Il messaggio del Papa nella 52esima Giornata delle Comunicazioni Sociali si concentra sulle fake news, affermando che la verità non può essere brandita come un'arma, ma deve avere un obbiettivo di salvezza...
del 29 gennaio 2018
Il messaggio del Papa nella 52esima Giornata delle Comunicazioni Sociali si concentra sulle fake news, affermando che la verità non può essere brandita come un'arma, ma deve avere un obbiettivo di salvezza...
Il nucleo centrale, terribilmente spiazzante, del Messaggio di Papa Francesco dedicato alle Fake News è che un enunciato è vero solo in quanto non fomenta divisioni ma, al contrario, favorisce un dialogo costruttivo. Tirando il Pontefice per la veste, si potrebbe giungere a fargli affermare che un concetto non è vero in quanto tale, ma in quanto crea una relazione positiva al momento in cui è comunicato.
È un ragionamento paradossale che sposta volutamente l'attenzione dal contenuto dell'atto comunicativo alla relazione che s'instaura fra chi lancia il messaggio e chi lo riceve. Francesco lo spiega chiaramente nello stesso testo, quando afferma che affinché le nostre parole e i nostri gesti siano autentici, occorre ovviamente liberarli dalla falsità (e qui siamo quasi alla tautologia), ma soprattutto ricercare la relazione. Il Papa, ovviamente, sta parlando della verità cristiana, quella con la v maiuscola. Ma estende l'idea a ogni verità umana, così come deve avvenire nella vita incarnata di un credente in Cristo. La verità non si può raggiungere se non sulla base di un rapporto positivo (mi verrebbe da dire 'd'amore') con il mio interlocutore. Anche un fatto innegabile - specifica Papa Bergoglio - se è utilizzato per ferire qualcuno o screditarlo non è abitato dalla verità.
Quest'ultima deduzione suona già da sé quasi una contraddizione e sembra scardinare qualsiasi possibilità di un giornalismo d'inchiesta, guardiano appunto della verità, per scoperchiare le nefandezze dei potenti. Ma nella sua lettura cattolica della comunicazione il Papa ci sta dicendo in realtà come un messaggio che non persegua il buono e il bello, oltre che il vero - cioè non serva per fare del bene a qualcuno - non possa mai essere chiamato 'Verità'. Così anche il giornalismo di denuncia sarà autentico solo se non mira semplicemente a seppellire il singolo nel fango, ma a favorire il bene comune.
Francesco sostiene in definitiva che la verità non può essere brandita come un'arma, ma deve avere un obbiettivo di salvezza. Non può trasformarsi in pietre da lanciare all'adultera. E qui appare chiaro come questa sua riflessione sul piano dei mass-media rimandi al suo magistero in campo pastorale e a un testo come l'Amoris Laetitia. Qualsiasi presunta verità o dottrina, ci dice il Papa, se non è utilizzata allo scopo di salvare un'anima, si svuota immediatamente della sua forza cogente e della sua autorità. Entra in contraddizione con sé stessa. La verità cristiana non può disseminare zizzania, contrasti, separazioni. Se ciò accade, è perché non è comunicata in modo autentico: è 'veritas' priva di 'caritas', verità senza misericordia.
Eppure, il Vangelo parla anche di una verità che divide, provoca, brucia. Una verità che produce persecuzioni e attacchi, nei confronti di chi l'annuncia. Ma Francesco non sta invitandoci a promuovere solo messaggi buonisti, rassicuranti, consolatori. Ci dice che in realtà l'obbiettivo del comunicatore cristiano, come del cristiano 'tu cur', è sempre un bene altro, più alto. E ciò che, a prima vista, sembra provocare odio e contrasti è destinato invece a favorire la comunione. L'unica condizione è che sia una verità che vuole entrare davvero in relazione per salvare. Una verità di fede basata su un incontro con Dio fattosi uomo e non su un'idea morale da imporre a chiunque, pena la dannazione eterna, come vorrebbe qualcuno. Per questo costa fatica e scardina le nostre certezze razionali su che cosa sia vero o no. Perché ci chiede di amare, non solo di capire.
Fabio Colagrande
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