La sconfitta in campo potrebbe essere anche meno pesante rispetto al conto che dovrà pagare, il popolo intero, per le spese scellerate messe in campo dal governo che ha assecondato il gigantismo della Fifa.
Quando sono atterrato a Rio un mese fa, una settimana prima del calcio di inizio dei Mondiali, ho pensato: non esiste sul pianeta calcio un popolo così tifoso e innamorato della propria nazionale come quello brasiliano. Ieri sera, dopo il mineirazo o “maracanazo 2”, il 7-1 subito dalla Seleçao contro il korps tedesco, mi sono dovuto ricredere. Tutto il mondo è davvero pais: l’armonia fiabesca si incrina appena la squadra non vince più. E se la sconfitta assume numeri e connotazioni umilianti, allora scoppia di nuovo la rivolta di piazza che processa e condanna immediatamente gli ex eroi, diventati di colpo degli “indegni”.
Fred non è mai stato un grande attaccante, la Torcida lo sapeva e lo ha tollerato (specie quando ha segnato con la Croazia), ma nella notte della “brasata” lo ha bollato come il responsabile principale della disfatta, gridandogli di tutto ed esponendolo alla stessa gogna pubblica che nel 1950 toccò al povero portiere Barbosa. Un uomo questo e un portiere fortissimo che solo per il fatto di aver incassato i due gol con cui l’Uruguay vinse la Coppa Rimet nella finale del Maracanà, subì 43 anni di emarginazione da parte di questo stesso popolo invasato di futebol. Chi sbaglia in campo, in Brasile viene giustiziato molto di più di chi si è reso responsabile per decenni di tenere il Paese affamato e facendolo retrocedere nel torneo del terzomondismo.
Il nuovo Brasile si sente una potenza economica e voleva che la Seleçao fosse lo specchio di una rinascita globale, contraddittoria quanto si vuole, ma comunque rinascita. Neymar per la Torcida è il simbolo di un ritorno al protagonismo assoluto, come ai tempi del Brasile di Pelè, ma non si sono accorti che i tempi non sono ancora maturi (Pelè resta inarrivabile) e che anzi, nel calcio brasiliano c’è stata una involuzione preoccupante. Felipao Scolari si è affidato a 22 giocatori con poco talento e con una mentalità estremamente europea. “Tanta corsa e poca fantasia”, ci ha detto Junior pochi giorni fa. Il mondo è cambiato e una Germania da sempre muscolare e poco avvezza al calcio di poesia ha nettamente superato i maestri dell’estetico “jogo bonito”. Inutile quindi piangere sul calcio poetico versato. Ed è altrettanto inutile, oltre che ingiusto, prendersela con una Seleçao che arrivando tra le prime quattro del mondo è andata al di là delle proprie possibilità. L’unica cosa sulla quale si può discutere è che probabilmente con Thiago Silva e Neymar in campo contro la Germania, il Brasile magari avrebbe perso con un passivo più dignitoso.
Ora però questo Pais do Futebol non deve perdere la testa. La sconfitta in campo potrebbe essere anche meno pesante rispetto al conto che dovrà pagare, il popolo intero, per le spese scellerate messe in campo dal governo che ha assecondato il gigantismo della Fifa. Un conto che calcolatrice alla mano potrebbe essere forse più duro da dimenticare di questo 7-1 che ridimensiona il mito e riporta, tristemente, il Brasile con i piedi per terra.
Massimiliano Castellani
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