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GxG Magazine Alla ricerca della stella polare Mordente

Quali sono i bisogni più importanti dei giovani di oggi? Chi è in grado di intercettarli e decodificarli? Forse nemmeno loro stessi. Che sappiamo noi adulti di loro, delle loro turbolenze interiori, delle loro speranze? Guardando dall'esterno, ma con gli occhi del cuore, a me pare che i giovani oggi abbiano bisogno di qualcuno che li ascolti fino in fondo.


GxG Magazine Alla ricerca della stella polare Mordente

da GxG Magazine

del 31 agosto 2011

 

Il coraggio di essere educatori:

intervista a Mons. Giuseppe Zenti  Quali sono i bisogni più importanti dei giovani di oggi?           Chi è in grado di intercettarli e decodificarli? Forse nemmeno loro stessi. Che sappiamo noi adulti di loro, delle loro turbolenze interiori, delle loro speranze? Guardando dall’esterno, ma con gli occhi del cuore, a me pare che i giovani oggi abbiano bisogno di qualcuno che li ascolti fino in fondo, di qualcuno che dimostra fiducia nei loro confronti, di qualcuno che voglia loro bene e li sappia prendere e accogliere per quello che sono, con il patrimonio di valori e talenti, con il carico di travagli, di limiti e paure. Sono altresì convinto che hanno un gran bisogno di Assoluto, di essere, di verità, di bellezza, di amore. Come a dire che il loro radicale bisogno, come quello di ogni persona umana, è quello di Dio, da conoscere, accogliere e amare come senso del proprio vivere. Hanno bisogno dunque di un saldo punto di riferimento e di orientamento, di una stella polare. Occorrerebbe un capitolo intero per illustrare infine il bisogno che hanno di adulti significativi, cioè testimoni di umanesimo cristiano. Perché la Chiesa sta puntando così tanto su una riforma educativa?           Educare è necessità di ogni tempo. Senza educazione, intesa soprattutto come coltivazione della propria personalità, si cresce selvaggi. Lo spontaneismo nella educazione è un batterio killer. La Chiesa, nel suo compito di essere madre e maestra, avverte oggi che è necessaria una riforma della educazione. Non nel senso che bisogna cambiare alla radice i valori educativi. Al contrario. Ma nel senso che occorrono alleanze educative, senza le quali l’educazione è destinata al fallimento. È pur vero che anche nel passato era necessaria tale alleanza, ma funzionava al naturale: c’era continuità naturale tra l’educazione impartita in famiglia, a scuola, nelle compagnie, in parrocchia. Oggi si impone una riforma che rimetta in rete queste realtà educative. Verso quale via sta indirizzando gli educatori?             Insisto soprattutto sulla necessità di essere in rete, in alleanza, educativa. Ognuno però dal suo versante di competenza, senza invadenze. Il rispetto delle competenze risulta passaggio obbligato per raggiungere gli obiettivi propri della educazione: contribuire a formare una personalità adulta, cioè armoniosa, nel segno della capacità di responsabilità libera. Cosa di Gesù l’ha colpita al punto da seguirlo sulla strada del sacerdozio?           Il fascino della sua umanità.Ho letto, riletto, studiato e pregato l’intero Vangelo, a partire dalla prima superiore. Lo conoscevo praticamente a memoria. Lo confrontavo facilmente nelle quattro edizioni: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. E ne scorgevo il profilo di una personalità eccezionale, che non aveva l’equivalente nelle persone da me conosciute, né nei personaggi da me studiati. Appariva di altro livello, di altra statura morale. Ciò che Lui riferiva ai discepoli, divenuti poi apostoli, lo sentivo particolarmente indirizzato a me e in tal modo la mia vita interiore veniva illuminata da una luce straordinaria, che rispondeva al mio essere. Aver detto il mio sì, nel diventare prete, lo considero una grossa fortuna, anche perché, a fatti compiuti, nel cuore del ministero stesso, posso dire di trovarmi al mio posto, quello esattamente corrispondente al mio essere. Non mi resta che ringraziare il Signore.  Da giovane avrebbe immaginato così il suo futuro?           Da giovani l’immaginazione vola per monti e valli. Poi la vita costringe a mettere i piedi per terra. Anche perché nel frattempo la cultura cambia. Anche assai celermente. Come è accaduto in questi quarant’anni da quando sono stato ordinato presbitero. Mi immaginavo comunque di fare vita con Cristo, a servizio della sua Chiesa. Non potevo nemmeno ipotizzare però che evoluzione avrebbe subito il divenire della storia in quarant’anni. Ma in compagnia del Signore non mi sono mai lasciato prendere dal panico e dallo sconforto. Un ricordo di un educatore che ha inciso nella sua vita.           Per me i primi e credibili educatori sono stati i genitori, di cui mai ringrazierò abbastanza il Signore. Che cosa ricordare? Tutto, ma in particolare il rispetto e l’amore reciproco e il profondo senso della fede: si pregava insieme mattina e sera, si partecipava insieme alla messa, si recitava il rosario nel mese di maggio. Ricordo poi una incrollabile fede nella Provvidenza. Cosa direbbe a un giovane che si sente solo, deluso, arrabbiato?           Direi che non vale la pena di vivere da arrabbiati, e che in definitiva il nostro destino ce lo creiamo noi, pur con tutti i condizionamenti che subiamo. Gli direi: riscopri chi sei, metti a frutto i tuoi talenti, e metti i tuoi talenti a servizio degli altri, specialmente dei più sfortunati, di chi è solo! In tal modo sei un alleato e un collaboratore del Dio dell’Amore. A questa condizione ti senti utile e non sei più solo e deluso. Le tue giornate sono cariche di senso. Forse qualcuno ti ringrazierà. In ogni caso ti sentirai felice, poiché come disse Gesù: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.                                                                                   Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona e incaricato della Conferenza Episcopale Triventa per la Pastorale giovanile

Elisabetta Venturini

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