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Gli apostoli del nulla

Quello che mi ha sempre affascinato di Gesù è stata la sua capacità di incontrare il cuore di ogni uomo, anche di coloro che «lo mettevano alla prova», che «lo osservavano» per coglierlo in fallo


Gli apostoli del nulla

da Quaderni Cannibali

del 10 settembre 2010

          

           È come se l’uomo non volesse o potesse imparare la lezione: eppure appare così chiara. Risuonano come ammonimento le parole della Gaudium et spes: «La creatura […] senza il Creatore svanisce. […] Anzi, l’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.»

           Viviamo in un’epoca in cui sono diventate chiare le conseguenze della negazione di Dio. Abbiamo tutti constatato quanto il testo di De Lubac, Il dramma dell’umanesimo ateo sia stato profetico.

           Nazismo e comunismo hanno mostrato la loro disumanità, ed erano posizioni che volevano liberare l’uomo dall’influenza nefasta della fede cristiana. Ma ancora di più si nota come una concezione religiosa che non nasce dal cristianesimo abbia in sé potenzialità negative che nessun antidoto sembra contrastare.

           La frase attribuita ad Heidegger «Ormai solo un dio ci può salvare» mostra la sua verità se la si accosta alla fede nel Signore Gesù. Solo una ripresa della fede cristiana potrà salvare l’uomo dal nulla incombente. Oggi molti ritengono che si possa fare a meno di Dio, sia per spiegare il mondo che per costruire una comunità umana degna di questo nome.

           Abbiamo tutti ascoltato le varie affermazioni, amplificate a dismisura, di quello scienziato che afferma che per spiegare l’origine dell’universo non c’è più bisogno di riconoscere un Dio creatore. Che il nulla sarebbe a sua volta creatore. Abbiamo ascoltato le varie confutazioni, e molte di queste ci paiono pertinenti, capaci di mostrare come questa pretesa della ragione di essere misura di tutto cada poi nella sua stessa negazione. C’è un aspetto della questione che mi pare decisivo.

           Una volta si parlava di orgoglio, di questa pretesa di comprendere tutto, di possedere la realtà riducendola alla propria misura, e in questo modo di poterla dominare, metterla al servizio dell’uomo che, se era poi scienziato, avrebbe condotto tutto a un bene maggiore. Il tutto condito da un disprezzo per il passato, da una disistima per chi aveva nel tempo cercato di fare luce sull’enigma della vita e della realtà. Un orgoglio che produceva tesi che venivano spazzate via in pochissimo tempo, ma che, nonostante tutto, si volevano comunicare e imporre. E per fare questo c’era solo bisogno del potere, politico ed economico.

           In tutto questo l’uomo, quello di carne e di ossa, di sudore e di sangue, di fatica e amore, scompariva. Ora non sappiamo che farcene di una cosiddetta cultura che non ha più il culto dell’uomo, che non ne coltiva la fragilità e la grandezza, che si diletta a distruggere senza sapere poi indicare una strada percorribile da tutti.

           Quello che mi ha sempre affascinato di Gesù è stata la sua capacità di incontrare il cuore di ogni uomo, anche di coloro che «lo mettevano alla prova», che «lo osservavano» per coglierlo in fallo. Per Lui non ci sono mai stati «sentieri interrotti», per questo vale la pena ricominciare da lui. Forse, invece che apostoli e apologeti del nulla, abbiamo bisogno di testimoni di verità, libertà e amore che sappiano riappassionarci alla vita e alla grandezza dell’essere uomini.

           Andando per alcune strade di Milano, ho trovato per terra questa scritta: «Non sarà lo jogging a farvi appassionare a questa vita di merda». No, amici, abbiamo bisogno di persone che ci mostrino che questa è una vita bella, e che vale la pena di viverla. E che il Signore Gesù, amante della vita, ce lo rende possibile.

don Gabriele Mangiarotti

http://www.culturacattolica.it

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