Giornate di Spiritualità: a che punto siamo nel dirci "figli di don Bosco"?

Rachele ci racconta cosa si è vissuto a Caorle lo scorso weekend. Il tema era quello della fedeltà di Dio, di don Bosco e la nostra...

Giornate di Spiritualità: a che punto siamo nel dirci "figli di don Bosco"?

del 24 ottobre 2018

Rachele ci racconta cosa si è vissuto a Caorle lo scorso weekend. Il tema era quello della fedeltà di Dio, di don Bosco e la nostra...

 

Lo scorso weekend si è tenuto a Caorle l’appuntamento ormai imperdibile delle Giornate di Spiritualità Salesiana, momento indispensabile per ogni Comunità Animatori per interrogarsi e ricentrarsi all’inizio di ogni anno formativo. L’esperienza ha coinvolto quasi un centinaio di persone, tra educatori, giovani animatori, salesiani e suore delle nostre case salesiane. Ci siamo trovati insieme in un clima completamente in linea con il Sinodo sui giovani che proprio in questi giorni sta volgendo al termine, ma che, come questa esperienza dimostra, è in realtà solo l’inizio di un cammino di discernimento e ri-significazione del carisma salesiano. Proprio per fare questo siamo partiti da una domanda, ovvero “COSA SIGNIFICA ESSERE FEDELI?”. Grazie all’ispettore don Igino Biffi, abbiamo approfondito questo tema sotto tre sfaccettature.

 Innanzitutto immergendoci in quella che è la storia di amore di Dio nei confronti dell’umanità, un amore fedele fino alla fine, anche davanti ai tradimenti che in ogni epoca, in ogni vita e in ogni giornata, compiono i “Giuda” nascosti nella fragilità del nostro cuore. Questa fedeltà è la grazia che ci permette di essere, di provare ad essere, a nostra volta, fedeli. Subito è seguita la declinazione salesiana, la fedeltà di don Bosco, saldo al suo progetto di felicità con e per i giovani fino all’ultimo respiro, respiro che non si è smarrito con la sua morte ma che ancora oggi continua nei nostri cortili. In particolare ci è stato mostrato come la fedeltà di don Bosco si sia spesso manifestata nelle lacrime, versate da un cuore che ha avuto anche paura di non riuscire a restare fedele all’intuizione di quel sogno fatto da bambino, ma che affidandosi ha fatto grandi cose. Infine, siamo stati chiamati a riflettere sulla nostra fedeltà: a Dio, a don Bosco, a una vita buona, a una vita che è segnata innanzitutto dalla nostra precarietà, e che dovrà fare i conti prima o poi, e nel suo piccolo ogni giorno, con la morte. Emblematica ed evocativa è stata la testimonianza di una donna, che in un libro racconta la sua fedeltà a un amore più forte della morte, verso il suo amato, verso un figlio non suo, salda nel suo “stare” sempre e comunque.

A partire da questi spunti si è sviluppato un lavoro che ci ha chiamati a portare tutto questo nella quotidianità e concretezza di ciò che siamo e viviamo. Ci siamo divisi in gruppetti, misti rispetto alla nostra provenienza, e guidati da un “coordinatore” abbiamo approfondito alcuni aspetti del carisma salesiano chiedendoci come queste dimensioni siano vissute nell’ambiente salesiano che conosciamo. Le parole che ci hanno accompagnato sono state: accompagnamento, apostolato, assistenza, comunità, corresponsabilità, gioia, poveri, preghiera e vita differente. Dopo un tempo di deserto, da molti vissuto in riva al mare, ci siamo ritrovati per condividere su una delle due parole che ci erano state affidate. Il mio gruppetto si è confrontato sul tema della comunità e, il giorno dopo, su quello dell’assistenza/presenza. Come vediamo le comunità dei salesiani e delle suore? Sono fedeli al volersi bene di quei primi giovani riuniti da Don Bosco o Madre Mazzarello? La comunità è ben inserita e aperta alla comunità più ampia dell’Oratorio e della città? E ancora: Come sono presenti i salesiani nelle vite dei giovani? Com’è la loro assistenza, dal semplice stare in cortile, al sostenerci in ogni fase e ambito della nostra vita? Quali le mancanze, le discrepanze e fragilità che cogliamo? E soprattutto quali proposte e consigli diamo per farcene carico assieme a loro e camminare meglio sui passi di don Bosco?

Dopo una serata di gioco passata in allegria, un semplice ma ben curato momento di Adorazione, una bella dormita e il rosario in spiaggia, ci siamo trovati la domenica a mettere assieme i pezzi, ossia a riunirci in nuovi gruppi, per affrontare assieme tutte le parole, che, una pennellata dopo l’altra, ci hanno dipinto la situazione odierna e il nostro sogno per le realtà salesiane di oggi, unite al nostro impegno di rinnovarci assieme a loro. Le giornate si sono concluse con la Santa Messa e il pranzo in compagnia, il tutto condito dalle nuove amicizie e dal sapere di aver fatto un pezzo di cammino assieme.

Ho trovato queste giornate interessanti, innanzitutto perché non siamo stati passivi e semplici ricettori di qualcosa, ma ci è stato chiesto di scomodarci, di dare il nostro contributo, di metterci assieme e non ragionare per trovare una soluzione ai mille problemi di cui magari spesso ci lamentiamo, ma per porci in ascolto dello Spirito Santo, che ci ha dato occhi e cuore per mettere un primo mattoncino in quello che in quest’anno sarà il lavoro che faranno tutti i salesiani nel Capitolo Ispettoriale. È stato bello e stimolante lavorare solo “tra di noi”, mentre suore e salesiani si sono trovati per conto loro. Questo ha permesso che ognuno si esprimesse con libertà e ci ha fatto sentire responsabili di ciò che mettevamo in tavola. È stata un’esperienza diversa dal solito che spero sia di stimolo non solo per le realtà nel loro insieme, ma proprio per ciascun giovane che vi ha partecipato perché impariamo a chiederci ogni giorno, in ogni azione, a che punto siamo nella nostra vita nel dirci “figli di Don Bosco”.

 

Rachele Vazzoler

 

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