GxG MagazineDBDesign tatami

Credo che in questo caso sia fondamentale mettere in pratica quel “piccolo/grande passo” verso la santità di cui parlava don Bosco: stare sempre allegri.

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da GxG Magazine

del 14 gennaio 2010

 

 

Cecilia Furlan e Valentina Tolfo. Le due menti da cui è nato DbDesign, per mostrare Gesù attraverso il disegno allo stato puro.

Cecilia Furlan: Cecilia, detta “Ceci”, 23 anni, trevigiana e studente di “Art Attack” (detta anche architettura); sono nata con una matita in mano, ed ora la realizzo con l'attività di cartellonistica! (non è vero, si chiama DbDesign!). Sono così innamorata dell'oratorio di Mogliano che mia mamma vuole trasferirmi lì la residenza! Sono sempre coloratissima, ma qualcuno ha dei dubbi sui miei accostamenti. Problemi??? 

Valentina Tolfo: Valentina, detta “Tolfa”,futura topina di biblioteca (una topina saggia,ma simpatica si intende!).20 anni, ma se uso colori e pennelli mi sporco sempre come i bimbi!Testa tra le nuvole, mani sempre fredde(con un anellino del rosario al dito)e occhi in cerca dei miei ragazzi!

 

Quando tutto va storto, quando vivi una sofferenza, come riesci a vedere e far vedere agli altri il volto e la presenza costante del Signore?

Credo che in questo caso sia fondamentale mettere in pratica quel “piccolo/grande passo” verso la santità di cui parlava don Bosco: stare sempre allegri. Proprio perché ci risulta difficile è una delle cose che stupiscono di più chi ci sta accanto: “Ma come? Con tanto dolore ancora sorridi?”.Quello che deve comparire sulle nostre labbra dev'essere un sorriso maturato dalla speranza, una speranza che è fede nell’immenso amore di Dio per noi. La sofferenza così non va perduta, ma viene offerta per guadagnarci “punti paradiso”. Sorridiamo quindi perché sappiamo che Lui ci ama e prima o poi manderà una luce per consolarci; vivere in questo modo la sofferenza, vuol dire avere una marcia in più!

“Vogliamo vedere Gesù” è un grido che invoca la testimonianza. Come essere testimoni oggi del Cristo della quotidianità, in tutti gli ambienti che viviamo? Chi ci aiuta in questa missione?

La prima caratteristica dell’essere testimoni è avere il coraggio di non vergognarsi di Gesù. Siano piccoli gesti, santini tra i libri e negli astucci, penne di don Bosco, rosari in treno oppure lunghe e animate discussioni davanti a un piatto di spaghetti o ad una tazza di te, il messaggio che deve passare è: Dio ci ama, tutti, sempre. Se abbiamo questo coraggio stupiamo chi ci sta accanto. Se suscitiamo stupore creiamo interesse, e se la nostra fede non è solo di facciata guadagniamo rispetto, così possiamo lasciare un semino nei cuori di chi ci osserva e ci ascolta.Non è facile, personalmente ho impiegato mesi prima di riuscire a fare il segno della croce in treno quando dicevo il rosario. Poi però ho scoperto che non siamo soli, lo Spirito Santo ci accompagna anche in questi momenti.

“I figli delle tenebre sono più furbi dei figli della luce” Noi giovani che viviamo nelle realtà salesiane abbiamo la fortuna di avere tante possibilità per incontrare il Signore, se dovessi creare uno slogan (una pubblicità) sull'incontrare Gesù, quale sarebbe?? (pubblicizzare Gesù, ma non svenderlo come un paio di pantaloni!)

È meglio precisare che evangelizzare non è la stessa cosa di pubblicizzare. Uno slogan è commerciale, veicola un’idea, qui si tratta invece di sforzarsi di riconoscere, incontrare, seguire ed amare Gesù che è morto e risorto per noi. Se dovessi piuttosto dare una motivo valido a chi non ha fede per iniziare anche solo a porsi qualche domanda su chi è veramente questo Gesù allora userei il messaggio della proposta formativa del 2004 tratto dal Vangelo di Giovanni: “Perché la vostra gioia sia piena”. Secondo me rende l’idea!

Spesso si vuole “evangelizzare” a tutti i costi, usando i modi e le situazioni più diverse, passando per esaltati, per pazzi e anche per bigotti. Ma se il Signore cerca qualcuno non saranno le circostanze a farglielo capire?

Quali sono le circostanze in cui il Signore ci cerca? Egli ci raggiunge tramite le persone che ci sono state messe accanto, i nostri “sì” e i nostri “no”, le sofferenze, le occasioni che sbocciano sul nostro cammino. Ognuno di noi si è sentito cercato ed è stato raggiunto da Gesù in modo diverso, ma se non ci fosse stato qualcuno che si è fatto strumento della Provvidenza per aiutarci a dire un “sì” più importante degli altri forse ci saremmo perduti. Quindi evangelizzare a tutti i costi non è sempre la soluzione, non convertiremo subito tutti! Ma quello che dobbiamo fare è essere testimoni e soprattutto strumenti in ogni cosa che facciamo. Gesù penserà al resto e ci “userà” per raggiungere chi ci sta accanto.

Penso sia capitato a tutti di prendere una strada sbagliata, di seguire false indicazioni , e di trovarsi sempre più lontano dalla meta, di non sapere come uscire, di ritrovarsi come nelle sabbie mobili; l’idea immediata che ti viene per invertire la rotta è “un’inversione a U”, ma la paura di sbagliare nuovamente, di essere giudicati dai nostri amici, o presunti tali, ci attanaglia. Dove si possono trovare le “indicazioni” giuste per la strada vera della vita? E chi mi può aiutare a fare scelte coraggiose, e a trovare di nuovo la speranza?

Avendolo provato sulla mia pelle posso dire che è stato fondamentale avere una guida spirituale, qualcuno che ti vuole bene con cui confrontarsi, qualcuno che ti sappia indicare dov’è Gesù nelle scelte che fai e dove invece potresti cercarlo. Anche se è difficile dare piena fiducia, essere sinceri e non fare di testa propria, possiamo sperimentare lo stesso che la Provvidenza ci segue e tesse per noi un paracadute di emergenza che ci permetterà di non cadere rovinosamente a terra. Secondo me quindi, rimanere aggrappati alla preghiera con le unghie e con i denti e affidarsi a una guida sono certo i due ingredienti per fare “l’inversione a U”!

 

 

Come far vedere Gesù a chi tiene gli occhi chiusi e ti dice che proprio non è interessato a vederlo?

Penso che le parole non servano in queste situazioni, bisogna essere una sorta di piccoli testimoni, cercare di vivere secondo il Vangelo. Questa è una cosa difficile, richiede dei sacrifici, a volte fa paura, non è facile restare fedeli ed è distante dalla strada scelta da molti miei compagni ed amici. Però la luminosità che emana questo stile di vita è accecante. Mi viene in mente la figura di Madre Teresa. Stupiva credenti e non, era felice nella semplicità e la sua bellezza andava oltre l’aspetto fisico. Se noi fossimo innamorati di Gesù , anche un millesimo di quanto non lo fosse stata Madre Teresa, riusciremmo a fare l’impensabile.

Siamo noi che facciamo vedere Gesù oppure è Gesù che si fa vedere attraverso di noi?

Se noi tendiamo la mano a Gesù, Lui per mezzo di noi farà grandi cose. Sono sicura che se non ci fosse Lui, la mia vita sarebbe più vuota; spesso penso che non sia io a fare i progetti, ma Lui, a disegnare la mia strada. Gesù si fa a vedere attraverso di noi ogni volta che noi glieLo permettiamo, che togliamo il freno, e gli lasciamo creare un disegno, in cui noi siamo solo delle semplici matite.“Sono una piccola matita nelle Mani di Dio” Madre Teresa

Se tu dovessi spiegare a un ragazzo di un'altra cultura cos’è la carità e gli unici tuoi strumenti fossero matita e colori, cosa disegneresti?

Disegnerei un sorriso, enorme, grandissimo. Perché in un semplice sorriso c’è un amore infinito, c’è una gioia ed una energia pazzesca, che può riuscire a stravolgere le giornate più nere. È un simbolo che capiscono tutti: non c’è bisogno di spiegazioni, di traduzioni, di interpretazioni, che complichino le cose. Ognuno di noi è in grado di donarlo e di riceverlo.

Hai a disposizione un paio di occhiali super speciali che ti permettono di vedere veramente Ges√π ma sei tu che devi scegliere che lenti usare. Tu quali scegli?

Io sceglierei senz’altro le lenti dell’animazione, perché quando sono in oratorio e gioco con i bambini, quando urlo, quando rido con loro, sono veramente felice, ogni preoccupazione svanisce. E sebbene sia stanca, affaticata e non veda l’ora di andare a dormire, Gesù lo sento al mio fianco e credo di vederlo negli sguardi, nella gioia, nei pianti dei bambini. Questa emozione mi dà l’energia di affrontare tutta la settimana, fino al momento in cui non ritorno in oratorio.

Molti ragazzi si vergognano di essere cattolici, si vergognano di Gesù. Cosa direbbero gli amici? Cosa direbbero i parenti? Se noi cerchiamo in tutti i modi di farglielo vedere, se cerchiamo di renderlo palese, potrebbero girarsi dall’altra parte, non guardare nemmeno nella nostra direzione per evitare di doversi vergognare nel momento in cui gli chiederanno ragione di ciò che hanno visto. Come superare questo ostacolo?

Mi ricordo gli anni in cui ero alle superiori, in cui mi ponevo tante domande, anche molto critiche, sul Signore, sulla fede e sulla Chiesa. Un giorno conobbi un salesiano, che piano piano rispose con parole e gesti a tutte le mie domande, in un certo modo mi avvicinò a Gesù, senza però mettermi fretta, “dando tempo al tempo”! Cominciai così crescere nella fede, a pretendere coraggio delle mie decisioni e a non avere paura del giudizio degli altri. Credo che questo sia un modo per affrontare il problema. Gesù sa qual è il momento giusto per fare ogni cosa e ci pone accanto gli amici, gli animatori, i Salesiani e le FMA che possono aiutarci a camminare nel migliore dei modi.

Cristiano De Marchi

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