stati perpretati da alcuni ospedali in Gran Bretagna. Secondo i medici, i malati in fin di vita sarebbero stati abbandonati a se stessi fino a morire di fame. Secondo gli esperti i pazienti, in alcuni casi erroneamente dichiarati in gravissime condizioni, sarebbero privati di acqua e cibo e sedati in attesa della fine. Gli ospedali in questione seguirebbero alcune direttive introdotte dal sistema sanitario nazionale, (Nhs) secondo le quali ai malati terminali è possibile togliere idratazione e medicine, per poi lasciarli sotto sedativi fino alla morte. Il problema, hanno scritto i medici al quotidiano inglese The Daily Telegraph , è che «queste particolari terapie possono mascherare eventuali segni di un miglioramento». Il sistema si chiama Liverpool Care Pathway (Lcp), ed è stato studiato, ha dichiarato ieri un portavoce della Sanità, «per alleviare le sofferenze del malato terminale». Nel 2004 il modello è stato raccomandato dal National Institute for Health and Clinical Exellence (Nice) e oggi viene adottato in oltre 300 ospedali, 130 ospizi e 560 case di riposo. I medici che hanno lanciato l’allarme, tra cui il professor Peter Millard della University of London e il dottor Peter Hargreaves, primario di medicina palliativa al St Luke’s cancer centre di Guildford, parlano di «crisi nazionale» nella cura dei pazienti e sottolineano la gravità di diagnosi potenzialmente scorrette. «Prevedere la morte – scrivono nella missiva al Telegraph – non è scienza esatta. I pazienti vengono diagnosticati in fin di vita senza prendere in considerazione che la diagnosi potrebbe essere sbagliata». Il risultato di queste direttive, continuano, «è che provocano un disagio nazionale perché le famiglie vedono negate le cure ai loro cari». L’avvertimento dei medici giunge una settimana dopo la pubblicazione di un rapporto della Patients Association secondo il quale più di un milione di pazienti ha ricevuto «cure scarse e in alcuni casi crudeli da parte del sistema sanitario nazionale». Attualmente in Gran Bretagna un paziente viene diagnosticato 'in fin di vita' da un team medico, dopo che gli specialisti ne hanno constatato alcuni sintomi, tra cui la perdita di conoscenza o l’impossibilità di ingerire farmaci. «Il metodo avrebbe lo scopo di far morire le persone dignitosamente, ma rischia di diventare una profezia che si auto alimenta», sostiene il dottor Hargreaves, che lavora nel settore delle cure palliative da oltre vent’anni. «I pazienti che vengono privati di idratazione diventano confusi e possono essere inseriti erroneamente in questo “sentiero della morte”. Capisco che le direttive vogliano evitare che le persone malate siano curate in maniera accanita, ma in alcuni casi i medici se ne lavano praticamente le mani. Mi è capitato più di una volta – conclude il medico – di lavorare con pazienti che erano stati diagnosticati in fin di vita e che, ricevendo le giuste attenzioni, hanno continuato a vivere decentemente per molto tempo. Spesso purtroppo alcuni medici non controllano abbastanza il progresso dei loro pazienti per vedere se questi hanno riportato un qualche miglioramento». Secondo uno studio pubblicato recentemente dalla Barts and the London School of Medicine and Dentistry, nel 2007 e nel 2008 il 16,5 per cento delle morti nel Regno Unito è stato causato da forti e costanti dosi di sedativi, il doppio di quelle utilizzate in Belgio e in Olanda.Elisabetta Del Soldato
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