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Forse una storia diversa attende Eluana indiana

La chiameremo la Eluana Englaro indiana. Si chiama Aruna e da trentasette anni vive in un ospedale di Mumbai in stato vegetativo. Sopravvissuta a uno stupro e ai danni cerebrali provocati da un tentativo di strangolamento quando aveva ventitré anni e lavorava come infermiera, la donna è ora al centro del primo caso di richiesta di eutanasia pendente di fronte alla Corte suprema del suo paese.


Forse una storia diversa attende Eluana indiana

da Quaderni Cannibali

del 25 febbraio 2011

 

  

          La chiamano la Terri Schiavo indiana, noi però la chiameremo la Eluana Englaro indiana. Si chiama Aruna e da trentasette anni vive in un ospedale di Mumbai in stato vegetativo. Sopravvissuta a uno stupro e ai danni cerebrali provocati da un tentativo di strangolamento quando aveva ventitré anni e lavorava come infermiera, la donna è ora al centro del primo caso di richiesta di eutanasia pendente di fronte alla Corte suprema del suo paese.           A presentare la domanda di distacco dell’alimentazione e dell’idratazione tramite sondino (Aruna era stata in grado di essere imboccata fino allo scorso settembre, poi le è stata diagnosticata una febbre malarica che ha complicato la sua situazione) è stata un’amica, in nome del fatto che nessun miglioramento può ormai essere possibile per quella donna ritenuta incapace di capire e comunicare alcunché. La Corte ha ordinato una perizia i cui risultati saranno noti tra pochi giorni, ma in molti si chiedono perché, dopo tanto tempo, bisognerebbe sottoporre a una vera e propria esecuzione Aruna.           Il personale dell’ospedale l’ha sempre accudita con amore e attenzione (come avrebbe potuto vivere, altrimenti?) e la commissione di specialisti incaricata della perizia ha concluso che il suo stato non giustifica in nessun modo la richiesta di morte. “Tutta l’équipe dell’ospedale non considera né miserevole né dolorosa la sua esistenza”, hanno constatato gli specialisti (in America, come si ricorderà, per Terri Schiavo il verdetto era stato diverso).           E allora noi speriamo che una sentenza di sapore totalitario, comminata in nome della ragione dei sani che nulla sanno davvero di quella vita comunque preziosa, stavolta non vada a segno. Che non sia portato a compimento, con le “migliori intenzioni”, il crimine originario che offese Aruna trentasette anni fa.

Aruna da 37 anni vive in stato vegetativo Un`amica ha chiesto il distacco del sondino

FORSE UNA SORTE DIVERSA ATTENDE LA ELUANA INDIANA La chiamano la Terri Schiavo indiana, noi però la chiameremo la Eluana Englaro indiana. Si chiama Aruna e da trentasette anni vive in un ospedale di Mumbai in stato vegetativo. Sopravvissuta a uno stupro e ai danni cerebrali provocati da un tentativo di strangolamento quando aveva ventitré anni e lavorava come infermiera, la donna è ora al centro del primo caso di richiesta di eutanasia pendente di fronte alla Corte suprema del suo paese. A presentare la domanda di distacco dell’alimentazione e dell’idratazione tramite sondino (Aruna era stata in grado di essere imboccata fino allo scorso settembre, poi le è stata diagnosticata una febbre malarica che ha complicato la sua situazione) è stata un’amica, in nome del fatto che nessun miglioramento può ormai essere possibile per quella donna ritenuta incapace di capire e comunicare alcunché. La Corte ha ordinato una perizia i cui risultati saranno noti tra pochi giorni, ma in molti si chiedono perché, dopo tanto tempo, bisognerebbe sottoporre a una vera e propria esecuzione Aruna. Il personale dell’ospedale l’ha sempre accudita con amore e attenzione (come avrebbe potuto vivere, altrimenti?) e la commissione di specialisti incaricata della perizia ha concluso che il suo stato non giustifica in nessun modo la richiesta di morte. “Tutta l’équipe dell’ospedale non considera né miserevole né dolorosa la sua esistenza”, hanno constatato gli specialisti (in America, come si ricorderà, per Terri Schiavo il verdetto era stato diverso). E allora noi speriamo che una sentenza di sapore totalitario, comminata in nome della ragione dei sani che nulla sanno davvero di quella vita comunque preziosa, stavolta non vada a segno. Che non sia portato a compimento, con le “migliori intenzioni”, il crimine originario che offese Aruna trentasette anni fa.

Nicoletta Tiliacos

 

Aruna da 37 anni vive in stato vegetativo Un`amica ha chiesto il distacco del sondino

FORSE UNA SORTE DIVERSA ATTENDE LA ELUANA INDIANA La chiamano la Terri Schiavo indiana, noi però la chiameremo la Eluana Englaro indiana. Si chiama Aruna e da trentasette anni vive in un ospedale di Mumbai in stato vegetativo. Sopravvissuta a uno stupro e ai danni cerebrali provocati da un tentativo di strangolamento quando aveva ventitré anni e lavorava come infermiera, la donna è ora al centro del primo caso di richiesta di eutanasia pendente di fronte alla Corte suprema del suo paese. A presentare la domanda di distacco dell’alimentazione e dell’idratazione tramite sondino (Aruna era stata in grado di essere imboccata fino allo scorso settembre, poi le è stata diagnosticata una febbre malarica che ha complicato la sua situazione) è stata un’amica, in nome del fatto che nessun miglioramento può ormai essere possibile per quella donna ritenuta incapace di capire e comunicare alcunché. La Corte ha ordinato una perizia i cui risultati saranno noti tra pochi giorni, ma in molti si chiedono perché, dopo tanto tempo, bisognerebbe sottoporre a una vera e propria esecuzione Aruna. Il personale dell’ospedale l’ha sempre accudita con amore e attenzione (come avrebbe potuto vivere, altrimenti?) e la commissione di specialisti incaricata della perizia ha concluso che il suo stato non giustifica in nessun modo la richiesta di morte. “Tutta l’équipe dell’ospedale non considera né miserevole né dolorosa la sua esistenza”, hanno constatato gli specialisti (in America, come si ricorderà, per Terri Schiavo il verdetto era stato diverso). E allora noi speriamo che una sentenza di sapore totalitario, comminata in nome della ragione dei sani che nulla sanno davvero di quella vita comunque preziosa, stavolta non vada a segno. Che non sia portato a compimento, con le “migliori intenzioni”, il crimine originario che offese Aruna trentasette anni fa.

Nicoletta Tiliacos

Nicoletta Tiliacos

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