Fine vita: aula vuota alla Camera

Il vero rischio «è di costruire una società dell'indifferenza, in cui la solidarietà e il senso della fratellanza umana è destinato a scomparire»...

Fine vita: aula vuota alla Camera

del 16 marzo 2017

Il vero rischio «è di costruire una società dell’indifferenza, in cui la solidarietà e il senso della fratellanza umana è destinato a scomparire»...

 

Al caso dell’aula semivuota che ha accolto lunedì 13 marzo l’avvio del dibattito sul fine vita, il girono successivo a Montecitorio s’è aggiunto quello assai spinoso del numero di emendamenti ammissibili. Dopo il faticoso percorso in Commissione Affari sociali, il disegno di legge sulle «Disposizioni anticipate di trattamento» è infatti sbarcato in assemblea con numerosi nodi da sciogliere e il conseguente effetto di una pioggia di emendamenti sul merito di questioni che possono decidere la vita e la morte dei cittadini italiani: sospensione della nutrizione assistita, margine di intervento del medico sulle volontà del paziente, applicazione del "biotestamento" in condizioni di incoscienza, depenalizzazione di pratiche che possono portare alla morte, obiezione di coscienza... Che fretta ci può essere per trovare soluzioni davvero condivise su temi di questa portata?

 

Emendamenti: cosa prevede il regolamento di Montecitorio

 

Il regolamento della Camera tuttavia parla chiaro: un emendamento ogni 10 deputati per ciascun gruppo, per ogni articolo della legge. Per capirci: su una legge come quella delle Dat che conta 6 articoli un gruppo parlamentare formato da 10 deputati ha diritto a un massimo di 6 emendamenti. Visto che quasi tutti i gruppi dei deputati che stanno cercando di apportare correttivi sono formati da un esiguo numero di unità (e con i pochissimi parlamentari appartenenti a gruppi numerosi che devono spartire la quota con tutti gli altri componenti), il risultato è che delle decine di proposte di modifica già depositate da questa pattuglia – con «nessun intento ostruzionistico», secondo quanto dichiarano – sono destinate a sopravviverne assai poche. Tanto da far denunciare a questo gruppo trasversale ma assai compatto che «il vero ostruzionismo lo sta facendo la presidenza della Camera» alla quale spettano eventuali deroghe.

 

La protesta degli otto deputati critici sul "testamento biologico"

 

È a questa soluzione – giudicata «di semplice buon senso» dal presidente del Movimento per la Vita Gian Luigi Gigli, deputato di Demos – che si puntava, considerando vari aspetti critici: la legge tratta un argomento etico, è di iniziativa parlamentare, non arriva in aula con la scadenza dei decreti legge e dovrebbe puntare a unire anziché dividere. Invece la notifica giunta ieri ha gelato le aspettative. Suscitando la reazione amareggiata di Paola Binetti (Udc), Raffaele Calabrò (Ap), Benedetto Fucci (Cor), Domenico Menorello (Ci), Alessandro Pagano (Lega), Antonio Palmieri (Forza Italia), Eugenia Roccella (Idea) e lo stesso Gigli, che in una nota congiunta lamentano la «forzatura inaccettabile» di «limitare così drasticamente il numero degli emendamenti ammessi per ciascun gruppo su un tema che investe delicati profili costituzionali, che modifica profondamente la vocazione di cura degli ospedali e il rapporto medico-paziente e che indebolisce la protezione degli anziani e dei disabili». Gli otto deputati dunque invitano «la presidente Boldrini a rivedere il suo orientamento, così come era avvenuto in Commissione». Calendario d’aula alla mano, è probabile che la legge non torni in discussione prima di alcuni giorni.

 

Il caso dell'aula semideserta

 

Una pagina di malcostume parlamentare, una tempesta in un bicchier d’acqua, o il semplice frutto dei regolamenti di Montecitorio? Il giorno dopo l’inizio del dibattito generale in Aula sulla legge che, se approvata, introdurrebbe le «Disposizioni anticipate di trattamento» (o biotestamento, come sono state ribattezzate) il dibattito verte attorno allo scenario desertico nel quale la mattina di lunedì 13 marzo la Camera ha scritto il primo "capitolo" del provvedimento: 20 presenze su 630 deputati, praticamente i soli iscritti a parlare in questo prologo del confronto vero e proprio sull’articolato, che inizierà non prima della prossima settimana.

 

Galantino: dispiace aver visto così pochi parlamentari


«Su un argomento così delicato, che interessa così tante persone e sul quale ci sono così tante attese, dispiace aver visto che purtroppo nell'Aula della Camera c'erano così poche persone». È una constatazione amara quella che il segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino aggiunge alla riflessione rivolta all’assemblea dell’Aris, l’associazione che riunisce le istituzioni sanitarie gestite da enti e congregazioni religiose in Italia. Riflettendo sulla loro missione e sui pericoli delle «logiche del potere fine a se stesso», Galantino ha fatto un accenno alle poche presenze in Parlamento su un tema che ha diviso il Paese: «Non vuole essere una accusa o una critica ai politici – ha poi spiegato, precisando il suo pensiero – ma solo la constatazione che su un argomento di tale interesse alla discussione c'erano poche persone».

 

«Segnale inquietante», «no, polemica sul nulla»


Di «polemica sul nulla, che punta a delegittimare il lavoro del Parlamento immotivatamente», parla la vicepresidente della Camera Marina Sereni (Pd). «Una polemica – aggiunge – che l'informazione rilancia ogni qualvolta ritenga, a suo insindacabile giudizio, che un argomento più di altri debba interessare al paese e dunque ai suoi rappresentanti nelle istituzioni». Nei giorni scorsi tutti i media italiani si erano occupati del dramma di Fabo e del dibattito sulla legge, il cui arrivo nella plenaria della Camera aveva dunque suscitato molte aspettative. Paola Binetti, tra i deputati protagonisti del lavoro per ottenere modifiche a un testo di legge che presenta ancora molti aspetti discutibili, invita a spostare l’attenzione su un paradosso: malgrado l’esiguità dei presenti, c’è un «numero di colleghi che sarebbe voluto intervenire e per i quali è stato posto uno stop: questioni di regolamento, ma anche inutile compressione di una esposizione di idee e di valori che, per estensione e profondità, non si ripeterà più durante l'intero iter della legge. Il problema non sono i colleghi scarsamente interessati al dibattito, cosa tutta da verificare, come apparirà chiaramente nei prossimi giorni; il vero problema sono quelli fortemente interessati al tema e che per cavilli burocratici ne sono rimasti esclusi». «Quella foto è retorica e strumentale – attacca il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore (Pd) –. È cattiva informazione. Bisogna sapere come funzionano i lavori parlamentari, c'era una discussione generale nella quale intervenivano i parlamentari che avevano seguito l'iter della legge nella commissione ad hoc». Gli replica il vicesegretario vicario dell'Udc, Antonio De Poli, per il quale l’aula quasi vuota «è un brutto segnale a maggior ragione perché si tratta di un tema eticamente sensibile che richiede un serio confronto in Parlamento. Difendiamo la cultura della vita. Diciamo no all'eutanasia».

 

Venti presenze in aula sul biotestamento

 

Ma cos'era successo lunedì nell'Aula della Camera? Una dozzina di deputati ad ascoltare la relatrice, Donata Lenzi del Pd, una ventina, non di più, a seguire, poi, il dibattito. Un inizio davvero in sordina per il dibattito sul fine vita, da molti sollecitato come urgente, e da tutti - pro o contro - indicato come cruciale. Lenzi ha definito il testo equilibrato frutto di «un anno di lavoro in commissione», in attuazione dell’articolo 32 della Costituzione in base al quale «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario». È toccato quindi al deputato di Ncd Corrado Calabrò, da relatore di minoranza (e firmatario la scorsa legislatura di un testo di ben altra impostazione) mettere in fila le perplessità. «Il servizio sanitario non può decretare la morte per la privazione di sostegni fondamentali come l’idratazione e l’alimentazione», ha ammonito. Più di tutto, ha lamentato, «non possiamo chiedere al medico di non agire secondo scienza e coscienza professionale, andando contro suo stesso codice deontologico». In particolare, ha sottolineato, è necessario il suo intervento per stabilire il sottile confine «fra perdita di coscienza transitoria e definitiva, tra patologie che esitano inevitabilmente verso la morte e quelle che pur gravissime possono essere curate».

 

Nel testo "criticità da superare"

 

Calabrò ha ammesso che passi avanti in commissione sono stati fatti, «ma possiamo fare di più, il testo contiene criticità che dobbiamo superare». E, in caso contrario, ha ribadito, il voto di Ncd non potrà essere positivo. Di segno contrario, dentro Ncd, l’intervento di Fabrizio Cicchitto, che si è detto favorevole anche all’eutanasia in nome della «libertà individuale». È toccato al presidente della commissione Affari sociali Mario Marazziti, cui va il merito di aver strappato tempi più ampi per la riflessione. «Non può essere la legge dei 'laici' e dei 'cattolici'- ha detto -. C’è la responsabilità della politica di costruire nel dialogo le soluzioni migliori». L’auspicio per una «decisione condivisa» era stato avanzato anche da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, che aveva indicato con Famiglia cristiana la «alleanza terapeutica tra malato, medico, parenti e amici », come «la via più alta e insieme più concreta per dare dignità al vivere come al morire». Appello apprezzato da Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita e deputato di Demos: «Le Dat - ha ribadito Gigli - non possono essere lo strumento con cui aggirare il deciso 'no' delle leggi italiane ad eutanasia e suicidio assistito e per violentare la doverosa autonomia scientifica e deontologica del terapeuta». Molto negativo, per la Lega, anche il giudizio di Alessandro Pagano, che nel ribadire come la legge apra, a suo avviso, «una vera e propria eutanasia omissiva » ha chiesto alla maggioranza di non comprimere il dibattito. Per Eugenia Roccella di Idea, il vero rischio «è di costruire una società dell’indifferenza, in cui la solidarietà e il senso della fratellanza umana è destinato a scomparire».

 

"Mediazione al ribasso"

 

Di «mediazione al ribasso» ha parlato Paola Binetti, dell’Udc, nello stigmatizzare l’inizio del dibattito in un’aula «praticamente vuota». Anche il presidente di turno, Roberto Giachetti (Pd), non ha potuto non esprimere il suo rammarico per le scarse presenze, ma Marazziti sdrammatizza: «La discussione generale, non prevedendosi votazioni, è stata seguita anche via web tv, e la verbalizzazione consente ora di valorizzare il dibattito di alto livello che c’è stato». Esaurita la discussione generale è stato disposto il rinvio: si ripartirà da due questioni pregiudiziali (Calabrò, Pagano) e quattro questioni sospensive (Gigli, Fedriga, Pagano, e Rampelli) che saranno essere votate prima di entrare nel merito dell’articolato. Non è ancora stato deciso il ritorno in aula. Potrebbe trovare spazio la prossima settimana, compatibilmente con l’esame, urgente, del decreto terremoto.

 

Francesco Ognibene - Angelo Picariello

https://www.avvenire.it

 

 

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