Ricorre oggi la memoria liturgica di un grande missionario salesiano in India: don Francesco Convertini.
Francesco Convertini nacque in Contrada Marinelli vicino a Cisternino, in provincia di Brindisi, il 29 agosto 1898. La sua famiglia era molto povera, e fu costretto a lavorare fin da piccolo. Appena diciottenne fu chiamato sotto le armi a combattere la Prima Guerra Mondiale. Fu catturato dagli austriaci e internato in un campo di concentramento. Alla fine della guerra fu liberato. Guarito dalla meningite, decise di entrare nella Guardia di Finanza. Seguì il capitano, di cui era “attendente”, a Torino e, devotissimo della Madonna, andò a confessarsi nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
La Provvidenza volle che il confessore fosse don Angelo Amadei, il secondo grande biografo di don Bosco. Don Angelo fu la sua guida spirituale. Dopo averlo invitato a partecipare alla consegna del crocifisso ad undici missionari partenti per l’India disse: “Perché non diventi missionario anche tu?”. Francesco intraprese con fatica gli studi nell’Istituto salesiano missionario di Ivrea e, dopo aver ricevuto il crocifisso da don Rinaldi, il 7 dicembre 1927 si imbarcò per raggiungere l’India.
Fu formato da santi salesiani. Fece il noviziato a Shillong con don Ferrando e fu discepolo di don Costantino Vendrame. Francesco apprese la vita di don Bosco da don Amadei e imparò in India ad incarnarne lo spirito apostolico missionario. Con don Vendrame si fece vicino alla gente: percorrevano chilometri per visitare i villaggi, entravano nelle case per raccontare a grandi e piccoli la vita di Gesù. Con difficoltà riuscì a compiere gli studi filosofici e teologici.
Fu ordinato sacerdote nel giugno del 1935. Il nuovo vescovo mons. Ferrando lo inviò nella missione salesiana di Krishnagar. Anche se non riuscì mai a raggiungere una conoscenza ottimale della lingua bengalese, nessuno in Krishnagar ebbe tanti amici, tanti figli spirituali tra ignoranti e sapienti, tra ricchi e poveri. Era uno dei pochi missionari che poteva entrare in una casa indù e spingersi oltre la prima camera d'ingresso.
Era continuamente in cammino di villaggio in villaggio. Don Francesco era buono, la sua amorevolezza salesiana gli apriva il cuore della gente, sapeva essere padre, fratello e amico. Si donava indistintamente a tutti: musulmani, indù, cristiani..., e da tutti fu amato e venerato come maestro di vita interiore, che possedeva abbondantemente la "sapientia cordis". Godette fama di santità già in vita, non solo per la sua eroica dedizione alle anime, ma anche per misteriosi episodi che si raccontavano di lui.
Fu un apostolo di Maria Ausiliatrice. Morì l'11 febbraio del 1976 mormorando: "Madre mia, io non ti ho mai dispiaciuto in vita. Ora aiutami tu!". La sua salma fu esposta in Cattedrale, e fu un continuo affluire di persone di ogni razza e di ogni religione. Ora riposa nel giardino adiacente alla Cattedrale di Krishnagar.
Tratto da: sdb.org
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