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GxG MagazineCittadinanza attiva Attualità

È ora di cambiare. Non siamo pubblico pagante di uno spettacolo. Siamo cittadini. Essere cittadini non significa essere degli spettatori passivi, dei fruitori di diritti. Significa essere vincolati all'appartenenza di uno Stato, con i suoi doveri ed i suoi diritti.


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da GxG Magazine

del 31 agosto 2011

 

Giovani e politica, binomio impossibile?

Politica: una cosa bella           Politica. Scienza, tecnica, o arte? Concedetemi un po' di poesia, io dico “arte”. Nell'arte infatti si fondono sia la scienza, sia la tecnica (Leonardo da Vinci docet). Sono sicuro di quello che sto dicendo? Certo, Devoto – Oli conferma. Ma la realtà... agli occhi della giovane opinione pubblica in particolare, appare molto diversa.            Vediamo quotidianamente una politica che anziché essere un faro luminoso per il popolo, simile all'eroica repubblica disegnata nei quadri della rivoluzione francese, che avanza impavida sulle macerie di una barricata, appare invece come un essere ripiegato su se stesso, sui suoi interessi e sui suoi giochi. Una sorta di Gollum, curvo e interessato solo al suo “Tesssoro”. Sveliamo subito l'inghippo. Quella che appare ai nostri occhi dipinta dai quotidiani non è la Politica. È una serpe che spesso si aggira ai suoi piedi che si chiama potere, prevaricazione, interesse. D'altronde, il maligno dove potrebbe trovare miglior luogo per agire? Le tentazioni sono molte per un politico, in relazione diretta al ruolo di servizio che ricopre. Fortunatamente ci sono uomini e donne che non si lasciano attrarre dalle sue lusinghe.            La vera Politica non è prevaricazione, realizzazione personale, lotta tra i poteri. La politica è servizio, ricerca del bene comune, del benessere, della felicità e dell'armonia tra i popoli. Abbiamo anche dei grandi esempi di politici che hanno abbracciato quest'alto ideale di politica. Nomi famosi e vicini alla santità come quelli di Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira o sua maestà Baldovino I di Sassonia-Coburgo-Gotha, re del Belgio nel dopoguerra. Quest'ultimo è stato disposto addirittura a sospendere il suo potere regale pur di salvaguardare il bene del suo popolo. Pur di non far passare una legge sull'aborto con la sua firma, ritenendo che questo sarebbe stato un male per il suo popolo, si è lasciato sospendere dalle funzioni dal Parlamento (atto legittimo, ma infamante per un re) per poi essere di nuovo reintegrato a furor di popolo.Come la storia dei cristiani attivi in politica insegna è possibile avere una politica alta, attenta non solo ai bisogni di breve termine, ma con un occhio al futuro (l'Unione Europea è figlia anche di De Gasperi) e con lo sguardo fisso sull'importanza dei valori non negoziabili. Ebbene sì. La politica si deve occupare non solo delle esigenze del mercato (anche perché secondo la teoria economica Usa il mercato “non” dovrebbe essere governato), della mera gestione delle risorse. La politica può parlare dei temi più importanti, di quelli che possono cambiare la società nel profondo. Ad esempio il testamento biologico. Un vuoto normativo che si colmerà solo se la politica uscirà dai suoi schemi quotidiani e si lascerà attraversare da un lampo di assoluto, dalla ricerca della Verità. Diamoci da fare           Tutto ciò non basta. In queste riflessioni siamo ancora noi che guardiamo con sguardo critico, distante, da pubblico. È ora di cambiare. Non siamo pubblico pagante di uno spettacolo. Siamo cittadini. Essere cittadini non significa essere degli spettatori passivi, dei fruitori di diritti. Significa essere vincolati all'appartenenza di uno Stato, con i suoi doveri ed i suoi diritti. È ora di tornare a prenderci questo ruolo. Troppe volte ci siamo nascosti dietro il dito del “lascia perdere la politica, è roba sporca, come chi la fa, non intrigarti”. È sporca se noi non la laviamo. I politici non ci rappresentano se noi per primi ci rifiutiamo di scendere in campo, anche nel piccolo, di dare il nostro contributo. È giunto il tempo di inaugurare una nuova era. In cui diviene necessario l'empowerment, ossia il mettersi in gioco, l'attivazione verso il soddisfacimento dei bisogni,del cittadino. Questa caratteristica è alla base di quel processo, quanto mai importante, definito cittadinanza attiva.            Infatti l'idea di cittadinanza mette in secondo piano le altre definizioni (contribuente, cliente, finanziatore...), riassumendo in un'unica accezione il ruolo che è proprio di ogni appartenente allo Stato[1]. Il tempo del welfare state come lo abbiamo conosciuto sta per scadere. Oggi non possiamo più permetterci di essere semplici terminali di servizi calati dallo Stato. Il cittadino attivo mette alla luce i nuovi bisogni, ma non si ferma qui, si attiva per cercare di creare le condizioni per permettere l'offerta. Ecco l'importanza del volontariato, del non-profit, che sempre più dovrebbe affiancare lo Stato, emblema di quella spinta verso il bene che si sviluppa all'interno della cittadinanza stessa. Noi giovani siamo chiamati ad uscire dalle logiche che ci hanno preceduto e che tutt'ora proseguono. Diventiamo portatori di un nuovo stile, incentrato nell'impegno, nel vivere attivamente il nostro ruolo nella società. Prendiamo esempio anche dai nostri amici giapponesi, che ci hanno insegnato, con il loro modo di affrontare l'immane tragedia che li ha colpiti, a vivere il bene comune. A lasciare il nostro egoismo per pensare attivamente al bene della società. Occhio critico e proposta pronta. Non ci si nasconda dietro al velo dell'indifferenza, del panta rei (tutto scorre). Accendiamo in noi la voglia di creare un sistema di cittadini per la cittadinanza, giovani per i giovani. Non lasciamoci ingannare, il bene comune non è della politica, è comune. Non c'è possesso o interesse che tenga. Ne siamo tutti responsabili, tutti dobbiamo concorrere. Al di là di ogni differenza e cultura. 

 

[1]    Liberamente tratto da: Il ruolo del welfare civile nel welfare mix, articolo a cura di Giuseppe Marcon e Claudia Scilletta, rapporto per la Camera di Commercio di Treviso 

Cristiano De Marchi

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