Il carcere sarà per Giovanni il luogo della purificazione. Lo Spirito non è più percepito sensibilmente, ma è presente ugualmente e con maggiore forza. Ora lo stesso Spirito lo sta purificando, lo sta preparando al supremo dono di sé, avendo nel cuore le parole di Gesù.
Come Geremia, anche Giovanni Battista sente posarsi su di lui la mano potente del Signore che lo sottrae da tutto ciò che umanamente intesse la vita di ogni uomo. Così avviene per ogni altro profeta veterotestamentario.
Quando Dio chiama, bisogna ubbidire ed andare ad annunciare e proclamare la Sua parola. I profeti sono servi e strumenti nelle mani del Signore.
Giovanni, il battezzatore, non ha sorte diversa, anzi, direi, la sua è la sorte più singolare che possa essere capitata rispetto agli altri profeti. Egli è l’ultimo dei profeti dell’Antico testamento a cui, tuttavia, è capitato in sorte di essere il primo, nel Nuovo Testamento, a saltellare di gioia per la venuta del Messia. Quando Maria si era recata da sua cugina Elisabetta, madre del Battista, costui, pur essendo, come Gesù, nel seno della madre, sussultò di gioia : Ecco, dice Elisabetta a Maria, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo” (Lc 1,43). Di lui, già profeticamente, si era delineata la chiamata: …e tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade (Lc 1,75). Così canta, del futuro battezzatore, Zaccaria suo padre.
Una grande ed aspra esistenza attende quel fanciullo. La mano del Signore, appena giungerà la sua ora, lo afferrerà e lo confinerà nel deserto. Egli vivrà là, come un esule, nella più severa vita ascetica, vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, nutrendosi di locuste e miele selvatico. E qui farà sentire la sua voce che grida ed annuncia il Messia che viene, il Salvatore. Battezzerà la gente che accorre a lui per indurla a penitenza, perché “dopo di me viene uno a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo” (Gv 1,27).
Ha visto qualcosa di straordinario: lo Spirito Santo scendere su Gesù ed ungerlo con la sua effusione: ecco il Cristo! A Lui donerà testimonianza additandolo come L’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Gv 1,36).
Attorno a Giovanni si aggregano alcuni discepoli che lo esaltano fino a pensare che fosse lui il Messia. Ma deve deluderli con una triplice negazione: non è né il Cristo, né Elia, né il Profeta. Alcuni di questi discepoli, vedendo Gesù, iniziano con Lui un nuovo e definitivo discepolato (Gv 1,37-39).
Giovanni poi, scomparirà dalla scena silenziosamente. Dirà: Chi possiede la Sposa è lo Sposo. Ma l’amico dello Sposo, che è presente e lo ascolta, esulta di gioia alla voce dello Sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere ed io diminuire (Gv 3,29-30). La sua missione, cominciata con un vagito di gioia, si conclude con un servizio portato a compimento. Da ora in poi questa Voce tace e lascia il posto alla Parola. Si ritira. Di lui ci rimangono alcune testimonianze che Gesù gli renderà davanti alla gente. Lo paragonerà ad Elia: Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto, anzi lo hanno trattato come hanno voluto (…) e i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni Battista (Mt 17,11-13). Egli era una lampada che arde e risplende…(Gv 5,35). Il suo battesimo era opera di Dio (Mc 11,30-33). Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico anche più di un profeta (…). In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista. Tuttavia il più piccolo del Regno dei cieli è più grande di lui (Mt 11,7-11). Davanti a questa testimonianza di Gesù, che trova il suo culmine nell’elogio del Battista, le ultime parole possono sembrare stonate. Se Giovanni è il grande profeta, il più grande dei nati di donna, perché il più piccolo del Regno di Dio sarà più grande di lui? Non era stato ripieno di Spirito santo fin dal seno materno? Che cosa significano dunque queste parole di Gesù? In realtà qui si delinea già la sorte del profeta. Il Battista ha compiuto l’opera per la quale era stato chiamato, ha indicato Gesù, gli ha reso testimonianza messianica vedendo lo Spirito scendere in Lui. Rimane tuttavia, in un certo qual senso, sul limite della porta del Regno. Altri vi entreranno quando Gesù ne proclamerà la presenza.
La figura di Giovanni appare come quella di Mosè, il quale, dopo aver guidato il popolo dall’Egitto, attraverso il difficile cammino nel deserto, deve fermarsi alle soglie della terra promessa: muore sulle balze del monte Nebo, guardando solo dall’alto la terra dove, a dire dei profeti (Is 7,22), scorre latte e miele. Mosè non vi entrò per un giusto giudizio di Dio. Giovanni non entrerà nel Regno perché non lo vedrà sorgere, dal momento che esso brillerà nella risurrezione di Gesù. Vi entrerà, certo, ma dopo. Dovrà attendere che Gesù abbia compiuto ogni cosa. A lui non è dato vedere la pienezza e l’inaugurazione della nuova creazione. Dovrà restare quello per cui era stato chiamato: precursore, messaggero e profeta. Ai profeti non è dato vedere ciò che annunciano! Egli dovrà attendere il martirio e la morte: soltanto in seguito egli vi potrà entrare e rimanere.
Di Giovanni Battista poi i vangeli dicono altre cose. Egli è colpito dalla sorte del profeta. Erode Antipa, che pure lo stimava nel segreto del suo cuore, lo getta in carcere. Davanti a lui la Voce torna a parlare. Questa volta non per indicare il Messia, ma per dare al male il suo vero volto: Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello! (Mc 6,17-18). Anche questa è missione profetica: il coraggio di svelare il male anche se questo gli costerà la perdita della libertà e persino della vita. Inizia un cammino difficile per Giovanni. Ci deve essere stato persino un momento in cui lo Spirito è diventato deserto nella sua mente. È come un ritorno al deserto, ma non più come luogo abitativo, bensì come stato del cuore e della mente. Dal carcere sente parlare di Gesù: egli mangia con i peccatori, ha un cuore di misericordia, accoglie tutti…Ma io, avrà pensato nell’oscurità del carcere, in un momento di depressione, non ho annunciato un Messia diverso? Mi sono forse sbagliato? Il vangelo di Matteo narra, in maniera particolareggiata, questa “crisi” di Giovanni (Mt 11,2-6). Dalla prigione Giovanni invia a Gesù una delegazione di discepoli, i quali, a nome del Battista stesso, pongono a Gesù delle domande circa la sua identità: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? Una domanda che non ci saremmo mai aspettata dal Battista! Ma questa è la sorte del profeta: la sua vita è sempre scossa da tutte le tempeste e da tutte le tribolazioni. Lo Spirito ora lo innalza, ora lo getta nell’oscurità più profonda e nell’impotenza, come, per esempio successe ad Elia, quando, per paura dell’empia regina Gezabele, che lo perseguitava, fuggì lontano verso il deserto (1Re 19, 38), chiedendo al Signore di farlo morire. La risposta che Gesù, di rimando, invia a Giovanni è lapidaria: Beato chi non si scandalizza di me! Che senso dare a questa risposta di Gesù? Il Battista giace in catene, sotto lo sguardo implacabile dei suoi aguzzini, sente ormai vicina la morte violenta. Gesù sembra volergli dire: non ti scandalizzare di me, anch’io avrò la tua sorte!
Lo Spirito farà capire a Giovanni il messaggio di Gesù ed egli ne sarà confortato. Soprattutto capirà che le parole con le quali aveva annunciato il Messia erano dette dallo Spirito santo, e lui, le aveva comprese in maniera umana. Era stato, in realtà, solo uno strumento, una Voce della Parola, ma la Parola solo lo Spirito può intenderla nel significato più vero e più profondo.
Il carcere sarà il luogo della purificazione. Lo Spirito non è più percepito sensibilmente, ma è presente ugualmente e con maggiore forza. Ora lo stesso Spirito lo sta purificando, lo sta preparando al supremo dono di sé, avendo nel cuore le parole di Gesù: Non ti scandalizzare di me, se soffri quel che stai soffrendo, se per te è preparata una morte cruenta, se io ti appaio diverso da quello che tu credevi…Ritrova, nel tuo soffrire, la gioia della tua missione! Sembra che Gesù gli dica: ricordi quando predicavi: “è necessario che io diminuisca e Lui cresca?”
Con questo messaggio, fatto attraverso un dialogo a distanza, Giovanni Battista ritrova la forza e il coraggio di gioire anche davanti al suo morire.
Da li a poco gli sgherri di Erode Antipa verranno a prenderlo, gli mozzeranno la testa che, come prova d’amore di uno sciagurato legame, sarà consegnata all’insaziabile pasto dell’odio e della vendetta! Ma le tenebre non potranno spegnere mai quella lampada che arde e risplende!
Giovanni muore nella forza dello Spirito che germina i vergini.
Padre Augusto Drago
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